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Ricordo che il mio avvicinamento al mondo della politica è avvenuto con Walter Veltroni, il simbolo della mia adolescenza e dei miei anni liceali, non solo perché era il sindaco di una città che io amavo tantissimo, grazie a Fellini, alla Magnani, a Scola, a Monicelli e tutti i giganti del cinema italiano, ma soprattutto perché quella pseudo imitazione di Obama e del suo Partito Democratico a me sembrava una cosa bella, a 17/18 anni. Se aggiungiamo inoltre che su di me aleggiava uno sfrenato sentimento antiberlusconiano e che di politica ci capivo poco e niente, la mia iniziazione alla vita civile di questo paese è avvenuta con il PD e con Veltroni, e di questo non me pento, che sia chiaro. Non posso rinnegare la mia adolescenza e il mio presente.Quando cadde per la seconda volta il governo Prodi ero prossima ai 18 anni(e non avevo ben capito cos’era successo) e quando ci chiamarono alle urne li avevo da poco compiuti; spaesata, e anche un po’ menefreghista, andai a votare lo stesso giorno in cui ritornai dalla gita dell’ultimo anno a Barcellona(mi perdonerete se quindi le mie necessità e la mia testa erano altrove), con mio padre che, dopo avermi rapito all’Aeroporto, mi porto a votare per la prima volta, inveendo contro una sinistra inconcludente e irresponsabile, che però lui votava da quasi 40 anni. Come ogni cittadino medio il mio interesse era più per la forma che per il contenuto, per il modo in cui le parole venivano proferite, per i gesti e gli ammiccamenti. Il pullman di Walter, quel Si può fare, chiara imitazione del Yes We Can di Obama, quel parlare a noi giovani e questo magnifico spot, l’unico elemento spettacolare della sinistra italiana in grado di competere con il Meno male che Silvio c’è che ormai cantiamo tutti. Fu più tardi che scoprì Guzzanti e la sua imitazione, della quale mi innamorai. Chiaramente anche di Guzzanti.Lo votai. Ero ancora convinta che il diritto al voto fosse una cosa talmente bella da appartenere a tutti, senza nessuna distinzione, a parte ovviamente la maggiore età. Che tutto il popolo doveva parlare e mettersi in gioco. Fortunatamente i miei 20 anni, il mio informarmi e appassionarmi a determinati professionisti del settore, il mio scegliere di fare della mia abilità critica il mio lavoro, il mio voler scrivere, mi fecero capire che alcuni, piuttosto che mandati a votare, andrebbero cancellati dalla vita civile di questo paese, perché educarli sarebbe un’impresa impossibile. Capì che il suffragio universale è la più grande stronzata che sia stata mai anche solo pensata, soprattutto nel nostro paese. Ma chi l’ha pensata, sapeva dove andare a parare.Abbiamo perso. La vittoria di Silvio mi stupì(come ero ingenua!), perché non avevo ancora capito che Berlusconi è l’unico statista che l’Italia può permettersi. È sempre stato bravo, non ne ha mai sbagliata una, è amato e ben voluto, anche se tutti dite che non è vero, ha un carisma da fare schifo, quando parla chiunque lo ascolta e sta sempre lì. Vince anche quando sta zitto, e nessuno riesce a fare a mano di lui. Neanche la sinistra. Quando decide di scegliere in campo il popolo lo segue. Allora come fare a dire che non è perfetto?!
