Così come sul palcoscenico, anche nella vita la "tecnica" non è tutto, si deve imparare a improvvisare e - a volte - anche a fingere che tutto vada bene, in attesa di qualcuno che dica la battuta giusta e sblocchi la situazione: dopotutto quando mai possiamo esser certi di cosa è vero e cosa è costruito ad arte per sembrarlo? Eppure alla fine se tutto si risolve è sempre per amore: della propria professione, dei propri "compagni di viaggio" e, perchè no, della propria famiglia. Dietro ogni crisi c'è una bottiglia di champagne che aspetta solo di essere stappata. Prosit!
A Natale siamo tutti più buoni, ci si ritrova con i parenti, si sta insieme e spesso si scopre che non è un caso che ci si veda così poco tutto il resto dell'anno!
Sarebbe così, se ci fosse, una introduzione per Una famiglia perfetta di Paolo Genovese (La banda dei Babbi Natale, i due Immaturi), film arrivato giusto in tempo per il periodo natalizio, di certo non il solito cinepanettone.
Partendo dal soggetto di Familia dello spagnolo Fernando de Aranoa, Veronese, insieme a Marco Alessi confeziona una commedia dolceamara con qualche goccia di curaro purissimo, nella quale si prende il lusso di riflettere su temi come famiglia (quella vera e quella di elezione), realtà e finzione e - in modo diffuso - sul mestiere d'attore.
La trama racconta di Leone, uomo ricco ed eccentrico che per un suo motivo misterioso a Natale ingaggia una compagnia di attori in difficoltà economiche (a causa della crisi sono ridotti a fare i babbi Natale nei supermercati) per impersonare la famiglia che non ha mai avuto, con tanto di copione, sceneggiatura e inquadramento del passato e presente dei singoli "personaggi". Il patto è che la troupe deve impersonare la famiglia di Leone dalla Vigilia fino al mattino del giorno di Natale, nessuno può abbandonare la "recita", pena la rescissione del contratto. Gli attori devono preparare il pranzo ed il cenone, giocare a tombola, insomma fare tutto quello che tradizionalmente si fa durante le feste comandate. Leone però, in modo davvero perfido, si divertirà a mantenere alta la tensione cambiando qualche dettaglio qua e là, o divertendosi a fare domande di cui gli attori non possono conoscere la risposta. Il tutto sarà complicato dall'arrivo di una ospite inattesa, la ignara Alice che non può evitare lo shock del contatto con la "finta" famiglia.
Oltre che sull'idea - buona ma non nuova - dell'amarezza nel film di Natale, la pellicola si regge sul lavoro degli attori tutti più che promossi:
Sergio Castellitto è un magnifico Leone: cinico, baro e senza un briciolo di pietà, neppure per se stesso.
Marco Giallini, bravissimo, è Fortunato, il capocomico della compagnia impegnato al tempo stesso a motivare i suoi attori, tenersi stretta la moglie e portare a casa il sontuoso cachet.
Claudia Gerini è artisticamente in un vero momento di grazia: la sua Carmen, moglie di Fortunato nella vita e di Leone nella finzione, è un vero capolavoro.
Carolina Crescentini è purtroppo un po' penalizzata da un personaggio poco sviluppato dalla sceneggiatura e anche un po' lagnoso.
Ilaria Occhini, tornata in intensa attività sul grande schermo, impersona da quella fuoriclasse che è la finta madre di Leone e Fortunato.
Francesca Neri è spaesata ed isterica il giusto nel ruolo di Alicia, l'ospite inattesa.
Anche dal comparto "giovani" ottime notizie da Eugenia Costantini (figlia di Laura Morante e del regista Daniele Costantini), Eugenio Franceschini (che rivedremo presto nel film tratto da Bianca come il latte, rossa come il sangue di Alessandro D'Avenia), ed i piccoli Giacomo Nasta e Lorenzo Zurzolo, bravi uguali!
Benchè abbia un sapore amaro, Una famiglia perfetta è una commedia: le situazioni comiche non mancano, ma alternano senza annoiare con alcuni momenti davvero drammatici. Sono belli i dialoghi in cui gli attori si confrontano su come affrontare al meglio certe scene, ed è geniale nella sua assoluta autenticità la partita fasulla a tombola, in cui tutti stanno lì a chiacchierare per un'ora per poi fingere - ciascuno nella sua parte - una concitata attività. Interessante il dialogo fra Castellitto e la Neri (ma perchè si è fatta tirare così il volto che era tanto bella!) sulla vita dell'amante sempre in attesa di qualcosa di autentico, di uno spizzico di attenzione, che assume una valenza multipla: ci si potrebbe vedere anche un riferimento alla vita dell'attore che attende il momento della recita in cui - finalmente - può paradossalmente essere stesso. Cosa è realtà e cosa è finzione? L'idea forte del film è che gli attori non rendono reale una finzione, fanno esattamente il contrario ed è proprio questo rovesciamento a mandarli in crisi. La difficoltà nel distinguere la famiglia fittizia e quella elettiva, ma reale, formata dalla compagnia di teatranti conduce verso l'inevitabile punto di non ritorno, oltre al quale ognuno dovrà scegliere la strada da prendere, con il rischio che finisca come in Last Christmas degli Wham!.
Dopo una serie di commedie molto leggere, Veronese libero dal "dovere" del successo, dimostra caratura da artista completo dirigendo un film che ha numerosi (e a tratti profondi) livelli di lettura, con due pregi fondamentali: l'aver evitato ogni macchiettismo da commedia all'italiana e aver mantenuto per quasi tutte le due ore di durata un ritmo che tiene lo spettatore attento e divertito. Il fatto che il film non abbia velleità da blockbuster potrebbe rivelarsi l'arma vincente per figurare molto bene fra gli incassi natalizi, grazie magari al passaparola, a cui qui contribuisco per quanto nelle mie possibilità.
Fotografia: Fabrizio Lucci
di The Talking Mule