Per non continuare con le solite celebrazioni asettiche di ogni ricorrenza, in special modo con le ovvietà che attorniano questa data, vorrei ricordare la celebrazione della giornata mondiale della donna di quest’anno raccontando la vita di una persona. Un esempio, una vita come tante altre donne che, con il loro lavoro, lo studio e l’amore cercano di migliorare il mondo partendo dal piccolo, il più delle volte nel totale disinteresse e silenzio; una testimonianza che vale più di mille parole.
Annalena Tonelli nasce a Forlì nel 1943, studia giurisprudenza, ma poi si dedica alla medicina dove consegue certificati e diplomi per la lotta contro la tubercolosi. Diviene tanto specializzata che, il suo metodo è oggi usato dall’OMS come procedura per il trattamento della malattia.
La prima esperienza è nella sua città natale dove aiuta i poveri, poi decide di recarsi in Africa. La prima tappa nel continente è nel nord del Kenya, per poi finire la sua esperienza in Somalia più precisamente nel Somaliland, l’auto proclamato stato nel nord-ovest del paese africano. Qui, in uno sperduto villaggio chiamato Borama, gestisce un centro sanitario per la cura della TBC, dell’HIV e dove gestisce un programma contro le mutilazioni genitali femminili.
Ogni giorno lotta contro le malattie fisiche, ogni giorno deve confrontarsi con una cultura diversa ed alcune volte ostile, ogni giorno vive le difficoltà materiali del popolo che cerca di aiutare.
Non protetta, per volere personale, da nessuna congregazione religiosa, né ONG, né organismo internazionale continua comunque il suo lavoro; rifiuta ogni premio o onoreficenza attribuitale. Unico riconoscimento che accetta è il premio Nansen, per l’assistenza ai profughi
Uccisa il 5 ottobre 2003, nell’ospedale da lei stessa fondato, per mano di un gruppo fanatico relegioso.
“In tutta la vita non c’è cosa più importante da fare che chinarsi perché un altro, cingendoti il collo, possa rialzarsi.”
pbacco