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UNA PECCATRICE - di Giovanni Verga

Creato il 04 giugno 2013 da Ilibri
UNA PECCATRICE - di Giovanni Verga UNA PECCATRICE - di Giovanni Verga

Titolo: Una peccatrice
Autore: Giovanni Verga
Anno: 1866

Un testo secondario rispetto ai romanzi veristi che seguiranno, ma già forte dell'impersonalità e dell'approccio oggettivo alla realtà che sarà proprio de I Malavoglia e del Mastro Don Gesualdo.

La vicenda ricostruita grazie al contributo di uno dei personaggi a cui i protagonisti di questa storia  hanno confidato i loro turbamenti e passioni, è centrale. La storia si narra da sé ed il lettore ne è lo spettatore inerme: il giovane Pietro Brusio e la contessa Narcisa Valderi, moglie del Conte di Prato, sono gli artefici e al contempo le vittime del loro destino d'amore.

Si tratta di due giovani alle prese con un sentimento confuso e mutevole, vinti dalla passione lacerante dell'amore romantico ed ideale che toglie il sonno e, spesso, il senno.

Pietro Brusio trascorre le sue notti  ad ammirare delirante la sua irraggiungibile amata sotto i veroni della casa di lei, fino a struggersi e distruggersi per il sentimento non corrisposto. Il giovane troverà tuttavia proprio nell'amata la forza e l'ispirazione  creativa che lo condurranno verso la rinascita e il successo: la scrittura della sofferta opera teatrale "Gilberto" gli porterà fortuna oltre all'ammirazione del mondo aristocratico da cui, fino a quel momento, era rimasto escluso. Quello stesso mondo in cui ritroverà l'amata Narcisa la quale, dopo aver a stento riconosciuto nell'artista il folle che trascorreva le notti insonni sotto la sua finestra, si innamorerà di lui e abbandonerà il marito. "Quest'uomo io l'amo...poiché la sua celebrità è opera mia!...opera di cui posso andare superba!...Partite per la guerra, signore, a farvi uccidere per me o a ritornare generale d'armata, e allora...ma allora soltanto...forse...io vi amerò come sento che amo in questo momento quell'uomo!".

Il tripudio della passione che ne seguirà si concluderà in pochi mesi di delirante poesia, per lasciare a Narcisa le sole ceneri dell'amore di Pietro. Il lento ma progressivo allontanamento del giovane sarà per la donna l'inizio della distruzione e la sua inevitabile fine, a cui seguirà per Pietro il fallimento dei propri sogni di gloria e il ritorno alla mediocrità di una vita a cui aveva cercato invano di fuggire.

"Quello che io piango, Narcisa, è l'amore che ho provato e non posso più trovare...[...] Io avrei paura, rimanendoti più a lungo vicino, che la stanchezza dell'animo non vincesse anche il desiderio ineffabile che ho di questo amore".

Il Verga di queste pagine è per me un ritorno al passato, ai giorni della scuola in cui I Malavoglia, le novelle e il verismo erano oggetto di studio, mentre meno spazio era dato alla produzione giovanile dello scrittore catanese dall'animo ancora tardoromantico.

Una peccatrice, romanzo del periodo fiorentino che precede, per composizione, quelli veristi, ci regala tuttavia una scrittura già matura e consapevole e in essa è già presente il germe della moderna mitologia dei "vinti".

Nello sviluppo stesso della storia d'amore, sofferta sin dalle prime pagine, è evidente al lettore il suo tragico destino: la passione bruciante e accecante di Pietro per Narcisa non potrà che portare alla fine impietosa dei suoi protagonisti.

Nessun lieto fine quindi, ma non poteva essere diversamente. La bellezza del romanzo non sta nello scontato e banale coronamento del sogno, ma nel convulso e pieno scorrere dei sentimenti che si alternano e si inseguono in un gioco esasperato e disperato di grande fascino e incanto.

Cosa c'è di più reale di una passione che si spegne, di un amore che finisce, di un'illusione che si arena? E' proprio la fedeltà al reale a rendere questa storia moderna più di tanta letteratura d'evasione amorosa dei nostri giorni. Certo altri tempi e altro sentire, ma l'innegabile intensità di queste pagine sono un esempio di bravura e di alta letteratura di cui si è perso purtroppo il ricordo.

  

 

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