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Una dozzina di cose che Roma dovrebbe copiare da New York City
Creato il 22 maggio 2015 da RomafaschifoSul treno che dall'aeroporto ti conduce a Manhattan passa regolarmente il controllore: non si scappa. Entri nel paese e subito capisci che c'è controllo, attenzione, presidio. Non c'è quel senso di abbandono e sciocca anarchia che hai quando arrivi in Italia.
Non vi è un vagone della metropolitana scarabocchiato da qualche imbecille. Un tempo i vagoni della metropolitana di New York erano ridotti come sono oggi quelli di Roma. Dopodiché, seguendo la Teoria delle Finestre Rotte portata in politica dal sindaco Rudolph Giuliani e ribattezzata giornalisticamente Zero Tollerance, a New York hanno capito che il degrado genera violenza, pericoli e ingiustizie e hanno deciso che i problemi non sono altri...
Il bike-sharing è un po' caro (quasi 30 dollari per l'abbonamento settimanale), ma è ormai protagonista assoluto dell'arte media e bassa di Manhattan. Dalla 59esima strada in giù (oltre che a Brooklyn, attenzione) la città è disseminata di stazioni e si va che è una bellezza.
Si va che è una bellezza anche grazie a ciclabili ovunque. Nella città simbolo delle auto, delle avenue, del traffico e del caos in una decina d'anni il sindaco Michael Bloomberg ha trasformato tutto. Ed è bastata un po' di visione politica, buona volontà e vernice a terra. Nello spazio che noi utilizziamo per lasciare aggio alla doppia fila, a New York hanno disegnato una ciclabile. Ma cosa ci vorrebbe?
Le ciclabili leggere sono all'ordine del giorno. La sosta è stata spostata verso il centro della strada. La carreggiata, fin troppo larga per le esigenze, è stata ridotta e nell'intercapedine è stata ricavata una bella ciclabile con tanto di spazio di sicurezza anti-sportellate.
E all'incrocio, dopo lo stop, c'è il polmone per le bici, alla maniera londinese. Così le bici aspettano davanti senza stare a sniffarsi i gas delle auto. Qui non siamo propriamente in centro, siamo ad Harlem...
C'è traffico, ma con la bici si passa...
Ancora ciclabili leggere. Buona l'idea di colorarle di verde. Significa che l'amministrazione ci crede.
Guardate le foto sopra e notate, in tutte, il cartello che indica i dati sul dehors. In luogo di fare una sciocca guerra ai tavolini come accade a Roma, New York è disseminata di spazi all'aperto dove stare, consumare, far andare l'economia, promuovere posti di lavoro, godersi il sole. Dappertutto. Ovviamente con un incasso enorme per l'amministrazione: più tasse di suolo pubblico, più tasse grazie alle vendite, più tasse grazie alla nuova occupazione. Ogni tavolo restituisce alla città e dunque alla collettività tanti soldi. Per regolarli e per accertarsi che non vi siano abusivi, quindi, ogni ristorante deve esporre una tabella che indica tutti i dati con grande trasparenza e rispetto: chi è il titolare della licenza, quanti tavolini, quante sedie, quando è la scadenza della licenza. Tutto facilissimamente controllabile dal consumatore che può riportare (ad un numero di telefono indicato) eventuali violazioni. Tra l'altro in questo modo è facilissimo legiferare in modo che chi mangia in luoghi non autorizzati sia responsabile anch'egli: multa al ristoratore e multa al cliente, che poteva verificare e non lo ha fatto. Ma cosa ci vuole a copiare? Sarebbe una riforma costosa? Quanti abusivi potrebbe far emergere? E quanti denari in più potrebbe far incamerare all'amministrazione da chi ora non paga e che sarebbe forzato a farlo. Come la maggior parte delle riforme anche questa porterebbe milioni nelle casse del Campidoglio, altro che nun ce stanno i soldi pe cambià sta città...
Qualche immagine da uno dei più grandi progetti della passata amministrazione, quella di Michael Bloomberg. Qui c'erano i moli del porto di Brooklyn oggi c'è un parco straordinario dedicato allo sport, alla lettura (libri che ciascuno può prendere a patto poi di riporli dove sono stati presi, immaginatevi da noi), al relax. Una qualità estrema per un progetto di riqualificazione urbana esemplare. Realizzato anche grazie ai gruppi di real estate che, investendo ai margini del parco, hanno consentito alla città di poter fare questo enorme investimento. Da noi i soliti imbecilli, condizionando una attività pubblica mai lucida e mai preparata, l'avrebbero chiamata speculazione edilizia. Bloccando tutto.
