Una giornata in un frullatore

Da Annamariacataratta @AMcataratta

Il presagio si era manifestato in tutta la sua potenza mistica alle ore 7.30
Stamattina la mia beauty routine prevedeva un lavaggio rapido dei capelli sotto il getto gelido del rubinetto del lavandino. Seguito a ruota da una fulminea messa in piega tra un calzino da infilare e la colazione sgranocchiata sul lavabo. Dopo pochi minuti i miei capelli hanno assunto il colorito appiccicaticcio del pattume. Guardo esterrefatta il risultato, afferro la boccettina dello shampoo che non rivela nulla di insolito. Il phon però emanava un odore di fiori tipico di chi sta per avere un miracolo da padreppio. Mi accorgo con terrore che la causa dello scempio era da attribuire al bocchettone dell’aggeggio che era stato letteralmente inzuppato nel mio fondotinta e aveva così insozzato tutto attorno a me, crine compreso.
Non ho neanche il tempo di lanciare un urlo di panico, che scopro che metà della mia famiglia, vestita di tutto punto, si era già irreversibilmente macchiata con l’indelebile cosmetico. Compreso il capofamiglia che è solito lavarsi i denti con il simpatico vestitino da gangster che deve indossare ogni mattina in tribunale. Mentre lo Squinzio chiama la sua lavanderia di fiducia, io recupero al volo 4-5 vestiti dallo stendino e ricomincio l’arduo processo di vestizione della prole. Sono sveglia da 30 minuti e ho già accumulato un ritardo mostruoso. Alle 8.30 lancio le bambine a scuola (non è un refuso, le lancio proprio, dal finestrino). Giungo in farmacia stravolta e la trovo illuminata poco romanticamente da 4 candele: la luce è saltata e tocca reperire al più presto un elettricista. Alle 13.30 sono a casa a mangiare un piatto di pasta semicruda affogata nel liquido di quattro pomodori molto tristi che, dimenticati da giorni nel mio frigorifero, implorano una morte rapida (vi anticipo che questo sarà l’unico pasto della mia giornata). Ore 14.30 sono già fuori dal Carrefour con la mia amica Francesca(la Bigmessupmum di cui vi ho parlato qui), con cui condivido un’insana passione per il buono sconto (da brave massaie ci stiamo organizzando la spesa per le vacanze a Procida). Nel mentre arriva la notizia che mio nipote è stato dimesso dall’ospedale per fortuna prima del previsto (tranquillizzo amici e conoscenti: il motivo del ricovero lampo è stato un intervento banale, ma che ha fatto incazzare molto il piccolo Fabri). Quindi riscrivo gli impegni della mia giornata sulla mia agenda viola. Matilde con la sua vita impegnatissima di giovane cosmopolita mi implora di accompagnarla alla festa di Sara e io non posso non accontentarla. Faccio 15 telefonate e riesco a trovare un’anima pia che l’accompagnerà al superparty. Nel frattempo scopro di essere rimasta chiusa nel cortile dalla scuola, con il cancello automatico bloccato da una banda di mocciosi che ha manomesso il generatore. Dopo un quarto d’ora, pago il riscatto e mi rilasciano. Volo a casa di mia sorella a 15 chilometri di traffico da casa, accompagnata da Egle che, da degna di figlia di mamma pulp, era molto eccitata all’idea di trovare il cugino incerottato e cucito di tutto punto. Nel frattempo do un passaggio anche al mio prezioso Squinzio (prezioso perché mi ha assistito ansioso e ansiogeno come non mai in questo turbinio di faccende) nella periferia più fetente di Napoli, dove lui raccoglie con molta soddisfazione giovani e promettenti delinquenti che hanno bisogno di un avvocato come un eroinomane del metadone.
Sono appena le 17.
Alle 18.30 sto già volando sulla tangenziale, godendo di una Napoli insolitamente deserta, merito dell’Italia che gioca ai mondiali (verrà sconfitta vergognosamente di lì a poco dall’Uruguay, facendomi perdere un ulteriore buono sconto da Carrefour, azzurri farabutti). Ore 19, sono in quella trappola del Vomero, dove ogni strada è uguale all’adiacente e pure con lo stesso nome (per dovere di cronaca, debbo informarvi che qui esiste una strada che si chiama via Pitloo, rendiamoci conto e ridiamoci su). Con molta fatica troviamo il luogo ameno della festa, dopo aver parcheggiato l’auto rossa SOPRA un cumulo di monnezza dimenticata dal caro DeMag. Alla festa butto già un paio di bicchieri di spumante, ma in realtà sento di aver bisogno di 2 cc di Valium.
Alla fine della festa ci stipiamo in 9 (4 adulti e 5 bambini) nella mia potentissima Atos rossa e percorriamo tutta Napoli per accompagnare tutti gli amici a casa. Alle 21 le bambine sono nella vasca da bagno (in queste ore hanno accumulato addosso una quantità di lerciume inverosimile), io striscio in cucina per preparare una focaccia per la festa di fine anno di domani dei Moscardini (la classe di Egle). Rispolvero il mantesino rosa shocking che mi accompagna sempre durante le mie acrobazie culinarie, sistemo la farina in una ciotola, misuro 500 ml di latte, inzacchero tutto lo scibile in fatto di utensili, proprio quando sto per azionare il robot…mi manca il lievito. 
Avendo già esaurito tutto il mio repertorio di bestemmie e improperi quotidiano, svengo sul letto.
Buonanotte a voi.

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