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Una Mostra o un Festival?

Da Trentinowine

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A fine settembre Trento ospiterà la prima edizione del Festival del Vino trentino. Naturale evoluzione, si legge in uno dei tanti comunicati stampa che stanno girando in questi giorni, dell’evento Autunno Trentino, manifestazione che quindi andrà in soffitta. Bene: centrare il tema di un evento enogastronomico sulla parola vino, non può che far bene alle bottiglie trentine. Da quello che si capisce, tuttavia, questo evento, almeno per quest’anno, è destinato a soppiantare anche la storica Mostra dei Vini del Trentino, che per decenni si è svolta a fine primavera. Ma che quest’anno è saltata. Indiscrezioni di corridoio, ci dicono che la scelta di Consorzio Vini e di Palazzo Roccabruna sia quella di affidare al Festival curato dalla Strada del Vino e dei Sapori del Trentino, la surrogazione della Mostra. E qui, secondo me, va già meno bene. Non voglio polemizzare prima del tempo e resto in attesa della conferenza stampa di domani. Tuttavia un paio di cose mi sento di dirle. E un paio di cose mi sento di suggerirle.
Se le parole vogliono ancora dire qualcosa, si capisce che la parola Festival sottende a qualcosa di differente rispetto alla parola Mostra. Mentre la prima allude ad uno spettacolo, con tutte le regole dello spettacolo di natura nazional – popolare pur con tutte le sfumature del caso, la seconda, al contrario, allude ad un occasione di conoscenza e di approfondimento culturale, di dibattito e di analisi. Nel caso del vino di analisi e di dibattito, per esempio, sull’ultima annata, sulle prospettive di una determinata metodologia, di una determinata varietà e/o di una determinata denominazione. Il festival ha come obiettivo quello di far divertire gli spettatori/visitatori e magari anche di farli mangiare e bere. La mostra ha come orizzonte l’analisi e l’accertamento dello stato di salute dell’oggetto in esposizione/degustazione (in questo caso il vino). Mescolare le due cose, fingere che tutto si possa riassumere dentro un grande contenitore festivaliero, secondo me è un errore culturale e strategico ancora prima che un errore pratico e di marketing.


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