La violenza sui bambini nella moderna letteratura poliziesca.
Ritorno su un argomento che mi sta a cuore e di cui ho accennato in altro blog, riprendendone in parte alcuni spunti che ritengo validi: la violenza sui bambini nella moderna letteratura poliziesca. Uno degli argomenti più delicati e terribili della nostra vita sta diventando una moda. Basta scorrere i titoli delle pubblicazioni, leggere più libri possibile e guardare le copertine dei suddetti libri.
Una marea, una montagna di storie dove per dritto o per traverso vengono infilati, spesso a forza, bambini (termine che indica sia maschi che femmine) che subiscono violenze di tutti i tipi, compresa quella sessuale, da individui esterni o, addirittura, da qualcuno all’interno della famiglia. I mostri sono il padre, la madre, il nonno e più ancora lo zio che si aggira, ignobile, tra i meandri della vita dei piccoli.
D’accordo, ma la realtà è questa e può benissimo essere trasferita sulle pagine di un libro. Lo so, accidenti se lo so!
Bambini, dicevo, che non solo aumentano la loro presenza nei titoli e all’interno delle pagine, ma anche sulle copertine. Di spalle lungo una strada deserta, di fronte nel bosco o dietro un albero del bosco stesso, in un campo di grano, dietro un libro, visti da lontano o da vicino con le loro facce pulite, intere o spezzate, gli sguardi tristi, gli occhioni (in terribile aumento) disarmati e disarmanti.
E se non ci sono in carne e ossa ci sono gli oggetti a ricordarcelo: uno zaino, una bambola, un vestito, una bicicletta, una sciarpa, delle piccole scarpine. O la figura imponente e minacciosa di un adulto.
D’accordo, ma la realtà è questa e può benissimo essere trasferita sulle pagine di un libro. Lo so, accidenti se lo so!
Storie di creature vive abusate e maltrattate, di creature che spariscono nei gorghi della violenza o di creature morte le cui manine scheletriche escono fuori dal terreno (ormai lugubre ritornello) ad evocare una tragica esistenza. E la tortura e il terrore alimentano, da grandi, tortura e terrore negli altri. A volte il miracolo. Come quel poliziotto drogato, ex bambino abusato che cerca di salvare bambine vittime di abusi sessuali. Un dono del Cielo. Più spesso, come già detto, l’orrendo ciclo che si ripete. O un ritirarsi dalla vita terrena per un abbraccio con l’Eterno (chi non ricorda suor Claudia di Ad occhi chiusi?).
D’accordo, ma la realtà è questa e può benissimo essere trasferita sulle pagine di un libro. Lo so, accidenti se lo so!
Eppure tutta questa ripetitività, tutta questa esposizione di innocenza stuprata, di vetrina dell’ignobile, di frattaglia giallistica buttata sul bancone del lettore, talvolta senza alcuna cura, mi pare diventata proprio una moda. Una triste, meschina, ignobile moda.
[Fabio e Jonathan Lotti]