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Una giornata senza scontrino: l'Italia e l'evasione

Creato il 02 gennaio 2012 da Tiba84
In questa ricostruzione, dal primo caffè (chi non prende almeno un caffè al giorno al bar), ai piccoli inconvenienti in casa che ti costringono a chiamare un fontaniere, un muratore o quant'altro, all'ospedale, finendo col ristorante, c'è l'immagine di un'Italia che evade, che nasconde, che sommerge. Quindi che non paga: un'Italia di tanti singoli ricchi, ma comunità povera, non una Nazione nel vero senso della parola, non uno Stato. Come se non valesse nulla la ricchezza della comunità, il Bene comune, come se l'impoverimento prodotto dall'evasione fiscale non influisse sull'economia e sulla ricchezza di tutti i singoli. Siamo un po' tutti Cetto La Qualunque, siamo un po' tutti Berlusconi: distruggiamo l'Italia!!!
Una giornata senza scontrino, la fuga quotidiana dal fisco di baristi, artigiani, ristoratori,
di E. Livini (su Repubblica)
Ok, fatto. Quaranta euro per il flessibile. Sei di materiale. Cinquanta tra manodopera e uscita. Totale: 96 euro. Facciamo novanta. Vuole la ricevuta? ». «Beh, sì». «… mi spiace. Allora 115». Martedì 27 dicembre 2011. Trovare un idraulico per tamponare lo tsunami che dal bagno rischiava di tracimare verso il parquet della sala è stata un’impresa. Ora il guasto è riparato e la tentazione è forte. Ok, lo sappiamo: l’evasione fiscale ci costa 130 miliardi l’anno. Ma 25 euro di risparmio sono sempre 25 euro. E dopo che il Salva-Italia ci ha fatto trovare sotto l’albero di Natale 300 euro di Ici in più e la pensione rimandata al 2027…. Va beh, resistiamo. «Ecco i suoi 115 euro ». Tanto ormai ci abbiamo fatto il callo. Ogni italiano sottrae in media al fisco 2.093 euro all’anno. E le nostre giornate — basta monitorarne una qualsiasi — sono diventate uno slalom senza fine tra le sirene dell’elusione e i furbetti della ricevuta.
Il Barista
L’idraulico è solo l’antipasto. Il secondo diavolo tentatore è già lì che ci aspetta come ogni mattina al bar sotto casa, di fianco alla macchina per caffè Gaggia. «Cappuccio e cornetto, grazie». «Due euro e cinquanta» (un salasso, ma siamo a Milano…). Per un paio di settimane, quando ci siamo trasferiti da queste parti, ha battuto lo scontrino con la tristezza negli occhi. Poi — in nome di un’amicizia ormai consolidata — ha provato a smettere. Tentativo che rinnova cocciuto ogni sette giorni. Cinque prime colazioni alla settimana in nero fanno 650 euro l’anno. Se il trucco riuscisse con venti persone al dì, saremmo già a 13mila euro spariti dai radar del fisco in dodici mesi. Succede spesso: a Roma, dice la Guardia di finanza, il 50% dei bar non rilascia scontrino. Il danno per le casse dello Stato? L’evasione dell’Iva vale 29 miliardi l’anno. E le dichiarazione medie degli esercenti di bar, guarda un po’, viaggiano sui 17mila euro (meno di un operaio). Tradotto in prime colazioni significa 22 cappuccini e 22 kiefer venduti al giorno. La mattinata è dura e — va sempre così — piove sul bagnato: fuori dal bar la nostra macchina è bloccata da una Volkswagen Tuareg 3.0 V6 Tsi Tiptronic Hybrid in seconda fila. Prezzo chiavi in mano: la miseria di 75mila euro. Di chi sarà? La matematica non è un’opinione: c’è il 40% di probabilità che sia di uno dei 188mila italiani che dichiarano un reddito inferiore ai 20mila euro e sono titolari di auto di lusso. Molto più difficile che sia di uno dei 400mila nostri concittadini (meno dell’1% dei contribuenti) che ne dichiarano più di 100mila. Loro hanno solo 71mila supercar, paradosso di un paese dove la cilindrata dell’auto in garage è inversamente proporzionale alla cifra sul 740.
