Una geopolitica fluviale

Creato il 11 agosto 2014 da Eurasia @eurasiarivista
:::: Corrado Fontaneto :::: 11 agosto, 2014 ::::  

Il fiume è coessenziale ad una interpretazione della storia europea secondo una visione “di terra”, contrapposta ad una percezione marittima. Si vogliono evidenziare solo interpretazioni dell’elemento fluviale a partire dal Medioevo in quanto da lì emergono i significati geopolitici di fiume ricorrenti anche nei secoli successivi. Per ragioni di spazio, ma con riserva di approfondimento, in questa sede non affrontiamo la storia dei significati assunti dall’elemento fluviale negli altri Grandi Spazi diverso da quello europeo, né i profili sociali che la costruzione di una civiltà reca con sé.
La Terra è Madre del diritto, poiché essa reca in sé sempre una misura interna di giustizia per il lavoro di dissodamento e coltivazione svolto entro linee precise di suddivisione del suolo che, unitamente ad altre, danno una chiara percezione dell’ordine costituito: l’occupazione della terra costituisce il titolo radicale, l’archetipo di un processo giuridico costitutivo che immediatamente ci permette di differenziare la posizione nostra verso l’esterno, nei confronti di altri popoli, ed all’interno in relazione alle altre linee in cui la proprietà del suolo è suddivisa. Ebbene, col termine nomos Schmitt definisce “la forma immediata nella quale si rende spazialmente visibile l’ordinamento politico e sociale di un popolo … l’occupazione di terra e l’ordinamento concreto che in essa è contenuto e da essa deriva. ..Nomos è la misura che distribuisce il terreno ed il suolo della terra..” .
La Madre Terra può dare frutti se, oltre all’energia dell’uomo, vi sia la risorsa principale costituita dall’acqua, e qui si introduce la prospettiva fluviale che rende evidente, anche se talvolta data per scontata, l’idea del Nomos sopra descritta. L’ Impero Romano reca con sé una concezione universalistica e sovranazionale rivolta ad uno spazio territoriale che diviene concreto solo se rapportato all’altrettanto decisiva presenza dell’elemento fluviale che lo delimita. Lo spazio continentale europeo si costituisce su un tripartito regime fluviale: il Rodano, che si getta nel bacino occidentale del Mediterraneo e unisce quest’ultimo al centro nevralgico dell’Europa centrale, via Ginevra, il corso della Saône e del Doubs, che lo conduce alle «Porte di Borgogna» (Burgundische Pforte), cioè al varco di Bâle o di Belfort, in prossimità del Reno e non lontano dalle sorgenti del Danubio.
Già I Romani erano coscienti del fatto che un’unità politico territoriale del loro Impero non potesse prescindere dal governo di questi tre grandi regimi fluviali (Rodano, Reno e Danubio) rispetto ai quali vanno considerati gli inserimenti delle popolazioni barbariche all’interno dell’Impero (il fiume come confine). Alcune occupazioni territoriali – come quelle di Ostrogoti e Burgundi si svolsero nel rispetto dell’ordinamento spaziale romano, dato che le tribù nomadi si fecero assegnare terra dall’Imperatore medesimo; altre occupazioni invece avvennero senza alcun riguardo per le situazioni precedenti: è il caso dei Longobardi in Italia, a partire dal VI secolo, che abolirono le situazioni giuridiche precedenti acquisendo in modo violento la proprietà altrui conferendola nelle “sale” e ripartendola fra l’aristocrazia guerriera distinta poi per ducati ed arimannie. Essi comunque ebbero ben presente l’importanza del fiume Ticino ponendo a Pavia (Ticinium) la loro capitale, poiché, risalendo il Po, si aveva il controllo dell’intera pianura padana: i mercanti di Comacchio dall’VIII secolo risalivano il Po per arrivare a Pavia vendendo sale, olio e spezie di provenienza orientale e comprando grano per le regioni costiere (il fiume come via di comunicazione). A partire dalla dissoluzione dell’impero carolingio, si pone il problema di mantenere il riferimento all’antica localizzazione territoriale dell’Impero Romano: nel Medioevo avanza la lotta per Roma e non contro Roma. La Chiesa si assume la gravosa responsabilità di impedire la dissoluzione di un intero mondo, di trattenerlo – da qui il concetto di katechon – di fronte all’avanzare dell’Anticristo, o, detto, altrimenti la dissoluzione completa dell’Occidente.
Il recupero delle popolazioni slave dislocate fra l’Elba e l’Oder avvenne avvalendosi di armi, diplomazie e predicazione religiosa (il fiume come riferimento di unità religiosa latino germanica) oscillando queste popolazioni tra il miraggio di Costantinopoli e il timore di entrare in un’organizzazione che potesse ridurre la loro autonomia politica: Ottone I riuscì a sottomettere dapprima la Boemia, poi la Moravia ed infine, fatto decisivo, gli Ungari dopo averli sconfitti militarmente nel 955 a Lechfeld – in prossimità del fiume Lech (il fiume come teatro di scontro bellico). Nel Continente i secoli dal XII al XV sono ad appannaggio delle repubbliche marinare veneziane e genovesi e delle città come Firenze (situata sull’Arno): esse riescono ad acquisire uno strapotere commerciale facendo rete fra commercio marittimo, arterie fluviali interne dell’entroterra e vie stradali in grado di collegare i centri- specie del Nord Italia- col Nord della Francia e con le Fiandre. Un esempio di questa perfetta integrazione è data appunto dal fiume Ticino che permette, risalendo da Est di proseguire verso la Germania utilizzando per lunghi tratti la navigazione fluviale e lacuale sul Lago Maggiore per giungere poi in territorio elvetico servendosi del passo del Gottardo.
