Una Parigi sfaccettata e ironica è quella che esce dalle numerose litografie che compongono la bella mostra dell’Ara Pacis di Roma dedicata al nobile Henri de Toulouse-Lautrec, considerato il più famoso maestro di manifesti e stampe tra il XIX e XX secolo.
Donnine eleganti o ballerine, attori famosi e signori amanti del buon vivere e che affollano le vie del quartiere latino, le tavole dei caffè-concerto o dei cabaret. Un’umanità varia e già multietnica è individuata dalla matita dell’artista. Il piccolo genio trionfa sulla malattia che lo aveva reso diverso, ma perfettamente integrato in una società che lo apprezza e lo ammira.
La città francese, durante La Belle Époque, è tutto un fiorire di rappresentazioni teatrali, balletti, spettacoli, oltre che libri, riviste, bollettini, opuscoli: tutti palcoscenici perfetti per esaltare l’ingegno fortemente satirico e puntualmente realistico del giovane artista. Montmartre è il suo regno. Ballerine, come La Goulue o Jane Avril, sono sue amiche o forse di più. Muse e modelle di una forma femminile che cambia, ma che rappresenta comunque vari aspetti della moda del tempo. Una figura morbida e burrosa o efebica e quasi maschile come quella della Avril, conquistano più tipi di pubblico.
Lautrec non amava il paesaggio che riteneva solo un contenitore della figura umana; essa, infatti, rappresenta il tema principale della sua ricerca. Centinaia di soggetti sono immortalati dalla sua penna tramite un linguaggio immediatamente godibile. La leggerezza e l’immediatezza di tratto senza ripensamenti, com’è quella di un grande disegnatore, gli consentono di affrontare ogni argomento. Il suo modo di definire i volti e i corpi con linee fluide e scattanti a volte modulate, sia nei disegni in bianco e nero che nelle litografie o cromolitografie a più colori piatti e campiti, rendono più che mai caratteristico e inconfondibile il suo stile. Indimenticabili i suoi famosi manifesti tra cui quello del cantautore e cabarettista francese Aristide Bruant, ritratto col cappello a larghe tese e l’inconfondibile sciarpa rossa.
Presenti le opere dei primi anni, in cui era allievo del maestro René Princeteau, fino a quelle legate a Montmartre con Léon Bonnat e Fernand Cormon, o quelle create insieme al gruppo Artistes Incohérents, non dimenticando le esperienze di Seurat, Gauguin e Van Gogh.
Sono circa 170 le opere provenienti dal Museo di Belle Arti di Budapest, esposte al Museo dell’Ara Pacis a Roma. La mostra, è curata da Zsuzsa Gonda e Kata Bodor, è promossa e prodotta da Roma Capitale – Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali e Arthemisia Group e organizzata con Zètema Progetto Cultura.
Fino all’8 maggio 2016.
Alessandra Cesselon