La Casalinga
Verrebbe voglia di tornare a casa e mettersi a letto. Purtroppo c’è da andare al Policlinico a fare l’emocromo per capire le ragioni di una fastidiosa ipertensione. Mezz’ora di coda per pagare il ticket (ma quanti sono gli ipertesi?): 28,95 euro. Allo sportello a fianco Giovanna, la vicina del terzo piano, prenota l’esame dell’aldosterone e della renina. «Trentun euro e 85», dice l’impiegato. «Sono esente per reddito, grazie», dice lei, porgendo copia di una auto-certificazione Isee. E se ne va verso la sala prelievi senza metter mano al portafoglio. Ma come? Ha trenta metri quadri di casa più di noi. Due figli alle scuole private, una Golf turbo in garage, una casa a Santa Margherita ligure. Mistero. Come quello degli altri 15 milioni di contribuenti che per l’Isee non hanno né soldi, né patrimonio né conti correnti in banca, garantendosi così agevolazioni per asili nido, bollette e ticket ridotti e assistenza a domicilio. In Banca d’Italia dicono che il 90% dei nostri connazionali ha un conto in banca. Vai a capire chi avrà ragione…
Una giornata senza scontrino: l'Italia e l'evasioneIl Muratore
Pazienza. Abbiamo appena preso la tredicesima (ai greci non la danno più). E persino vinto una ventina di euro alla tombola di Natale. Inutile farsi il sangue amaro. Tanto vale chiudere l’anno senza debiti e andare a pagare il muratore che ci ha rifatto il pavimento del terrazzo. Vale il discorso dell’idraulico. «Milletrecento euro senza ricevuta, se no 1.450». La rabbia è doppia visto che il lavoro l’ha fatto con suo zio prepensionato, remunerato — presumibilmente — in contanti. In Italia ci sono 3 milioni di lavoratori in nero come lui. Sono il 58,5% del personale degli alberghi, il 52,9% delle Colf, il 28,5% degli operai nei cantieri edili. Un esercito sommerso di immigrati sottopagati, giovani precari, cinquantenni neo-disoccupati, baby-pensionati che arrotondano l’assegno previdenziale. Conto finale per il fisco (e per noi): mancate entrate per 45 miliardi. Sommati ai 29 evasi sull’Iva siamo a 74 miliardi, quanto basterebbe per pagare due terzi degli interessi sul debito pubblico tricolore ogni anno. «Ecco i suoi 1.450. La ricevuta, grazie». Ormai abbiamo il mal di testa. Si torna a casa tra una foresta di cartelli “Vendesi” e “Affittasi” appesi ai portoni. E viene in mente un’altra delle storture del Belpaese: i lavoratori autonomi hanno in media un patrimonio immobiliare di 203mila euro a testa contro i 150mila dei dipendenti. Peccato che i primi dichiarino 19.504 euro contro i 21.098 di chi ogni mese riceve la busta paga. E che il 56% degli autonomi — certifica lo studio di una Commissione parlamentare voluta da Giulio Tremonti — sia fiscalmente inadempiente. Se tutti pagassimo le tasse — calcola il centro studi Confindustria — stipendi e pensioni degli italiani potrebbero aumentare di 102 euro al mese dalla sera alla mattina e la metà delle 800mila persone che ha perso il posto di lavoro dal 2008 ad oggi avrebbe ancora un’occupazione.
Il ristoratore
Meglio smettere di sognare e tornare con i piedi per terra. È sera. Una doccia nel bagno appena riparato e poi — il frigo è vuoto — si va al ristorante. Solita storia: il conto finale, 60 euro in due, arriva su uno scontrino “non fiscale” sperando di farla franca così. Riuscisse il giochetto dieci volte al giorno, sarebbero 180mila euro esentasse l’anno. Sarà un caso, ma i ristoratori dichiarano in media 13.800 euro a testa. Più o meno, ferie escluse, 46 euro al dì. Che fare? Tutti in discoteca? Si può fare, non dovrebbe costar tanto visto che il 740 medio dei gestori è negativo per 3.200 euro. Invece no: ingresso 20 euro. Prima consumazione gratis, le altre 15 euro. Amen, meglio tornare a casa. Tra l’altro il palinsesto prevede un classico dell’unica evasione che a questo punto della giornata possiamo sopportare: “Fuga da Alcataraz”. La televisione, almeno quella, è gratis. Soprattutto per il 28% degli italiani che non pagano il canone tv…

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