Belli i tempi quando si viaggiava per piacere, e non solo per lavoro. Dopo vent'anni (santo cielo!) mi sono ritrovata ad Aosta con due colleghe, e ho deciso di prendermi un giorno per me, per ripercorrere quelle strade dove scorrazzavo con i miei amici del campo estivo. Con loro si soggiornava a Creton, in Valsavarenche, in una casa grandissima di tre piani, di proprietà di un parroco davvero antipatico! Ma a noi non importava, fortunatamente godevamo di molta libertà. Tra una camminata e l'altra, ogni tanto i nostri accompagnatori prendevano le macchine per portarci in città, Aosta appunto, che è il massimo di metropoli che puoi aspettarti da un posto come la Val d'Aosta.
Passeggiando per Aosta oggi, ho scoperto di ricordare ben poco, e mi è venuta voglia di fare la turista, di esplorare anche quei posti in cui a sedici anni non mi sarei mai sognata di entrare. So che è una città molto antica, la cui storia affonda le radici nel periodo megalitico, il che significa da 4000 a 1500 anni prima di Cristo. Di quell'epoca resta il sito archeologico di di Saint-Martin-de-Corléans, un po' fuori città, ma i numerosi reperti ritrovati sono custoditi al Museo Archeologico Regionale. Decido però di non andare, preferisco stare all'aria aperta e cerco ispirazione all'ufficio turistico, in piazza Porte Pretoriane. Ad Aosta le testimonianze più significative risalgono all'epoca romana, il nome stesso infatti deriva dall'originaria colonia "Augusta Pretoria Salassorum". Data la sua posizione a metà strada tra la pianura Padana e i territori d'oltralpe, Roma decise di avere un presidio in questa zona. Oltre le montagne infatti dominavano i Galli, con i quali, si sa, non correva buon sangue.
La colonia si sviluppò attorno al primigenio accampamento, costituito da un foro, un anfiteatro, un teatro, un ponte e due porte di ingresso. Esiste anche un Arco di Augusto, eretto nel 25 a.C. per commemorare la vittoria sui Salassi, la popolazione locale che abitava queste zone.
Oggi le "rovine" sono ancora ben visibili e ben restaurate, è possibile visitare i resti del foro, con un sarcofago, la base di un tempio e il meraviglioso criptoportico, un luogo sotterraneo davvero unico nel suo genere. Ci sono diverse interpretazioni sulla sua destinazione d'uso. Probabilmente la sua funzione principale era quella di livellare il terreno soprastante, tra il foro e l'area sacra di culto, e in seguito divenne magazzino militare. Non era di per sé un luogo sacro, anche se a me ha trasmesso molta pace. Ci sono stata di mattina: la luce che filtra dalle feritoie dall'alto è rassicurante e calda, e il fatto di essere interrato lo rende un luogo silenzioso e tranquillo, isolato insomma.
Dopo una mattinata di storia mi sono concessa un pranzo tipico, ma non al ristorante, bensì in una birreria/brasseria di cui avevo sentito già parlare: la B63. Qui ho potuto gustare un'ottima birra artigianale, chiara come piace a me, mangiando le crespelle alla Valdostana, con prosciutto e fontina, e una buonissimo tagliere di salumi caratteristici della regione:, ricordo soprattutto il lardo di Arnad accompagnato da un pane chiamato Brezel, tipico bavarese. Nel pomeriggio, per digerire ho fatto una passeggiata dando un'occhiata ai negozi della via Sant'Anselmo e ho seguito le indicazioni per la chiesa di Sant'Orso, patrono della città, dove ho potuto ammirare il bellissimo chiostro. I capitelli delle colonne sono stati studiati a lungo per dare un'interpretazione narrativa, infatti sono ricchissimi di dettagli dove convivono diverse influenze, anche provenzali. La giornata si è conclusa da Nando, un'osteria tipica, dove mi sono ritrovata con le mie colleghe e dove siamo rimaste estasiate dalla cucina e dalla presentazione dei piatti. All'uscita si barcollava, letteralmente, ma per fortuna avevamo già previsto di passare la notte in loco, sempre vicino al centro.