Era tardi e mi sono avviato all’ultimo minuto a prendere dal “bengalese” una bottiglia di pompelmo per la serata. Dovevo andare di fretta al Bottèllon Veneto. Invece tutto iniziò molto più tardi.
C’era gente per strada, tanta gente ammassata e una luce soffocante ci guidava verso Prato della Valle come un faro guida; erano le macchine degli sbirri che il vociare confuso della gente e il calore inusuale per la stagione facevano come rimbalzare ancor di più agli occhi. Tutta l’aria era colma di festeggiamenti e la gente sembrava felice di andarsi ad ammassare caoticamente su un pezzetto d’erba: c’era chi non proferiva parola, chi già era sbronzo e chi invece si sentiva come a casa, con i propri amici, come se non si fosse mai mosso da lì da quando era nato.
Vivo da quasi due anni in questa piccola città e la gente è sempre la stessa: incasinata, innamorata, spregevole. Sarebbe stata l’ennesima ubriacatura senza senso della settimana e invece, guarda te, ho trovato proprio i miei amici d’infanzia, chi non volevo rivedere, e chi invece ho conosciuto solo dopo qualche sorso di bibita.
C’è chi ha gioito degli bagliori dell’alba e chi sconsolato o senza sensi se ne è tornato a casa prima che venisse giorno.L’amarezza di tutte quelle facce che non si scambiano nemmeno un saluto in quella bolgia notturna, mi ricorda tanto tutte quelle biciclette ammassate in via Umberto I e che ora sono ricoperte di piscio e di fango.