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“Apocalypse” ed “Everville”, con le descrizioni del Mare del Sogno, la Quiddità, e l’idea dei sogni come portali aperti sui più recessi meandri della nostra mente, ovvero dell’Ignoto, possono essere definite come le opere più lovecraftiane di Barker. Sogno, magia, metafisica, i temi si rincorrono e si mescolano in questi romanzi con esiti inediti e interessanti. Inoltre nel corso della saga facciamo la conoscenza di due personaggi femminili memorabili: Maeve, che porta il nome di una dea irlandese, e naturalmente Tesla “la risorta”. Le donne di Barker portano dentro di sé il germe della creazione, e non solo per l'evidente motivo che hanno la possibilità di gestare e partorire: nel caso di Maeve, questo si manifesta nell'intuizione (la gestione del bordello) che le permette di fondare la città di Everville, il sogno di suo padre diventato poi il suo, in un luogo che altrimenti sarebbe rimasto deserto e sterile; nel caso di Tesla, invece, nell'aver ottenuto quando agognato da molti uomini dopo essere sopravvissuta a lotte tra forze incomprensibili. È quasi come se queste donne fossero una razza a sé – e alla fine non si tratta nemmeno di capire se sono personaggi positivi o negativi... semplicemente, sono coloro attorno alle quali tutto ruota. Sono donne pervase dal Potere non meno delle dee di “Imagica”.
Una nota a parte merita “Galilee”, in assoluto tra i libri di Barker quello che ho amato di meno (ma è anche l’unico che ho letto una sola volta, forse la ragione è questa?): una sorta di viaggio nel tempo nella storia di una famiglia dal retaggio antichissimo e quasi divino, il cui rampollo viaggia attraverso i secoli seducendo uomini e donne e lasciando tracce indelebili del suo passaggio. Questa saga familiare esce dal filone narrativo della dicotomia bene/male e forma/caos e vira invece nel romantico, tant’è che l’autore stesso la definì all’incirca una storia alla Romeo e Giulietta in chiave dark (ed erotica, aggiungerei).
Se “Sacrament” è anch’esso interessante per la sua incursione nella metafisica, “Abarat” è anche un curioso esperimento di scrittura oltre che di pittura (è stato infatti illustrato dallo stesso Barker), oltre che un vero e proprio campionario del bizzarro. “Sacrament” è un viaggio “nel cuore vivente del mondo”, un luogo che esercita un profondo richiamo sul nostro animo, nel quale si è destinati ad essere portati via da se stessi e a perdersi. Più prosaicamente, come ci riassume la seconda di copertina (e quale migliore sintesi potrei proporre?), è la storia di un uomo che è venuto in contatto con potenze ancestrali e terrificanti che gli hanno rivelato il mistero che è al centro della Natura stessa. Queste potenze (un antipasto di quella che incontrerà solo alla fine del racconto) hanno le fattezze umane di Jacob Steep e Rosa McGee, una misteriosa coppia che vaga per il mondo senza meta, su cui né la stanchezza né gli anni che passano sembrano lasciare alcuna traccia, ma cui è chiaro fin da subito che la definizione di “umani” va decisamente stretta. Rosa (altra “femmina” notevole) sembra votata a sedurre e rovinare tutti gli uomini che incontra sul suo cammino, mentre Jacob ha come ossessione la deliberata volontà di eliminare specie animali dalla faccia della Terra: una riuscita metafora di quanto l’AIDS faceva a quel tempo in scala umana. Chi sono in realtà Jacob e Rosa? Sogno, realtà, digressioni filosofiche, la battaglia contro il male, sempre che (in definitiva) di male si possa parlare… in questo libro c’è tutto quello che ci si aspetta da un fantasy, perlomeno da quelli non strettamente ricompresi nel genere “cappa e spada”, “elfi e draghi” o “eroe e donzella da salvare”, anche se forse non si tratta del miglior Barker. Il libro è comunque molto godibile e bisogna ammettere che il protagonista, Will, è caratterizzato come meglio non si potrebbe: si vede che l'Autore ha profuso molti sforzi in questo aspetto del libro, molto più che in altre opere.
La pentalogia di “Abarat” è la versione di Barker de “Il mago di Oz” (di Lyman Frank Baum) e del ciclo “Le Cronache di Narnia” (di C.S. Lewis), due scrittori che cita apertamente tra le proprie influenze (e chi può biasimarlo?): negli intenti, se non nel risultato. Si sono azzardati anche paragoni con “Alice nel Paese delle Meraviglie”, e non manca chi ha l’ha definita una storia per ragazzi. “Abarat” è stato concepito come un libro d'ore, uno di quei libri illustrati che per secoli si utilizzarono per la preghiera e la meditazione, con la raccolta delle ore liturgiche per i diversi periodi dell'anno e i capitoli denominati come le varie ore del giorno. E così abbiamo un arcipelago di ore, perché il mondo di Abarat è una serie di ventiquattro isole che rappresentano le ore del giorno, più una venticinquesima che è invece il centro di questo universo, un magico luogo fuori dal tempo (o meglio un “tempo fuori dal tempo”) dove ognuno può incontrare infinite versioni di se stesso. Questo tripudio di invenzioni fantastiche correda la vicenda della protagonista Candy, e i numerosi temi messi sul piatto, dalla natura del male a come il male si trasmette nel tempo e da una generazione all’altra, al superamento (o forse all'abbandono) dell'infanzia.Ci sono alcuni libri di Barker che non ho ancora letto, come ad esempio “Il canyon delle ombre” o “La casa delle vacanze”. Quale tassello aggiungeranno al puzzle che il loro autore ha saputo costruire nel corso di tanti anni? Quale inedito punto di vista mi offriranno? Forse nessuno, ma non vedo l'ora di immergermi nella lettura per scoprirlo.
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