God save the Presidents! E' questo il grido che bisognerebbe scandire all'unisono e con forza liberatoria, ripensando all'Italia che era fino a due mesi fa e osservando come ora i giganti della normalità e del buonsenso, Napolitano e Monti, provano tenacemente a rivoluzionarla. Ciò che la nostrana politichetta nazional-popolare non è riuscita ad ottenere in lustri e lustri di rigoroso "tirare a campare", ora quei due lo invocano e lo promuovono con allegra naturalezza. Anche se non sempre riescono a scardinare le resistenze di chi proprio non vuole rassegnarsi a piegare i particolarismi al bene comune.
E in effetti tanto tuonò che piovve. A furia di agitare lo spauracchio dell'usurpazione, la casta ce l'ha fatta a prendersi la sua estemporanea rivincita sull'ingombrante élite piazzata al governo da un "megacomplotto delle plutocrazie internazionali", facendoci ripiombare nel peggior incubo berlusconiano con la fugace riedizione del tristissimo copione appena rimosso dalla vicenda patria a furor di popolo e di spread.
Eppure tutto procedeva nel segno dei migliori auspici: Minzolini scacciato a pedate dalla poltronissima del Tg1, le fantomatiche pulsioni separatiste della Lega private di un'indebita e a lungo tollerata dignità istituzionale, gli evasori fiscali finalmente inseguiti dalla vindice gogna di un rinsavito Stato, per non parlare dei più beceri populismi della trapassata repubblica ridotti ai margini del dibattito politico e dell'azione civile. E aggiungiamoci pure il crollo negli ascolti di trasmissioni televisive come il Grande Fratello, che negli anni addietro rappresentavano un must perfino per chi nutriva aspirazioni di assurgere a ruoli pubblici di primissimo piano.
Potevamo davvero confidare nell'en plein e illuderci che il ceto politico, sull'onda del nuovo corso tutto responsabilità condivise e sacrifici equamente ripartiti, mutasse repentinamente pelle? Troppa grazia. L'infida serpe, almeno per un giorno, ha invece di nuovo sequestrato il parlamento tenendolo occupato non in noiosissime discussioni su come far uscire il Paese dalla crisi bensì nella tracotante difesa del proprio affiliato Cosentino. E proprio nel mentre che i rispettabilissimi soloni dell'alta corte sancivano che quel milioneduecentodiecimilaquattrocentosei valorosi cittadini, che la scorsa estate si erano affannati nella rivendicazione dal basso di un sistema elettorale effettivamente democratico, avrebbero fatto meglio a fare i bagagli e a portare la famiglia al mare.
Siamo messi male, non c'è che dire. Ma una cosa è certa: senza l'ostinata voglia di dare un taglio netto a certe consunte abitudini che da mesi dilaga nella parte migliore della società, quella che soffre ma non perde la capacità di indignarsi, e senza il coraggio di fare finalmente "pessimo viso a cattivo gioco" mostrato dalla sobria e affiatata coppia Napolitano-Monti, saremmo già sprofondati nel baratro e oggi suoneremmo la lira e balleremmo il sirtaki in compagnia dei cugini greci, rammentando i fasti dei tempi andati nell'olimpo dell'autocommiserazione.
E' per questa ragione che non bisogna demordere e occorre anzi perseverare nella lotta, magari rinunciando all'insensato berciare in stile Di Pietro (che dimostra sempre di più di non voler sopravvivere all'odiato berlusconismo, di cui è in parte imbevuto) contro i simboli solenni della Costituzione. Perchè stavolta l'orda infame dei peggiori, fuori e dentro il Palazzo, può realmente perdere la guerra, anche se di tanto in tanto piazzerà ancora qualche colpo di coda.
Fidiamoci dunque dei due nostri degnissimi Presidenti, assai apprezzati nel mondo e talvolta mal sopportati in patria, e continuiamo nel contempo a presidiare le piazze reali e virtuali dell'imperfetta democrazia italiana. Perchè il cambiamento è già cominciato e chi si ostina a sottovalutarne la forza, per miseri opportunismi che poco o nulla hanno a che vedere con le sorti della comunità nazionale, è condannato a farsi travolgere.