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Una nuova luce sulla nascita della cellula eucariotica

Da Naturamatematica @naturmatematica
ResearchBlogging.org Circa 1 miliardo e mezzo di anni fa nasceva la cellula eucariotica. La cellula eucariotica ha rappresentato un notevole balzo in avanti rispetto alla cellula procariotica, ossia dei batteri, perché la compartimentazione interna della cellula, grazie ad un sistema di organelli ciascuno delimitato da almeno una membrana, ha consentito ad essa di ripartire le proprie funzioni biologiche in maniera più netta e sviluppata, raggiungendo nel tempo la complessità della stragrande maggioranza di organismi che vivono oggi. Com'è nata però la cellula eucariotica?

Una nuova luce sulla nascita della cellula eucariotica

Teoria dell'endosimbiosi

3 miliardi e mezzo di anni fa esistevano già sulla Terra i primi batteri, e ancora oggi, nella loro semplicità, sono gli organismi più diffusi sul pianeta. E' però a partire da essi che si è potuta affermare la cellula eucariotica, e una delle principali novità è stata rappresentata dalla comparsa di mitocondri e, nelle sole cellule vegetali, cloroplasti. Guarda caso, le dimensioni di mitocondri e cloroplasti delle attuali cellule eucariotiche sono paragonabili a quelle di un batterio e, per di più, contengono del DNA (vai a questo link se vuoi sapere di più sul DNA plastidiale): la teoria attualmente più accreditata si chiama infatti teoria dell'endosimbiosi, e prevede che la nascita di mitocondri e cloroplasti sia avvenuta tramite un "incorporamento" di alcuni batteri, da parte di precursori batteri eterotrofi, portando così all'instaurazione di una simbiosi mutualistica, in cui i batteri ospiti avrebbero offerto protezione ai batteri inglobati, che in cambio avrebbero offerto un valido supporto perfezionando il processo di respirazione cellulare diventando i futuri mitocondri e, per le cellule eucariotiche vegetali, il processo di fotosintesi clorofilliana diventando i futuri cloroplasti. 

Una nuova luce sulla nascita della cellula eucariotica

Midichloria mitochondrii ed il suo genoma

Focalizziamo però adesso l'attenzione soltanto sui mitocondri, che sono il comune denominatore di tutti gli eucarioti, d'importanza senz'altro maggiore dei cloroplasti: come avrebbe fatto un batterio, che non è in grado di compiere fagocitosi, ad inglobare un altro batterio? Una tra le ipotesi fino a poco tempo fa più accreditate riteneva che il batterio ospite (il futuro eucariote) avrebbe fagocitato un batterio immobile, che sarebbe poi divenuto il futuro mitocondrio. 

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Ixodes ricinus

La vera novità, scoperta di recente con uno studio targato Italia, Spagna ed Australia e pubblicato sulla rivista Molecular Biology and Evolution, ha rovesciato questo punto di vista. Il più probabile candidato alla "mitocondrialità" appartiene alla specie Midichloria mitochondrii, così chiamata perché è l'unica finora scoperta ad avere la peculiarità di insediarsi all'interno dei mitocondri di cellule di un animale, Ixodes ricinus, anche noto come zecca dei boschi, in particolare nelle cellule delle ovaie delle femmine, dove instaura una simbiosi di tipo mutualistico. Midichloria mitochondrii, in tutte le osservazioni al microscopio elettronico effettuate finora, non ha mai mostrato la presenza di un flagello, la qual cosa aveva consolidato l'ipotesi di un antenato immobile del mitocondrio, inglobato dal futuro eucariote. Un'analisi genetica di Midichloria mitochondrii ha invece evidenziato la chiara ed inattesa presenza di 26 geni, con tutta l'informazione necessaria per poter costruire un flagello funzionale. Non si sa ancora se questi geni possano entrare in azione in un determinato momento del ciclo biologico del batterio o se siano soltanto un residuo genetico del passato. Ciò però suggerisce che il batterio che sarebbe diventato mitocondrio probabilmente possedeva un flagello, e la sua capacità di compiere spostamenti avrebbe favorito l'insediamento all'interno del batterio ospite, incapace di compiere fagocitosi. 
Una nuova luce sulla nascita della cellula eucariotica
Lo scenario pertanto cambia, spostandosi verso l'ipotesi di un'iniziale parassitismo, che però dev'essersi evoluto in una simbiosi mutualistica. E' infatti un'altra importante scoperta di questo studio a rendere plausibile quest'ipotesi: Midichloria mitochondrii possiede 3 geni che codificano per il complesso proteico citocromo ossidasi cbb3, capace di produrre energia con basse concentrazioni di ossigeno. E la presenza di un batterio del genere all'interno di un procariote vivente in un ambiente povero di ossigeno, potrebbe aver rappresentato la molla che ha fatto scattare la simbiosi mutualistica evolutasi poi verso la nascita di un nuovo tipo di cellula. 
Sassera, D., Lo, N., Epis, S., D'Auria, G., Montagna, M., Comandatore, F., Horner, D., Pereto, J., Luciano, A., Franciosi, F., Ferri, E., Crotti, E., Bazzocchi, C., Daffonchio, D., Sacchi, L., Moya, A., Latorre, A., & Bandi, C. (2011). Phylogenomic Evidence for the Presence of a Flagellum and cbb3 Oxidase in the Free-Living Mitochondrial Ancestor Molecular Biology and Evolution, 28 (12), 3285-3296 DOI: 10.1093/molbev/msr159

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