Una personale recherche.

Creato il 05 aprile 2014 da Vilipendio
Mentre tu ti dimenavi in chissà quali non-esistenze, io a 17 anni già ero preda di vari problemi.
Uno di questi, non il più grande ma con una sua urgenza, era: Ma come si fa a comporre?
Infatti io a 17 anni andavo e non andavo al II anno del liceo classico, e studiavo e non studiavo per il V di clarinetto. Ma soprattutto prendevo delle zioni di Armonia, presto diventate lezioni di Composizione. Apprendevo le regole dei bassi di armonia, dello sviluppo di una melodia in 8 – 16 – 32 battute armonizzate, e altre cose più o meno meccaniche. Ma mi chiedevo: Come si fa a comporre?
Dovevo chiederlo soprattutto a Lessandro, il 30N che mi impartiva queste lezioni. Che fissa, un altro Alessandro ce l'aveva messa tutta per disamorarmi dallo studio del pianoforte, dalla III elementare. Riuscendoci anche parecchio bene.
Invece questo Alessandro mi dava lezioni nella sua stanza, su un pianoforte verticale. Quando cancellava i segni di matita con la gomma, gettava colla mano i pezzettini per terra. Il mio secondo pensiero era: Ma poi rimarranno lì, puliranno fra chissà quanto, e nel frattempo finiranno sotto i mobili, verranno calpestati, e fra qualche secolo il tuo pavimento sarà un intruglio di pezzettini di gomma microbi polvere e insetti che attenteranno alla tua salute.
Ma il primo restava: Come si fa a comporre?
Glielo chiesi una volta che abbiamo finito la lezione un po' prima. Allora mi ha detto “Vieni, ti faccio vedere una cosa”. Quindi ci alziamo e attraversiamo la camera, e camminando su quel pavimento ne sentivi ondeggiamenti abbastanza clamorosi. Abitava a via Ripetta nell'attico di un palazzo antico. Insomma; attraversiamo casa, andiamo in terrazzo e lui inizia a prire la porta di una casetta piccolissima, appoggiata in un punto di quel terrazzo.
Entriamo. È incredibile quante tastiere e macchine piene di cavi possano ricoprire le pareti di una casetta tanto piccolissima. C'era anche un computer, nel 1988. Un Atari 1040.
Io non ci credo, non ci credo, a tutto quel nero con dentro i tasti bianchi, e in mezzo altri neri. A tutti quei cavi di tutti i colori. Non credo all'utilità di averne tanti set, di quei tasti neri e bianchi. Se tutti quei do centrali è all'unisono con tutti gli altri, a che pro averne tanti esemplari? Esistono forse stensioni di note finora sconosciute alle mie recchie? Poi li accende, e da ognuno di quei synth escono suoni diversi. Alcuni sono proprio fantastici. Rimango a bocca perta. Lui mi spiega che in quella casetta compone i pezzi che suona col suo gruppo. Li arrangiano e li registrano lì. La sua voce mi arriva da lontano, mentre io registro le mie sorprese. Poi mi riporta nella camera, e mi fa sentire Trilogy degli Emerson, Lake & Palmer, e io fra due anni chiederò al mio bassista, il Cavaliere, possessore di centinaja e centinaja di schi, di farmi delle cassette degli EL&P e di qualsiasi altra cosa ll'altezza, e lui me ne porta 3 con su Trilogy, un live dei Deep Purple (quello con la migliore versione di Lazy mai uscita), Selling England by the pound dei Genesis e In the court of the Crimson king, che io contesterò in quanto mai sentiti, ma che poi mi soggiogherà con la successione dei suoi Uomi schizzoidy che nel 21 sec. chiacchierano al vento.
Ma questa è un altra storia, e di raccontartela desso non mi frega niente. Quindi basta con le tue domande im-pertinenti. Io elaboro e laboro. Keith Emerson trae da un iverso silenzioso le note del suo piano. Greg Lake ci poggia su la voce in cristalli. E mentre Trilogy è tutte le pareti che mi circondano, penso che anch'io voglio tirar fuori le note dai silenzi. Soprattutto dai miei.
Quindi emetto le prime parole, da vari minuti. “Ma tu; come fai, a comporre?”
La risposta di Alessandro non è una risposta. Sono sorrisi da dietro gli occhiali. “Non c'è un modo preciso”. Parole sparse. Anche se pare strano, non c'è un metodo. Provi, e poi forse ne trovi uno tuo. Non è che quella melodia in 8 – 16 – 32 battute diventa flessibile a piacere. Niente algoritmi in cui ti siedi e applichi regole per farti venire cose in mente, e svilupparle nel modo giusto.

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Passano gli anni, e invece ne trovo vari.
Voglio rivelarmeli, a me e a lui. Caricando un pezzo, e la cronaca della sua realizzazione.
Dicendo a entrambi come per esempio si poteva fare.

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