Un team di ricercatori delle università di Manchester e Nottingham ha elaborato una nuova stima delle masse dei neutrini combinando i risultati del telescopio Planck e le misure del fenomeno di lente gravitazionale.
di Matteo De GiuliEffetto di lensing gravitazionale nel cluster di galassie Abell 2218 Crediti: NASA/ERO Team
I neutrini sono proprio piccoli / non hanno carica e nemmeno massa / e non interagiscono per niente, recitava la poesia Cosmic Gall (Sfacciataggine cosmica) che lo scrittore americano John Updike dedicò a queste sfuggenti particelle subatomiche più di cinquant’anni fa.
Dal 1960, quando i versi di Updike apparvero per la prima volta sulle pagine del New Yorker, abbiamo scoperto che i neutrini sono se possibile ancora più “sfacciati” di quanto credessimo all’epoca. Non solo sono rimasti infatti difficili da rilevare ed estremamente veloci, ma nel frattempo abbiamo capito anche, per esempio, che possono cambiare la loro “struttura quantistica” al passare del tempo e che, proprio per questo, nonostante tutto una qualche massa ce l’hanno. Ma quale sia di preciso questa massa è ancora molto difficile da dire.
In uno studio appena pubblicato su Physical Review Letters, un team di ricercatori delle università di Manchester e Nottingham ha proposto una nuova stima per la massa dei neutrini ottenuta combinando i risultati del satellite Planck con le misure di curvatura dello spazio-tempo dei fenomeni di lente gravitazionale.
Oggi sappiamo che a seconda dei numeri quantici (ovvero del loro sapore) possiamo avere tre tipi diversi di neutrini. Ma della loro massa sappiamo dare fondamentalmente solo delle stime approssimative e porre dei limiti inferiori e superiori riguardanti la somma delle masse dei tre possibili stati in cui un neutrino si può manifestare. Questi numeri li ricaviamo dalla teoria e dai risultati di alcuni esperimenti.
Le recenti osservazioni della radiazione cosmica di fondo (cosmic microwave radiation, CMB) della sonda Planck avevano evidenziato una discrepanza tra i risultati cosmologici ottenuti e le previsioni ricavate da altri tipi di osservazioni. Alcuni problemi nascevano infatti con le strutture su larga scala dell’Universo, come la distribuzione delle galassie. ”Riusciamo a osservare un minor numero di ammassi di galassie di quanto ci si aspetterebbe dai risultati di Planck, e c’è un segnale più debole dovuto al lensing gravitazionale delle galassie rispetto a quello che suggerirebbe la CMB”, spiega il professor Richard Battye dell’Università di Manchester illustrando il suo lavoro.
La quadratura del cerchio tra le “incongruenze cosmologiche” e la nuova misura della massa dei neutrini si ha proprio a questo punto. “Un possibile modo per risolvere questa discrepanza sta nella massa dei neutrini. L’effetto di questi neutrini massivi sarebbe quello di sopprimere la crescita di strutture dense che portano alla formazione di ammassi”, spiega Battye.
Nel loro paper, Battye e il co-autore Adam Moss dell’Università di Nottingham hanno concluso così che le attuali discrepanze tra teoria e osservazioni potrebbero essere risolte includendo i neutrini massivi nel modello cosmologico standard e fornendo loro una massa totale per i tre sapori di 0.320 ± 0.081 eV. Secondo Moss, “se questo risultato verrà confermato da ulteriori analisi, non solo aggiungerebbe elementi significativi alla nostra comprensione del mondo sub-atomico studiato dai fisici delle particelle , ma sarebbe anche un’importante estensione al modello standard della cosmologia sviluppato negli ultimi dieci anni”.
Fonte: Media INAF | Scritto da Matteo De Giuli