Superata la carestia del 1348 e le altre crisi del XV secolo, il continente europeo riprende lentamente a ripopolarsi e soprattutto a vedere l’introduzione di nuovi prodotti agricoli – come riso e mais – che, a differenza del grano- presenteranno una resa maggiore ed una possibilità ulteriore di vendere eccedenze alimentari sul mercato: nelle agricolture più evolute, si afferma il sistema irriguo grazie anche ad una forte infrastrutturazione di canali che spesso porta comunità – è il caso di Milano con Pavia – a scontrarsi per la deviazione dei corsi fluviali (il fiume come risorsa per l’agricoltura)
Dal XVII secolo comunque all’elemento Terra comincerà a contrapporsi il Mare che ridefinirà completamente i precedenti modi di intendere la statualità ma lo stesso presupposto di Grande Spazio: ha inizio l’ascesa dell’Inghilterra che ripensa sé stessa, la propria politica e la e propria identità a partire dal Mare dove ovviamente, non esistendo linee di confine, è possibile osare tattiche e metodi impensabili sulla terraferma: il vocabolo – coi relativi attacchi a vascelli ed imbarcazioni spagnole- deriva dal greco peirao che significa appunto tentare, osare. Avuta completamente la meglio sugli Olandesi – un popolo grandissimo che comunque, al momento decisivo dopo la pace di Utrecht del 1713, si volse a quella terraferma per recuperare la quale tanto aveva lottato contro il Mare- gli Inglesi, già in precedenza sbarazzatisi della potenza spagnola, rimasero incontrastati padroni delle vie oceaniche. All’interno del suo territorio insulare, l’Inghilterra si attivò enormemente affinché bacini fluviali- il Tamigi, il Severn, il Trent, l’Humber – venissero potenziati con opportuni lavori che ne migliorassero la navigabilità; nel continente la strategia diplomatica perseguita fu opposta sempre per rendere più oneroso il trasporto via terra di merci e granaglie (il fiume come baricentro di strategia geopolitica) e, soprattutto, impedire di pensarsi come Grande Spazio continentale: solo così si riesce a comprendere l’ossessione britannica di invocare il superiore principio della libertà dei mari e dei commerci, mantenendo libere tutte quelle vie di comunicazione sul mare (Stretto di Gibilterra, Canale di Suez) che consentono il collegamento dell’area atlantica verso quella indiana; ed in quest’ottica si comprende l’ossessione britannica di tenere lontana la flotta russa dal Mediterraneo e dal Mar Nero per impedire la costituzione di qualsiasi rete con l’arteria danubiana e gli altri bacini fluviali interni al territorio russo.
Ad Est l’arteria danubiana rimarrà sempre quella decisiva dato che gli Ottomani dal XVI secolo tenteranno, dal Mar Nero, di risalire la foce per spingersi fino a ridosso di Vienna: le vittorie di Eugenio di Savoia a Timisoara, lungo il fiume Timis, a Belgrado sul Danubio e a Zenta nel 1697 sono fondamentali per il mantenimento della civiltà occidentale (il fiume come elemento divisivo di due civiltà).
E’ davvero superata questa visione? Sembra proprio di no, dato che il disegno strategico di bloccare l’arteria danubiana era già perseguito da Gran Bretagna e Stati Uniti non solo all’epoca del Trattato di Versailles, ma ancora, per parte americana, all’epoca della guerra in Kossovo col bombardamento del ponte danubiano su Novi Sad. Né può dirsi un caso che la Crimea sia stata oggetto di interesse immediato per parte russa- dato che è la parte di territorio ucraino in cui sfocia il Danubio – e come per gli USA sia indispensabile stressare l’intera area che dal Baltico arriva al Mar Nero (l’antica linea dai Variaghi ai Greci).
Personalmente sono convinto che la risorsa fluviale sia importante non solo da un punto di vista culturale (il fiume come memoria del patrimonio culturale e naturale europeo) ma anche economico attraverso opere di grandi infrastrutturazione che rendano collegabili il bacino renano con quelli dei grandi corsi russi (il fiume come infrastruttura economica- ) – come grande volano per la crescita e l’occupazione- favorendo al contempo il potenziamento delle aggregazioni territoriali in dimensioni macro-regionali (il fiume come perno di riorganizzazione territoriale) che permettano sempre più, nel rispetto delle proprie identità e della propria storia, il recupero della dimensione di Grande Spazio Europeo l’unica che possa consentirci un confronto con quelli russi, cinesi e sudamericani in termini di confronto di civiltà. Come annunciato in premessa, non ci si può dilungare oltre nel raffronto con i Grandi Spazi russi, cinesi e sudamericani sebbene si possa dire che là il problema della regolazione delle acque di grandissimi corsi fluviali abbia spinto verso un’organizzazione amministrativa di tipo imperiale, fortemente accentrata con un impatto particolare nelle modalità di esazione fiscale, secondo un’impostazione differente da quella europea che conobbe la figura dello Stato a partire dal XVI secolo : è comunque anch’essa una materia meritevole di essere rappresentata secondo una prospettiva turistico culturale che espliciti i prezzi demografici, sociali, sanitari, alimentari che in termini di sofferenza, lotta e scontro una civiltà paga per emergere: il fiume, nel Grande Spazio Europeo costituisce la Memoria della nostra civiltà occidentale continentale, l’unica che abbia la dignità e la statura per confrontarsi con le altre sopra ricordate.

NOTE
(1) C. Schmitt Il Nomos della Terra – Milano 1991
(2) C. Schmitt Il Nomos

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