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Una lettera d’amore

Creato il 26 dicembre 2010 da Lacagliaritana

CAGLIARI DICEMBRE 1945

Cagliari: Il Palazzo Civico
Mi chiamo Angela, ho venti anni, e i miei fratelli dicono che sono bassa.

E che non sono bassa!

Sono alta un metro e sessanta mica poco!

Sono carina, capelli biondi, nasino alla francese, e sono anche formosa, ma non sono bassa.

Ma chissenefrega. Se qualcuno mi vuole mi accetta cosi come sono.

Prendere o lasciare.

E poi si dice: Botte piccola, vino buono.

Lavoro all’american bar –ristorante La Grotta Azzurra, dei miei fratelli Salvatore e Pietro.

Sono gelosissimi di me. Peggio di Otello con Desdemona.

Da quando morì mio padre Guseppe, ed ero piccola, loro sono diventati i miei tutori.

Mia madre è in paese a Seui, e non gli piace la città

Troppo grande e caotica secondo lei. Anche se Cagliari non è certo una metropoli.

L’ultima volta che è venuta in città e ha visto un negozio coi saldi, e c’era la gente in fila fuori, pensava fossero in fila per un seppellimento.

<< Angela itta cesti un interru tottu custa genti ? >>

<< No mamma ci sono i saldi::.>>

Il nostro locale è bellissimo. Sembra un american bar americano. Di quelli che si vedono pure nei filmis americani con Humprey Bogart.

Un grande bancone con sgabelli dove sono seduti solo uomini.

La via Roma è di fronte a me.

Ancora devastata come tutta Cagliari dai bombardamenti del 1943.

Ci sono ancora macerie dappertutto.

I bombardamenti. Noi non siamo sfollati. Siamo rimasti qui.

Bombe che cadevano, muri che tremavano.

Polvere, boati, morte.

I miei occhi hanno visto morire centinaia di persone.

Pensavo fosse la fine.

Ogni giorno pregavo.

Sono una sopravvissuta ai bombardamenti.

<< Signorina un caffe! >>

Il Cavalier Puddu vuole il solito caffè con latte.

Il Cavalier Puddu è vedovo poverino.

Sua moglie Maria mori nei bombardamenti.

Mi guarda con tenerezza e vuole sfogare il suo dolore con me e con le altre ragazze che servono al banco.

Parla per ore e noi lo ascoltiamo volentieri.

Entrano i lavoratori del Porto.

I portuali vengono sempre a mangiare da noi.

Sono uomini possenti e gran lavoratori.

L’unico problema e che sputano continuamente e schifosamente nelle sputacchiere stracolme.

Entra ora il signor Concas.

Il signor Concas invece è un gran mangione.

Una montagna di cento chili.

I portici di via Roma

Mio fratello Salvatore una volta ha perso.

Il signor Concas aveva scommesso che se si sarebbe mangiato tutta la vetrina del bar non avrebbe pagato niente.

<< Immoi si pappara tottu? Non ci creu..>> disse mio fratello.

E comincio’ la sfida.

Tutti i clienti si misero a vedere la scena come se fosse un tavolo di poker.

Apparecchiarono due tavoli e misero il cibo della vetrina sui tavoli.

Il signor Concas si mise il tovagliolo sul collo e cominciò.

Trenta uova sode col guscio e mezzo fiasco di vino. Sei bistecche di manzo. Mezzo fiasco di vino. Un chilo di pasta al sugo. Due mazzi di grive. Degli uccellini non sputo’ neanche le ossicine e la testa. Macino’ tutto.

Una torta di mele

Due pani di sapa.

E per finire pure due caffè e un bicchiere grande colmo di acquavite.

La vetrina era vuota e il suo contenuto sul tavolo sparito.

Neanche le briciole rimasero.

Il signor Concas si tolse il tovagliolo dal collo, si pulì la bocca e fece un sorriso beffardo.

Mio fratello sconsolato andò in cucina a preparare nuove pietanze per riempire nuovamente la vetrina. Credo che da allora gli sia passata la voglia di scommettere.

Il signor Concas ringraziò tutti e si immerse nella via Roma emettendo un rutto gigantesco.

Continuo il mio lavoro.

C’è un ragazzo carino che passa sempre al bar .

Con la scusa di venire a portare merce ai miei fratelli mi guarda sempre.

Mi dicono i miei che si chiama Salvatore.

E più grande mi me. Avrà circa 27 anni.

E’ di origini seuesi pure lui.

E’ un ragazzo che ha sofferto tanto in guerra.

E’ stato in guerra in Jugoslavia e ha avuto una ferita alla gamba.

E’ ancora zoppicante.

Mi sorride e va via.

Devo mettere una solfata di paste nella carta.

La signora Marcialis ha ordinato un chilo di bignè.

Prendo la carta e… Una lettera nascosta!

Ma chi l’ha messa qui?

Non c’è il francobollo.

ALLA CORTESE ATTENZIONE DELLA SIGNORINA ANGELA DEPLANO.

Oddio, ma chi è?

