Una gothic girl non fa primavera: MOONSPELL – Extinct (Napalm Records)

Creato il 17 marzo 2015 da Cicciorusso

Se la prima volta non ci si bada e la seconda può essere ascritta al semplice caso, dalla terza in poi si potrebbe pure pensare a una qualche tendenza. Mi riferisco al poco gradevole trend di questo periodo che vede gruppi più o meno blasonati anticipare brani definibili palesemente come belli che, quindi, ti portano a sviluppare un’aspettativa ragionevolmente alta nei confronti del nuovo album che poi, alla prova dei fatti, ti impone di rivalutare la cosa, con tutti i fastidi annessi e connessi. Sto parlando, nel mio caso, prima di Marduk, poi Negura Bunget e, adesso, di Moonspell. Sui lusitani abbiamo già detto tutto quello che potevamo dire, abbiamo espresso incondizionata adorazione per i gloriosi esordi e rispetto complessivo per una carriera che non ha mai subito flop clamorosi, come invece accaduto alla stragrande maggioranza dei gruppi storici della nostra gioventude. Non mi resta che dire questo: che occasione sprecata. Sì, che peccato, perché Extinct, date le anticipazioni, si proponeva come il degno successore stilistico dell’ultimo gran disco dei Moonspell che è stato, almeno secondo il parere di chi scrive (ma anche a giudizio di altri qui dentro), Darkness and Hope.

Le anticipazioni, dunque, il male assoluto: se da una parte ti danno un’immagine, per quanto sbiadita, di ciò che sarà, dall’altra ti falsano il giudizio quando non ti confondono proprio le idee. Sta all’equilibrio di chi ascolta non farsi trascinare nel perverso meccanismo, direte voi. Giusto, ma andatelo a dire a qualcun altro, non a chi è cresciuto coi Moonspell costantemente nel walkman. Se il meccanismo perverso è questo e non ci possiamo fare nulla, non resta che svuotare la testa da ogni idea preconcetta attraverso l’ascolto reiterato e vedere cosa ne rimane. Nel caso di Extinct a me rimane un profondo senso di occasione sprecata. Dicevamo sempre a proposito delle anticipazioni che si sentiva forte la matrice darkettona alla Sisters of Mercy ed è sensazione confermata (The Last of Us e Medusalem). Ma si diceva pure che il gotico maschio, quello tutto voci profonde e potenti giri di basso (tipo Breath e la title track), era l’unico digeribile arrivati a quest’età anagrafica (anche se il tema nei testi è pur sempre l’amore o versioni più lussuriose di esso) e che le divagazioni sinfoniche a lungo andare trasformano tutto in caramello appiccicoso e quindi sono da temere più di ogni altra cosa. In Extinct c’è sia questo, sia quello. È per questo motivo che parlo di occasione mancata. Melodie e ritornelli anche molto belli (quello di Domina è talmente efficace che ti viene da cantarlo mentre fai le abluzioni quotidiane nel hammam sotto casa) ma rovinati, si può dirlo, da un eccessivo uso di archi o da ridondanti effetti di rebab elettrico (rebab, attenzione, non kebab, anche se alla fine è la stessa cosa). Il disco, banalmente detto, è carino (sicuramente un pezzo avanti a Alpha Noir) ma a lungo andare si appiattisce invece di mostrarsi nelle sue varietà. Speravo di immergermi in una nuova versione di D&H (magari ancora più cupa) e ne avevo pure ben donde visti gli ammiccamenti e i richiami più o meno espliciti ad esso (basta vedere il video sotto per capirlo subito, se avete presente la copertina di quell’album), invece devo accontentarmi di una via di mezzo. (Charles)



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