12 marzo 2009 – Sessione di laurea
Francesca by Marco Sberveglieri
In Italia anche la laurea diventa un’occasione (oltre che per ottime fotografie) per farsi due risate. Buona lettura!
Il 12 marzo ero a Reggio Emilia per festeggiare la laurea di un mio amico. Una volta lì ho scoperto che quasi tutti i miei compagni di corso si erano dati appuntamento e si laureavano tutti insieme… Ottima occasione per una raffica di foto, un buon allenamento per la mia D60.
D’altronde, dopo aver sentito certe tesi ignobili (molti temini personali che, a mio modestissimo parere, poco hanno a che fare con la comunicazione) o ci si attaccava alla bottiglia o si faceva lavorare l’otturatore.
Il formalismo è quasi imbarazzante, trasformando una seria cerimonia in un allegro ciozzare (come se fosse un battesimo o una comunione): parenti radunati dai quattro cantoni dell’Italia tutti impacchettati nel vestito buono (tant’è che non si capisce se vengono da un funerale o un matrimonio) che esprimono le loro libere opinioni a voce medio alta, costringendo i docenti a bestemmiare in indocinese per portare quel minimo di silenzio necessario alle proclamazioni.
Il fotografo personale, quello per cui servirebbe un foglio firmato e partita IVA, diventa una pia illusione. Ai lati del bancone dell’Aula Magna viene stipata una gran calca di curiosi, parenti ubriachi (eh sa il mio è l’ultimo ma voglio vedere anche gli altri…così, per fare qualcosa) e fotografi che, tra obiettivi mastodontici e flash giganti lasciano ben poco spazio a concorrenti.
Io mi son fatto piccolo piccolo e ho fatto anche qualche scatto in ginocchio: l’importante è catturare il momento.
In prima fila gente che, di solito, non c’entra una beata mazza con i candidati ma è lì, così, per saggiare la comodità delle seggiole dell’Aula Magna.
I lati dell’Aula diventano una grande pressa massificatrice: dentro vengono pressati come maiali all’ingrasso tutti i parenti, amici, cugini, cognati, zii, fotografi, inservienti e professori (gli ultimi impegnati nel vano tentativo di raggiungere la cattedra, i primi impegnati a far quanto più bordello possibile sciabattando o facendo sentire i tacchettini del 13 appena acquistati).
A forza di letture e proclamazioni con i poteri conferiti dallo Stato si arriva alla fine, intorno alle 12.30, dove si assiste all’uscita dei gioiosi ragazzi dall’aula con seguito di parenti, vacche, buoi, groupies e security.
I più simpatici prevedono scherzi per gli amici dottori: la ragazza della foto è stata travestita da Valentino Rossi e costretta a girare su un triciclo rosa, ad un altro appena uscito è quasi esploso in faccia un cannone di coriandoli.
La goliardia si fa strada e i rapporti diventano informali (soprattutto dopo il 3^ bicchiere di Prosecco bevuto a digiuno alle 11 di mattina), ormai si conosce tutti, tu incontri altri amici che stanno andando a lezioni per la specialistica e li saluti, foglie di alloro riempiono il piazzale, il gestore del bar alza le mani al cielo pensando a quando dovrà pulire il tutto.
Dalla mano sudata al rutto libero il passo è breve: per una giornata ci si concede la vita dei magnaccioni romani, spaparanzati al bar serviti e riveriti. Zio Pino e Nonna Rita si abbandonano a canti goliardici nel piazzale, unendosi ad un trenino di ragazzi che passa mentre il sottofondo ciozzarolo copre qualsiasi altro rumore, dal mangia mangia a Radio Cipolla.
Alla fine una bella cerimonia. Mancava solo il prete e poi si poteva ballare tutti intorno al crocifisso con la chitarra.
Marco