Cess cess se la vedono i miei fratelli!!

Che colpi che mi danno!

Chiedo il cambio e vado nel nostro appartamento sopra il ristorante.

Mi chiudo nella mia camera.

Mi sdraio sul letto, apro la lettera e leggo:

“Gentilissima signorina Angela, spero che la presente vi giunga gradita e non abbia a trovare alcune contrarietà per il modo semplice con cui mi esprimo.

Questo mio scritto è dedicato alla vostra nobile persona che è degna dei più alti meriti.

Son venuto a dirvi cio che sento in me e nel mio cuore, per estendervi una mia proposta:

Proposta d’amore Amore per voi.

Non posso descrivere quale gioia e simpatia nutro in voi, specie da molto tempo, ove i giorni passano e più cresce questo << AMORE ARDENTE>>, ed ho sentito il bisogno di dimostrarvi il mio profondo attaccamento verso di voi. In parole povere direi, NELLO SCOCCARE DELLA SCINTILLA NE PRODUCE UNA FIAMMA, ED E’ NATO IL NOSTRO AMORE.

Non vi nascondo, mi creda, che quando eravamo piccoli e la vidi per la prima volta, ero già innamorato di voi. Col mio modesto parere posso affermare che ogni uomo ha un ideale di donna e per me questo ideale siete voi..Voi che siete l’aspirazione della mia vita.

Vorrei che siate la compagna di tutta la mia vita per rendere felici i nostri giovani cuori..

Vi supplico francamente che ne sono troppo innamorato di voi.

Signorina Angela, non voglio fare il romantico perché non lo sono, e voglio essere breve per quanto voglia dire.

Perciò faccio affidamento in Voi, affinche Lei possa prendere in esame questo mio pensiero.e che spero si possa ritenere in incognito.

Sono in ansia e in attesa di un vostro gentile e atteso scritto.

Gradite i miei più distinti saluti. Affettuosamente Salvatore Mascia.”

Gesuddio!! La lettera è bellissima.

Il ragazzo… mi piace.Ma sarà lui l’uomo della mia vita?E ora cosa gli rispondo? Così su piedi…

E i miei fratelli che risposta daranno? Mio padre non c’è più e loro decidono.

Ahi ahi ahi Salvatore…

Dopo alcuni giorni consegno la lettera ai miei fratelli.

Il grande mi dice:

“ Ma a te piace questo ragazzo Angela? “

“ Non saprei dirti subito, si mi piace, ma non so ora…posso.. frequentarlo e conoscerlo meglio…”

“ Se a te piace, con noi non ci sono problemi. Sei tu che devi decidere della tua vita.

Adesso ne parliamo con Mamma a Seui come vuole la nostra tradizione.

Ma penso che lei voglia il tuo bene e ti dirà di… si.”

Passarono alcuni giorni e Salvatore torno’ al bar.

Lo chiamo. Si avvicina.

“ Mi scusi signor Mascia, ho ricevuto la lettera ma…”

“ Signorina Angela la sua risposta è negativa? “

“ Non ho detto questo, ma il modo di ricevere la lettera…Ci sono le poste reali.

Bastava mettere un francobollo e fare le cose in grazia di Dio, com’è tradizione che vadano fatte.

Lei ha messo la lettera in mezzo a un rotolo di carta per involgere.

E se l’avesse vista mio fratello? E se l’avesse trovata un’altra ragazza e per gelosia l’avesse buttata? Io non avrei mai saputo il contenuto della lettera…”

“ Signorina Angela, se avessi mandato la lettera per posta, altre persone avrebbero visto chi la mandava. Ho pensato che fosse giusto cosi.

Se lei non l’avesse trovata, io non avrei più scritto. Il destino ha deciso.

Che risposta mi da? ”

“ Signor Mascia, cosi su due piedi…dovremmo conoscerci…”

“ Allora è un si? “

“ Si diciamo che è… un si.”

“ Grazie Angela “

Si incammina verso la porta.

“ Salvatore? “

“ Si Angela..”

“ La lettera è bellissima”

“ Ti amo Angela”

“ Anche io Salvatore”

Passarono alcuni giorni e ci fu la risposta positiva di mia mamma.

La famiglia di Salvatore erano praticamente amici di famiglia, brave persone e onesti lavoratori.

Gente semplice come noi.

Dopo un mese ci fidanzammo ufficialmente e facemmo una grande festa.

Dopo due anni ci sposammo a Seui con un gran ricevimento parco e semplice e invitammo tutto il paese. Abbiamo avuto quattro figli.

Tutti onesti e gran lavoratori.

Mio marito mori’ nel 1980 ancora giovane, aveva solo 62 anni.

Ma in questi 35 anni siamo stati bene insieme. Siamo stati felici.

E ancora oggi che ho 86 anni, ricordo con gioia quella lettera, quella dolcissima lettera di quel Natale del 45.

Quella splendida lettera d’amore.

Note dell’autore: Questa è una storia vera, la storia di mia madre

SANDRO MASCIA.


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