New York, ammettiamolo, è piena di ambulanti. Certo non ci sono i mutandari sulle strade dello shopping di lusso, ma i camion bar sono migliaia. Già, peccato che non siano monopolizzati dalla stessa famiglia di banditi e che ogni operatore abbia, come vedete qui sopra, un riquadro con tutti i dati della licenza. Inclusa la data di scadenza. Massima trasparenza. Cosa ci vorrebbe a copiare? Pensate le bancarelle mutandare romane. Quante ne sparirebbero semplicemente obbligando alla esposizione chiara di chiarissime schede di autorizzazione con nome, cognome, foto, scadenza, metri quadri? Sono riforme che costano soldi? Occorrono investimenti? Oppure occorre solo lucidità politica?
Ancora trasparenza. Uno degli elementi su cui si basa l'America e New York: il responsabile di questa stazione della metropolitana si chiama così, se qualcosa non va avvisateci a questo numero. Ovvio che la brava Marion ci pensi due volte prima di comportarsi male per evitare che un esercito ci cittadini ne riporti la condotta sbagliata alle autorità. Semplice, no? Già, ma lontanissimo dalla nostra cultura omertosa e sindacalista. Le conseguenze sono però che gli Stati Uniti dominano il mondo, noi siamo un paese che si sta suicidando sotto ogni punto di vista.
Belli i cartelli di cantiere. Chiari, precisi, con riferimenti inequivocabili. Il sito sulle costruzioni nella pagina ufficiale del Comune fa il resto.
Ancora cose che da noi sono un problema (enorme) e da loro un'opportunità. I risciò. Ci sono anche lì, chiaramente. Ma hanno cartelli che, in nome della trasparenza di cui sopra, riportano scadenze, prezzi, dettagli, nomi. Difficile copiare chi è meglio organizzato di noi?
Se in questo cantiere vedi qualcosa che non va diccelo a questo numero. I romanari chiamano questo "fare la spia" oppure, nel linguaggio mafioso che a loro piace tanto, essere "infami". A noi ci sembra solo civiltà. Un conflitto di interessi positivo tra cittadino e cittadino affinché tutti, sapendosi controllati da tutti, non si lascino mai andare a reati più o meno gravi.
E chiudiamo con un nostro pallino. La gestione della sosta. A New York, come in tutto il mondo salvo che a Roma peraltro, è impossibile lasciare l'auto a lungo su suolo pubblico. Tre volte al giorno c'è la pulizia. Tra le 7 e le 16 c'è la scuola. Insomma il posto in strada ancora resiste, ma è giusto dedicato alla sosta breve. A Roma scambiamo il suolo pubblico come garage privato, lasciando auto parcheggiate per giorni, settimane, mesi. Abbiamo, unica città del pianeta, le auto coperte dalle tipiche coperte di protezione, lasciate lì per anni. Così le strade non si possono pulire, si riempiono di auto abbandonate e si invoglia la gente a possedere vetture private anche quando non ne ha davvero profondamente necessità. A New York non lo consentono. Semplicemente perché non ha senso consentirlo.
Tutto ciò premesso, è possibile realizzare da noi quel che sta succedendo a New York. E' possibile trasformare una metropoli complicata in un posto bello, gradevole, attraente? La risposta è no. O per lo meno non in maniera diretta. New York si è potuta permettere il lusso di 12 anni di Bloomberg che l'ha trasformata in una città "bella" tutta ciclabili, parchi sospesi e aree pedonali esclusivamente perché ha avuto 8 anni di Rudy Giuliani. Quella è la filiera, quello è il percorso. Senza un passaggio inflessibile di Zero Tolerance non si va e non si può andare da nessuna parte. Dove sta il nostro Giuliani? E soprattutto dove sono le leggi, nazionali, che potrebbero permettergli di operare come sarebbe necessario fare? Non si vede nulla di tutto questo all'orizzonte. Neppure in lontananza...
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