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Una domenica fra due europe

Creato il 05 maggio 2012 da Albertocapece

Una domenica fra due europeForse lunedì ci sarà un’Europa diversa. Non la tempesta che dovrebbe spazzare via euro burocrati ottusi, gauleiter della Merkel, troike di banchieri ed Fmi e tutta la truppaglia che ha dato l’assalto al modello sociale europeo, ma un  vento diverso e teso destinato a mettere in crisi il pensiero unico e le sue interpretazioni. La settimana più densa di elezioni da un bel po’ di tempo a questa parte avrà un l’effetto di un lievito che bisognerà coltivare.

La corsa è già cominciata giovedì con le elezioni comunali in Gran Bretagna, segnando la straordinaria rimonta del Labour che rispettto alle amministrave precedenti ha guadagnato il il 16% mentre i conservatori scendono del 9% e i libdem dell’ 8%. Su proiezione nazionale, che considerato il sistema inglese, ha molto più senso che da noi, i laburisti sono al 38%, i Tories al 31 e i libdem al 16. Ma a livello di seggi conquistati nei 180 comuni il labour  arriva a 2150, i conservatori a meno della metà, 999 e i lib dem a 410: una catastrofe di cui tuttavia la stampa italiana, per qualche motivo,  è reticente a parlare, contrapponendo a queste cifre, peraltro spesso non date, con la permanenza di Londra in mano al conservatore Boris Johnson. Ma è una vittoria di Pirro, con un distacco minimo e ottenuta anche grazie al fatto che il callido Boris ha preso una netta distanza dal permier Cameron.

Domani poi è molto probabile che la signora Merkel perda il suo socio Sarokzy, sfacciatamente utilizzato per nascondere che l’austerità di Berlino conviene a breve termine solo a un Paese dell’Europa, guarda caso la Germania.

E infine c’è la Grecia, il paese travolto e massacrato  dal ricettario della finanza dove c’è una situazione complessa e forse più riferibile a noi. L’acquiescenza dei socialisti  del Pasok ai diktat di Bruxelles e Bce  ha diviso la sinistra in tre tronconi non distanti fra di loro come consistenza, almeno secondo gli ultimi sondaggi: il Pasok al 14%, Syriza, la sinistra radicale al 13% , comunisti e sinistra democratica all’ 12% più il 3% dei verdi. La destra vede invece Nea Demokratia  al 19%, i nazionalisti all’11% e i neonazisti di Alba Dorata al 5% e il Laos al 3%.La tendenza dell’elettorato è dunque più orientata a sinistra, ma senza un partito leader.  E questo significa due cose: che è in vista una nuova coalizione tra Nea Demokratia e Pasok, ma anche una crescita tumultuosa delle estreme che non ne vogliono proprio più sapere dell’Europa. Una situazione esplosiva che dovrebbe far riflettere più di uno sulle conseguenze a cui portano alla lunga le alleanze innaturali.

Qualcosa che forse si vedrà anche in Italia nel parziale test amministrativo che è arrivato in mezzo al marasma tragicomico  della politica chiaramente incapace di riformare se stessa e impelagata tra lauree albanesi, diamanti, fondazioni, lolite e completamente incapace di porre un argine alla catastrofe dei professori. Incapace di governare, ma spasmodicamente tesa a governicchiare per mantenere le sue prebende e i suoi privilegi.

Ma non c’è dubbio che una vittoria di Hollande in Francia unita ai disastri inglesi e alla sempre maggiore consapevolezza di aver imboccato un  sentiero il cui  sbocco ha di comune solo il declino, saranno il segnale del contrordine continentale e forse permetteranno di aprire uno spazio mentale a un ripensamento e una rifondazione delle forze che si dichiarano progressiste, giunte ormai al lumicino del loro senso. Che non si tema più di parlare di diritti e di welfare come se fossero una bestemmia e comunque una concessione, che non ci si faccia più infinocchiare da risibili teoremi e al tempo stesso intrappolare da una concretezza fasulla i cui frutti sono sotto gli occhi di tutti.


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