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Una nuova ipotesi per gli elettroni di Van Allen

Creato il 02 dicembre 2013 da Media Inaf

Secondo una nuova ricerca, in fase di pubblicazione su Physical Review Letters, gli elettroni presenti negli strati esterni delle fasce di Van Allen sarebbero accelerati a velocità relativistiche da strutture mai osservate prima: doppi strati di plasma che appaiono e scompaiono nella seconda fascia

di Matteo De Giuli 02/12/2013 17:36 Riproduzione artistica delle fasce di Van Allen. CREDIT: NASA/Van Allen Probes/Goddard Space Flight Center

Riproduzione artistica delle fasce di Van Allen. CREDIT: NASA/Van Allen Probes/Goddard Space Flight Center

Era il 1958, l’alba dell’esplorazione umana dello spazio, quando il satellite Explorer 1 registrò le prime prove dell’esistenza delle fasce di Van Allen, le enormi ciambelle di particelle cariche che circondano la Terra, trattenute attorno al nostro pianeta dal campo magnetico terrestre.

A più cinquant’anni da allora le conosciamo molto meglio, ma molti aspetti della natura delle fasce rimangono ancora oggi poco chiari. Talmente poco chiari che, secondo un nuovo studio, all’interno del plasma delle fasce ci sono delle strutture – di cui fino a ieri non sospettavamo l’esistenza – alla base di processi che in effetti non ci sappiamo ancora spiegare.

Partiamo dalle cose note: le fasce di Van Allen sono due, anche se è da poco stata osservata una terza fascia a struttura variabile. La prima ciambella, quella più interna, è costituita da un plasma stabile di elettroni e ioni positivi ad alta energia. La seconda ciambella contiene invece elettroni accelerati a velocità relativistiche, velocità cioè vicine a quella della luce. L’esistenza di queste particelle nelle fasce di Van Allen è nota da tempo, ma l’origine della loro accelerazione è ancora dibattuta. Fino a qualche mese fa si credeva che gli elettroni relativistici potessero provenire da una popolazione di particelle ad alta energia esterna alle fasce. Analizzando però i dati delle sonde gemelle Van Allen Radiation Belt Storm Probes della NASA, uno studio pubblicato lo scorso luglio su Science ha mostrato che ad accelerare gli elettroni è un meccanismo interno alle fasce: gli elettroni diventerebbero quindi relativistici “in loco”. Scoperto questo, il mistero è diventato capire quale sia questo meccanismo di accelerazione interna.

Ora una nuova ricerca, diretta da Forrest Mozer, fisico dell’Università di Berkeley, tenta di dare una prima ipotesi del processo fisico alla base dell’accelerazione degli elettroni relativistici. Mozer e colleghi, studiando anche in questo caso i dati raccolti dalle sonde di Van Allen della NASA, sostengono di aver rintracciato la presenza di alcune particolari strutture “a doppio strato” che compaiono e scompaiono nel plasma all’interno della seconda fascia.

Ciascuna di queste strutture è costituita da una coppia di strati paralleli di plasma con carica opposta posizionata lungo le linee di campo magnetico. Secondo il nuovo studio le sonde di Van Allen avrebbero registrato l’apparizione di circa 7000 “doppi strati” nel plasma in un solo minuto, ogni coppia della durata di qualche secondo. Doppi strati di questo tipo possono generare forti campi elettrici e, secondo Mozer e colleghi, la combinazione dei campi elettrici creati da un numero così alto di doppi strati sarebbe abbastanza potente da accelerare gli elettroni a velocità relativistiche.

La ricerca è in fase di pubblicazione su Physical Review Letters. Le Radiation Belt Storm Probes non cercavano strutture di questo tipo e i “doppi strati” sono stati scoperti quasi per caso. Per saperne di più bisognerà quindi aspettare tra gli otto e i dieci mesi, quando le sonde torneranno a raccogliere dati nelle zone di queste prime rilevazioni.

Fonte: Media INAF | Scritto da Matteo De Giuli



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