Ore otto di lunedì mattina tre dicembre, il corridoio dell'ospedale è un oceano di persone. Pance di tutti i mesi sono accalcate di fronte all'unica porta da dove provengono suoni di vita umana. Siamo qui, tutte per motivi uguali ma diversi tra loro: bi-test, morfologica, tamponi, esami di routine e perfino tracciati. A me aspetta l'amnio, spauracchio di tutte le over 35, ma nonostante sia alla mia seconda esperienza sul campo, non ho la più pallida idea ne di dove andare, ne di cosa fare, con i foglietti scribacchiati che ho in mano. Mi consola e, al tempo stesso rattrista, sapere che siamo tutte nella stessa situazione e che procediamo per tentativi.M’infilo in una coda che non è la mia e, l'infermiera di turno, mi rifila prontamente in fondo al corridoio, "lì c'è l'ostetrica" mi dice.
Altra porta, altra fila. Qui l'attesa e' lunga, l'ostetrica, istintivamente antipatica, compila i moduli d'accettazione per non so quale destinazione e sbraita a chiunque osi avvicinarsi senza permesso. Dopo mezz'ora di attesa e sbadigli, il Principe riceve una soffiata: stiamo facendo la fila alla porta sbagliata: per l'amnio occorre andare all'ufficio dichiarazione delle nascite! Di già? Nell'epoca Cestino ricordo di esserci andata mooooltoooo più tardi! ! Va beh prendo per buona la soffiata e vado dall'ufficiale di stato civile che, alla faccia del l'ostetrica, compila tutto per fila e per segno. Fatto ciò ...il delirio...non c'è più una procedura da seguire, caso mai cI fosse stata fino a quel momento, si aspetta senza turno, senza meta e soprattutto, senza orario. La sala d'attesa e' munita di panchine, tabellone luminoso e dispensa numeri, fuori servizio, si va a braccio, l'infermiera dell’eco s’intreccia con quella dei prelievi, quella dei tamponi reclama una paziente che per sbaglio è finita nei tracciati, i bi-test sono raddoppiati, mentre io.......aspetto.
Ore 11 e 30, sono ancora qui, la sala d'attesa si è svuotata, sopratutto di pance di quattro mesi o giù di li, ed io inizio a sentire odore di bruciato. Fermo un grembiule bianco e chiedo informazioni. Sgarbatamente mi dice che il dottore non c'è più, in realtà non c'è più nessuno del reparto...sembra incredibile, ma mi hanno saltato! Biascicano lì una simil scusa su una telefonata che non regge, tanto è falsa e si prospetta l'ipotesi, di un cambio di data, tra l'altro di difficile applicazione per l'amniocentesi.
Sono seduta su queste sedie da stamattina, ho il c..o a quadretti e non è servito a niente. Sento che mi sta partendo la briscola e tra poco divorerò qualcuno. Ero pronta psicologicamente e logisticamente organizzata, anche per le 48 ore di stop obbligatorie e successive all'esame, e di ricominciare, sempre se sia possibile (visto i tempi stretti), non ne ho proprio voglia.
Chiamo la mia gine, che attendeva notizie, e che lavora al piano di sopra, le racconto la disavventura e la mia delusione e lei mi dice di aspettare ancora cinque minuti. Di minuti ne passano a mala pena tre, e lo sgarbato camice bianco di prima, ha invertito miracolosamente la rotta, l'esame si farà oggi, mi chiede solo di pazientare gentilmente un’altra manciata di minuti. C'è stato un malinteso o un imprevisto (non si capisce bene), ma ora e' tutto risolto, il dottore e' ricomparso e con lui magicamente tutta la sua équipe. Tutti ai miei piedi per fare quello che è' un loro dovere e un mio diritto, ottenuto come al solito all'italiana....e questa e' una vera tristezza!
......per dovere di cronaca: è una femmina!
Magazine Bambini
Ore otto di lunedì mattina tre dicembre, il corridoio dell'ospedale è un oceano di persone. Pance di tutti i mesi sono accalcate di fronte all'unica porta da dove provengono suoni di vita umana. Siamo qui, tutte per motivi uguali ma diversi tra loro: bi-test, morfologica, tamponi, esami di routine e perfino tracciati. A me aspetta l'amnio, spauracchio di tutte le over 35, ma nonostante sia alla mia seconda esperienza sul campo, non ho la più pallida idea ne di dove andare, ne di cosa fare, con i foglietti scribacchiati che ho in mano. Mi consola e, al tempo stesso rattrista, sapere che siamo tutte nella stessa situazione e che procediamo per tentativi.M’infilo in una coda che non è la mia e, l'infermiera di turno, mi rifila prontamente in fondo al corridoio, "lì c'è l'ostetrica" mi dice.
Altra porta, altra fila. Qui l'attesa e' lunga, l'ostetrica, istintivamente antipatica, compila i moduli d'accettazione per non so quale destinazione e sbraita a chiunque osi avvicinarsi senza permesso. Dopo mezz'ora di attesa e sbadigli, il Principe riceve una soffiata: stiamo facendo la fila alla porta sbagliata: per l'amnio occorre andare all'ufficio dichiarazione delle nascite! Di già? Nell'epoca Cestino ricordo di esserci andata mooooltoooo più tardi! ! Va beh prendo per buona la soffiata e vado dall'ufficiale di stato civile che, alla faccia del l'ostetrica, compila tutto per fila e per segno. Fatto ciò ...il delirio...non c'è più una procedura da seguire, caso mai cI fosse stata fino a quel momento, si aspetta senza turno, senza meta e soprattutto, senza orario. La sala d'attesa e' munita di panchine, tabellone luminoso e dispensa numeri, fuori servizio, si va a braccio, l'infermiera dell’eco s’intreccia con quella dei prelievi, quella dei tamponi reclama una paziente che per sbaglio è finita nei tracciati, i bi-test sono raddoppiati, mentre io.......aspetto.
Ore 11 e 30, sono ancora qui, la sala d'attesa si è svuotata, sopratutto di pance di quattro mesi o giù di li, ed io inizio a sentire odore di bruciato. Fermo un grembiule bianco e chiedo informazioni. Sgarbatamente mi dice che il dottore non c'è più, in realtà non c'è più nessuno del reparto...sembra incredibile, ma mi hanno saltato! Biascicano lì una simil scusa su una telefonata che non regge, tanto è falsa e si prospetta l'ipotesi, di un cambio di data, tra l'altro di difficile applicazione per l'amniocentesi.
Sono seduta su queste sedie da stamattina, ho il c..o a quadretti e non è servito a niente. Sento che mi sta partendo la briscola e tra poco divorerò qualcuno. Ero pronta psicologicamente e logisticamente organizzata, anche per le 48 ore di stop obbligatorie e successive all'esame, e di ricominciare, sempre se sia possibile (visto i tempi stretti), non ne ho proprio voglia.
Chiamo la mia gine, che attendeva notizie, e che lavora al piano di sopra, le racconto la disavventura e la mia delusione e lei mi dice di aspettare ancora cinque minuti. Di minuti ne passano a mala pena tre, e lo sgarbato camice bianco di prima, ha invertito miracolosamente la rotta, l'esame si farà oggi, mi chiede solo di pazientare gentilmente un’altra manciata di minuti. C'è stato un malinteso o un imprevisto (non si capisce bene), ma ora e' tutto risolto, il dottore e' ricomparso e con lui magicamente tutta la sua équipe. Tutti ai miei piedi per fare quello che è' un loro dovere e un mio diritto, ottenuto come al solito all'italiana....e questa e' una vera tristezza!
......per dovere di cronaca: è una femmina!
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