E poi c’è quel momento in cui il silenzio vale davvero più di mille parole, perché la tristezza entra dentro di te come una malattia e ti accompagna in ogni secondo. Le considerazioni sulla vita e il suo senso si nutrono delle esibizioni sporadiche, improvvise ma certe della morte. E ad un tratto ti sembra che tutto quello che possiedi, che hai, che desideri, non sia altro che uno sciocco orpello per rendere più gradevole l’attesa della fine. Senza senso, forse, come tutto.
“Da qualche parte le tue tracce restano
Ed è il tuo viso che cerco in ogni strada”
È questo il punto. Sarebbe davvero rincuorante sapere in quale parte dell’universo le tue tracce restino. Forse restano nelle lacrime di chi ti piange, nei ricordi di chi non potrà vivere più con te. A volte penso che restino in una parte remotissima e infinitesima del nostro cervello in decomposizione: un angolino pulsante e ancora attivo, dove risiedono tutti i nostri desideri, aspriazioni e sogni o semplicemente la lista delle cose da fare per il giorno dopo che non avremmo mai saputo di non poter vivere. E poi questi desideri, dopo alcuni anni, diventano fiore, insetto, terra, erba, latte. E in un qualche modo avranno un senso.