Ritornando a noi, la sconfitta di Walter fu un po’ una tragedia. Era facile diventare qualunquista e disfattista, ma fortunatamente per me non lo sono mai stata, neanche adesso. Continuo a pensare che quelli bravi e competenti esistono, anzi li vedo, ma la realtà è effettivamente più complicata, e non perché in questo paese il talento non sia valorizzato, come dite tutti, ma perché fare politica e molto di più che stilare programmi politici, ovviamente mai letti dal paese reale.Quanti votanti del Movimento 5 stelle e del Pdl conoscono i loro programmi politici, e quanti invece sanno a memoria i discorsi di Grillo e Berlusconi? Fatevi due conti e poi avvisatemi.Non scrivo questo per difendere il signor Bersani, che in questo momento è chiaramente indifendibile, nonostante pensi ancora che sia stato tritato e distrutto dal suo stesso partito, e nemmeno per difendere il mio voto, andato ovviamente a lui; ho accettato di aver perso, così come ho perso 5 anni fa, solo che adesso il dolore è più forte.Non voglio difendere un uomo che, insieme a innumerevoli complici, ci ha riconsegnato a Berlusconi e al Movimento 5 stelle, non voglio difendere il suo non voler mai essere populista e demagogo(infatti quando parlava non lo capiva nessuno), il suo difendere un concetto politico vecchio e obsoleto, ma non voglio nemmeno crocifiggerlo, come in questi giorni sta accadendo. Ho sbagliato a credere che i suoi limiti potessero essere superati o ho sbagliato a credere che fosse in grado di contrastare i suoi avversari, mi riferisco a quelli interni al partito. Che fosse capace di ricompattare quello che da anni è frammentato. La sua uscita di scena era l’unica mossa possibile. Bersani non ha perso il giorno in cui ha abbandonato il paese, che in fondo non mai stato con lui, ha perso il giorno in cui non ha voluto sfidare i suoi avversari con le loro stesse armi, il che non vuol dire necessariamente sporcarsi, ma avere una strategia, che in campo politico è fondamentale.Ingenuamente continuo a credere nella sua onestà e nel suo mettersi in gioco, ma trovo il suo allontanamento necessario, non perché sia giusto salvaguardare una pecora bianca in mezzo a 100 nere, perché quando fallisci devi andare a casa, come hanno fatto altri.Continuo a pensare che le colpe vanno però spalmate. Michele Serra ne L’Amaca di oggi continua a dire cose sacrosante: «importa moltissimo capire che aver votato Pd nelle seguenti condizioni, non significa aver speso il proprio voto per una sinistra possibile(mediocre, ma possibile), come credono da molti anni milioni di elettori riformisti come me. Significa aver dato il voto a una sinistra impossibile. Sel è stato molto più leale con Bersani, e con il Pd, del Pd stesso».Ecco perché quando vedo che altrove il proprio leader, che ha chiaramente caratteriste diverse da quelle di Bersani, va coccolato e salvaguardato, si appropiano di me la tristezza e la nostalgia di un’adolescenza in cui, non avendo le idee chiare e non riuscendo a capire, con spensieratezza seguivo Walter, non comprendendo che i problemi di oggi erano già presenti ieri. Erano il nucleo di quel nuovo partito.
Nonostante spero ancora che le parole possano un giorno diventare per un me un lavoro serio, mi rendo conto che in giro c’è sempre chi è più bravo di me, tipo questo signore:
«Credo che la sofferenza di oggi possa insegnare qualcosa alla sinistra: per esempio, che non si vive di sole tattiche, la sinistra non può farlo. Che non si può passar sopra i principi, non sono trattabili. Che con Berlusconi non si fanno riforme né accordi. Che le ambiguità del passato si pagano tutte. Berlusconi, la destra, possono fare quello che vogliono, possono sfondare il muro della decenza e della costituzionalità e restano in piedi lo stesso. Ma se la sinistra non è limpida, unita, sinceramente agganciata a dei principi di igiene politica che tutti riconoscono, allora la sinistra paga e duramente. Non ha alternative all'essere “brava”, sincera, unita, pulita. Aggiungerei generosa. È come se la storia la richiamasse senza sconti al rispetto della sua natura, della sua vocazione. Quel fronte ideale che Grillo si impegna a rivendicare per sé e per la sua formazione esiste già: sta nella base della sinistra»
Francesco Guccini
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