di Rina Brundu.Una modesta proposta: per evitare che i figli degli Irlandesi poveri siano un peso per i loro genitori o per il Paese, e per renderli un beneficio per la comunità (A modest proposal: for preventing the children of poor people in Ireland from being a burden to their parents or Country, and for making them beneficial to the Public) è il celeberrimo pamphlet satirico del 1729 con il quale il grande autore irlandese Jonathan Swift puntava il dito contro il drammatico status-quo socio-economico di una piccola ma gloriosa nazione che proprio in quegli anni imboccava un lungo tunnel depressivo senza uscita. Dopo tre annate di raccolti scarsi, causa il determinato rifiuto dei contadini autoctoni di fare qualsiasi miglioria sui loro terreni (le quali migliorie avrebbero inevitabilmente portato seco un aumento dei balzelli e delle tasse affittuarie dovute ai proprietari inglesi), la carestia incombeva. Incombeva sul destino di milioni di irlandesi cattolici che in alternativa allo spettro della fame avevano solamente lo spettro dell’emigrazione. E il peggio naturalmente doveva ancora arrivare! Il peggio, infatti, sarebbe arrivato nel 1845, quando, in piena era vittoriana, l’isola Smeralda subì un tracollo economico epocale noto come La Grande Carestia (An Gorta Mor) che ne avrebbe segnato il destino. Per sempre!
Dietro lo sfascio economico c’erano naturalmente secoli di abusi, di segregazione religiosa, di cattiva gestione del territorio e della sua gente, delle sue più elementari necessità, da parte di una classe dirigente di matrice anglossassone e protestante vorace ed incapace. Da parte di una classe dirigente che a suo modo si nutriva realmente dei figli dell’Irlanda derelitta, proprio come aveva scritto Swift. Così, a quell’Irlanda “bastarda” non fu sufficiente neppure l’occhio benevolo della grande regina Vittoria, la quale, mentre impegnata a regnare su un impero e a crearsi intorno un’aura di falso puritanesimo (a quanto sembra occorreva coprire finanche le gambe dei tavolini per evitare di cadere in tentazione!), non disdegnava di versare qualche obolo per la causa, pardon per la piaga-irlandese. La verità recità dunque che in un modo o nell’altro gli irlandesi non hanno mai smesso di soffrire le “bizze” dei loro potenti vicini di casa e a voglia gli incontri riconconciliativi di questi tempi moderni.
L’ultima “vittima” dell’infinito “conflitto” é per certi versi “straordinaria”. A leggere le notizie di queste ore, ad avere avuto la peggio nel confronto a distanza con la classe dirigente (i.e. i vecchi proprietari terrieri di swiftiana memoria) del Paese-dei-tabloid-scandalistici, sarebbe stato il direttore del giornale irlandese Irish Daily Star, licenziato dal suo editore per avere pubblicato, nei giorni scorsi, le foto della futura regina d’Inghilterra Kate Middleton in topless. O meglio, quelle stesse foto già apparse sulla testata francese “Closer” (per inciso, anche in Francia il giudice ha condannato il giornale a “restituire” gli originali al “palazzo”), e successivamente pubblicate da “Chi” in Italia. È vergognoso, a mio avviso, che ancora nel 2012, il sacrosanto diritto alla libertà di Stampa debba chinare il capo e finire calpestato davanti a questo o a quel potentato di turno. Nobile o non nobile che sia: difficile, infatti, fotografare le gambe dei tavolini vittoriani quando coperti da chilometri di pesanti pizzi e tediosi merletti! Ed è ancor più vergognoso che non si sia sentita una qualsiasi presa di posizione importante rispetto ad una situazione gravemente censoria, quale è stata ed è quella del caso-tette-middleton. Ovvero, uno status-quo che oltre a deprimere la nostra capacità intellettuale di elementi raziocinanti, di spiriti liberi, deprime soprattutto la dignità del corpo della donna. La sua bellezza. Il suo valore intrinseco. Un valore di cui, a dispetto del messaggio lanciato in alte sfere, non ci si dovrebbe vergognare.
In compenso però si fanno notare pagine e paginoni scritti a posta per deridere le altre culture e le altre religioni, come quella islamica, colpevoli di salvaguardare i loro valori e i loro credo in ogni modo. Mala tempora currunt, sed peiora parantur. Nel dubbio e nell’attesa di poter godere delle nuove perle che senza dubbio alcuno saprà offrirci nel tempo a venire il falso puritanesimo post-digitale di ritorno made-in-victorian-and-current-england, alla maniera di Swift, e impossibilitata a fare altro, non mi resta che concludere con una mia modesta proposta a tutte le donne di buona volontà (generazione “Se non ora quando…”?): per evitare che le nostre tette (non regali) nuociano anch’esse alla libertà di Stampa, tagliamocele!
Featured image, tette censurate. Fonte foto originale Wikipedia.