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Una passeggiata nella zona rossa.

Creato il 21 febbraio 2014 da Pinocchio Non C'è Più

zona rossa

Allora, ho deciso di raccogliere la sfida che mi ha lanciato la mia amica Vetrocolato nel suo commento sul mio ultimo post, quello dei bravi ragazzi e degli stronzi. Perciò, cara Vetro, presta attenzione, perchè dubito che la cosa si ripeterà.

Innanzi tutto, giusto per mettere le mani avanti, sono consapevole che questo pezzo non sarà facile per me, di solito parlo in seconda, terza, quarta, milionesima persona, è una forma di distacco, ma soprattutto di protezione (o di vigliaccheria, fate un pò voi) e i pochi articoli che parlano di me trattano solo argomenti “scazzoni”, si, perché non è facile  mettermi a nudo, e la prova costume è lì a dimostrarlo, essere in gioco completamente. Però mi piacciono le sfide, provare ogni tanto a mettere un piede oltre il confine, nella zona rossa.
Si lo so, devo piantarla con questa paraventata e andare al sodo, ma era un modo subdolo per prendere tempo, però oh, mica è facile aprire quella porta, che oltretutto assomiglia moltissimo a quella de “il sesto senso”.

Lo ammetto, a costo di passare per immodesto, la prima impressione che le persone hanno di me è quella del classico “bravo ragazzo”. Detta così può sembrare una fortuna, e forse in certi casi lo è, mi aiuta sicuramente nel lavoro ad esempio, in molti altri casi credetemi, è una condanna. Si, perchè la gente si aspetta sempre che faccia cose positive, che sia senza macchia, che sia migliore. Bè, notiziona: non sono così. Mi sforzo di esserlo per non deluderli, ma di solito fallisco malamente, e dovreste vedere le facce che fanno quando scoprono la verità. Non se ne fanno una ragione, difficilmente riescono ad accettare il fatto di aver preso una cantonata. I più si allontanano.
Si perchè è molto più semplice legarsi all’idea che ci siamo fatti di qualcuno piuttosto che prendersi la briga di conoscerlo veramente, e lo capisco. Il rischio di scoprire cose che non ci piacciono è altissimo e soprattutto, molto probabile.

Durante uno di quegli inutili corsi di formazione fu detta da un relatore pagato fior di quattrini per farti sentire un inetto, fu detta dicevo, una frase che mi colpì particolarmente: nei primi trenta secondi si forma nella testa della persona che sta di fronte a te  un’idea sul tuo modo di essere, ci vogliono minimo tre anni perchè questa idea possa cambiare.
Voi però siete fortunati, con questo post vi accorcerò i tempi di gran lunga. Andrò a rimestare nel torbido, mi sporcherò le mani e porterò alla luce un po’ di scheletri guardandoli per una volta dritto nelle orbite, e, forse, mandarli definitivamente a fanculo.

E allora fanculo a tutte le volte che non mi sono ribellato a mio padre, perchè io non sono come lui, cazzo, no, io sono io e basta, a tutte le volte che non ho saputo resistere alle tentazioni, sentendomi una merda per il dolore causato alle persone che mi stavano vicino, fanculo a tutte le volte che non ho interrotto il percorso di una canna e l’ho fatta girare, fanculo a quando ho tradito la musica per seguire una qualche utopia, che di solito indossava un paio di calze a rete, per tutte le volte che ho lucidato un sogno senza avere le palle di crederci fino in fondo. , a tutte le volte in cui ho scelto la via più facile, alle volte in cui ho mentito per pararmi il culo, a tutte le volte in cui ho lasciato che decidessero per me.  Fanculo a tutte le maledette volte che mi guardo allo specchio e non riesco a sostenere lo sguardo

La verità è che non riesco a tirarmi via dalla periferia in cui sto, e non sto parlando in senso geografico, è la periferia delle emozioni, dei progetti irrisolti, di coloro che scaldano i motori ma rimangono fermi dentro l’hangar, per quelli come me che ogni giorno è quello buono e invece invecchiano con i rinvii, che hanno un ruvido bisogno di far parte di qualcosa, che sperano di riuscire a sciogliere quei nodi che fanno un male dell’anima, che vivono in apnea sul trampolino senza tuffarsi mai, che portano dentro di loro dolce curaro e amaro miele, nella speranza di durare oltre quest’attimo.

Questo è il mio lato buio, il mio lavoro nero, è un po’ il mio male di me.

Bene, Vetro, ho fatto del mio meglio, pero ora è il massimo che riesco a dare parlando di me, non lo so se ho vinto la mia sfida, ci ho provato, e questo è già qualcosa.



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