L'orologio a pendola del salone grande suonò il rintocco ..... delle sette del mattino.
Donna Leo chiama la shudra e la costringe a palesare le sue ferite. "Chi ti ha fatto questo?" Le chiede con terrore, capendo che quel tipo di ferite fanno sospettare ad una violenza che lei conosce bene. La schiava abbassa lo sguardo mentre dai suoi occhi cala una lacrima trattenuta a metà nella strozza.
Non parla ma un sospetto ombreggia il pensiero di donna Leo, ma non vuole pensarci non vuole credere che il suo Angelo possa aver fatto una violenza simile.
Non vuole forzare oltre la schiava e l'accomiata con una carezza sulla testa. Donna Leo ha capito, vuole fuggire da se quel sospetto, ma ha capito che per il figlio inizia un periodo nero. Chiede immediatamente l'aiuto della ragazza inglese mandandola a cercare il Baba. Deve fare qualcosa, non può lasciare suo figlio in balia di quei pensieri neri.
Il Baba gli conferma i suoi sospetti e conviene con lei che la ragazza inglese potrebbe avere un forte ascendente su di lui. Donna Leo aveva capito che lei era la parte mancante di lui, e in accordo con il Baba, decide di chiedere un suo intervento per portare il ragazzo alla ragione.
Viene anche allontanata momentaneamente la shudra, mandata presso ad un amica di donna Leo e scambiata con la sua schiava. Informa la ragazza inglese e ne chiede l'aiuto, confidadole il suo passato. La ragazza, dopo un primo momento di forte smarrimento, la ragazza chiese a Donna Leo un po’ di tempo per raccogliere le idee e riflettere. Sì, doveva riflettere, benché la sua natura istintuale la inducesse spesso a lanciarsi in imprese impossibili, il forte ascendente dell’educazione anglosassone che aveva ricevuto, la inducevano a non fare il passo più lungo della gamba.
Aveva sempre mal sopportato l’etichetta di quell’educazione così eccessivamente attenta alle formalità, agli scandali, al ben pensare, alla vita in società, che trovava così priva di significato, e che si addiceva forse a ciò che lei rappresentava fisicamente, ma che si scontrava in maniera furibonda con la parte più profonda di se stessa. L’estetismo posticcio che l’aveva sempre circondata durante la sua permanenza in Inghilterra, era per lei l’esempio della decadenza del paese che le aveva dato i natali.
Per questo era partita al seguito del padre, dopo frequenti e contenuti scontri con la madre, che non aveva mai capito che, dietro quella delicata e inquietante fisicità, si nascondeva un’anima vulcanica, in contrasto con se stessa, dove selvagge pulsioni ingaggiavano bellicosi scontri con i dogmi bigotti dell’epoca.
Lei aveva chiesto a Donna Leo di ritirarsi, così, si era avviata verso casa, passando prima dall’ambulatorio, per controllare che tutto fosse a posto, poi arrivata a casa, aveva salutato il padre e finalmente, salita nelle proprie stanze, aveva sciolto i suoi capelli rosso scuro. Che senso di liberazione! Scosse la testa, e i capelli scesero in onde morbide sulle sue eburnee spalle. Indossò la sua camicetta di seta color avorio, si liberò della insopportabile guepiere che le impediva di respirare e che la faceva sentire in una gabbia…..ma perché non poteva indossare un più comodo ed fruibile sari? Respirò profondamente fino a far scendere l’ossigeno nella parte più profonda del suo corpo, dove avvertiva un tumulto, una stretta e un calore che arrivava a farle pulsare le tempie.
Scese nelle scuderie, dette libera licenza allo stalliere, preparò il suo rosso e inquieto destriero, inquieto e semi selvaggio come lei, dono del padre, temuto dalla madre.
Spiccò un agile salto in sella e si avviò a riflettere al piccolo galoppo: pensò .......