29 aprile 1916, Pàdraig Pearse, poeta e rivoluzionario, stila il seguente comunicato:
"Allo scopo di impedire l'ulteriore massacro dei cittadini di Dublino, e nella speranza di salvare la vita dei nostri seguaci, oramai circondati ed in disperata inferiorità numerica, i membri del Governo Provvisorio acconsentono ad una resa incondizionata, ed i comandanti dei vari distretti della città daranno ordine ai loro comandi di deporre le armi."
Era la fine della Rivolta di Pasqua, il momento più importante nella lotta per l'indipendenza irlandese, dalla ribellione del 1798. La rivolta aveva lasciato interi quartieri della città decimati, causando migliaia di vittime. Era anche stata, in modo inequivocabile, uno spettacolare fallimento dal punto di vista militare. Nondimeno, era stata la scintilla che aveva acceso la miccia della guerra d'indipendenza che, entro cinque anni, avrebbe portato il governo inglese ad un tavolo negoziale per discutere i termini dell'indipendenza irlandese.
Cinque giorni prima della dichiarazione di resa di Pearse, tre organizzazioni rivoluzionarie, riunite nella Fratellanza Repubblicana Irlandese ( Irish Republican Brotherhood ), avevano messo a punto il piano della rivolta. C'è da dire, che i leader sapevano, fin dall'inizio che il piano era destinato al fallimento. La Fratellanza aveva fatto un accordo segreto con la Germania, per cui si aspettava un carico di armi e munizioni, con cui dare inizio alla rivolta. La nave tedesca, però, era stata intercettata dalla Royal Navy, ed affondata. Ciò nonostante, il consiglio militare della Fratellanza prese la decisione di non annullare la rivolta, nella speranza che, pur male equipaggiati, la loro azione avrebbe scatenato una sollevazione di massa tra la popolazione.
A mezzogiorno del Lunedì di Pasqua, gli Irish Volunteers di Pàdraig Pearse, l'Irish Citizen Army di James Connolly ed il "Cumann na mBan" (in inglese, Irishwomen’s Council, un'organizzazione paramilitare di donne) di Kathleen Lane-O’Kelley, in tutto circa 1.200 fra uomini e donne, marciarono per le strade di Dublino. Malamente armati e del tutto impreparati a quello che stava per accadere, i ribelli si divisero in più unità e presero posizione nei punti chiave della città. Il General Post Office, sulla O'Connell Street, fu la prima posizione di cui presero possesso: doveva servire da quartier generale. Qui, venne innalzata la bandiera irlandese, e Pearse lesse la Proclamazione della Repubblica davanti ad una piccola folla di curiosi.
Nel giro di pochi minuti, anche le altre unità entrarono in azione. Il 1° Battaglione di Ned Daly prese d'assalto le Four Courts, altro punto di riferimento centrale e simbolo della giustizia inglese in Irlanda, il 2° battaglione, sotto il comando di Thomas MacDonagh, prese possesso della Fabbrica di Biscotti di Jacob, appena a sud del castello di Dublino, mentre, nel frattempo, Éamon de Valera, col suo 3° battaglione, occupava il Mulino di Boland, che si affacciava sul porto. Un certo numero di altre postazioni venivano fortificate. Per il resto della prima giornata, le forze britanniche, impreparate, dovettero ripiegare.
Un successo di breve durata, però. Pearse e i suoi compagni rimasero costernati nello scoprire che la loro azione, lungi dal suscitare un'insurrezione di massa, aveva loro alienato l'appoggio di gran parte della popolazione. Cominciarono a girare racconti di come persone comuni erano rimaste uccise a causa del fuoco incrociato e di come i ribelli avessero deliberatamente sparato sui civili che non obbedivano ai loro ordini.
Il giorno seguente venne dichiarata la legge marziale, e venne chiamato il generale di brigata William Lowe, il quale, invece di avvalersi della guarnigione di Dublino, chiamò, come rinforzo, l'artiglieria pesante. Per la fine della settimana, c'erano più di sedicimila soldati britannici in città! L'artiglieria era stata appostata in due locazioni, e una nave da guerra pattugliava il fiume Liffey. I ribelli videro ben poco combattimento: vennero semplicemente circondati e bombardati a distanza, senza pietà. O'Connell Street, le Four Courts, Mill Boland e la fabbrica di biscotti di Jacob, e le aree intorno ad esse, vennero ridotte in macerie. Vennero bombardati con l'artiglieria anche altri quartieri, via via che al comando britannico arrivavano voci di attività dei ribelli in altre zone.
Quando i cannoni tacquero, le truppe britanniche presero d'assalto le posizioni oramai indebolite. I combattimenti si fecero feroci, e ci furono vittime da entrambi i lati. Avvennero anche rappresaglie, da parte degli inglesi, per le perdite subite. Francis Sheehy-Skeffington, un attivista irlandese pacifista, venne fucilato per aver cercato di mediare fra un gruppo di ribelli e le forze assedianti. Quindici civili, in North King Street, vennero trucidati come rappresaglia per un agguato, teso dai ribelli, in cui erano morti undici militari inglesi.
Furono episodi come questi, a trasformare un disastro militare in quella che sarebbe diventata una vittoria per il movimento irredentista.
Intanto, si era diffusa la voce del comunicato di resa di Pearse, e i ribelli cominciavano a deporre le armi e ad arrendersi. Solo il battaglione decimato di De Valera, dapprima rifiutò di ammettere la sconfitta, ma una nuova salva di artiglieria lo condusse a più miti consigli.
Gran parte della città era in rovina, o in fiamme, o entrambe le cose. La rabbia della popolazione che, all'inizio, si era diretta contro i ribelli, cominciò a ritorcersi contro gli inglesi, quando divenne evidente la portata della distruzione, e quando le notizie dei massacri cominciarono a diffondersi. Ma fu quello che avvenne dopo a mettere fine al dominio inglese.
Erano trascorsi 3 giorni da quando era stato sparato l'ultimo colpo. Erano state arrestate più di 3.500 persone, molte delle quali avevano ben poco a che fare con la rivolta, anche se erano coinvolte nella politica o nei sindacati. Ben novanta vennero identificati come "leader dei ribelli", ed un Tribunale Militare segreto riunitosi il 2 di Maggio li condannò a morte. Il 3 di Maggio le esecuzioni ebbero inizio.
I primi furono i 7 firmatari della Proclamazione della Repubblica. Vennero fucilati nel cortile della prigione di Kilmainham. Fra loro, James Connolly, che era stato ferito gravemente durante i combattimenti, e dovette essere legato ad una sedia di fronte al plotone di esecuzione.
Entro il 12 maggio, quindici, delle 90 esecuzioni, erano avvenute e lo sdegno popolare irlandese continuava a crescere. Quando si seppe in che modo era avvenuta l'esecuzione di Connolly - che era un leader del movimento operaio - scoppiarono tumulti di piazza. L'ultima cosa che volevano le autorità inglesi, che dopo pochi giorni che avevano sconfitto una rivolta ne scoppiasse un'altra. Così, il resto delle esecuzioni vennero annullate (compresa quella di de Valera, che avrebbe giocato un ruolo centrale nella politica irlandese del mezzo secolo seguente). Ma ormai il danno era fatto!