E’ d’ogni uomo l’atavica convinzione d’essere padrone del proprio tempo e di sapere, con certezza maniacale, quale sia stato e quale sarà, il giusto susseguirsi degli accadimenti di coloro che ci abitano accanto.
E’ da crederci davvero, quando con dovizia di particolari, si raccontano le storie e si inventano, decretandoli per veri, i futuri che verranno.
Ci si erge a narratori, creatori di realtà, non illusionisti, sebbene così sia. E nel mentre che si vive, si da per certo che le persone che svolgono i loro passi, li faranno seguendo il nostro eccellente e mai fallace intuito. Siamo, noi uomini, convinti d’avere compreso l’altro, di avervi perscrutato infallibilmente ogni più piccolo anfratto d’anima per il solo fatto di avervi vissuto, anche poco, vicino. Di avere amato, affabilmente conversato, diviso i pasti, scambiato letto e parole.
Quanto siamo ingenui e crapuloni, noi uomini!
E sia.
Il futuro avviene e quanta parte vi è di noi in quel futuro? Quanto si è dato, si è preso, si è mescolato di noi in quel futuro? Cosa accade dentro di noi uomini, quando ci avvediamo che nulla di quello che s’era pensato si realizza ma che la vita cambia, stravolge e l’altro fa, agisce, secondo propria coscienza ed insania, e non seguendo le nostre congetture?
V’è nell’umana mappa una insana follia, che sposta le pedine della razionalità ed eccede in gesti e cambiamenti.
E sorprende, meravigliosamente talvolta, malinconicamente altre, lasciandoci senza fiato, a rimirare, da strapiombanti affacci, ciò che altri, da noi così chiaramente amati e compresi, hanno saputo fare, coraggiosamente fare, facendoci ammettere il nostro errore nel non averli compresi così al fondo.
Ed esserne così inspiegabilmente felici.
Chiara
