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Vivere a Pierino, questo blog, non ha mai voluto avere la pretesa di affrontare i temi, gli argomenti, gli eventi che raccoglie e narra, con gli schemi della pubblicistica giornalistica, né tanto meno con la prosopopea della critica.
Se mai ho avuto, e forse ho davvero, una pretesa, è quella di provare a tracciare un diario del mondo che vivo, che ho la fortuna di vivere, grazie ad amici, relazioni, ma soprattutto voglia di vedere e fare. Così mi provo a raccontare, a volte con più dettaglio, altre volte forse con un po' troppa superficialità, più che altro in relazione al tempo che ho da dedicare ogni sera a questa finestra sul mondo, tutta una serie di eventi che mi capita, o mi è possibile, attraversare.
Stasera sono stato a Castelfiorentino, al Teatro del Popolo, per vedere Rocco Papaleo in "una piccola impresa meridionale", sotto la regia di Valter Lupo, accompagnato da una piccola orchestra-impresa composta da Arturo Valiante che suona il piano, Francesco Accardo che suona la chitarra, Jerry Accardo alle percussioni, e Guerrino Rondolone che suona il contrabbasso.
L'amica Vania Pucci presenta lo spettacolo, marcando sul nome del teatro che dirige, "teatro del popolo", e questo coinvolge Rocco in un prologo sull'importanza di andare a teatro.
Il palco è collegato alla platea con una scaletta, dalla quale scende e sale più volte, per intessere un dialogo tra lui, la sua orchestra ed il pubblico fatto di canzoni che si alternano alla presentazione di se stesso, della sua impresa, dei suoi colleghi-compagni di viaggio.
Una presentazione che non è altro che un lungo, coordinato, racconto di vite, che si intrecciano tra storie buffe, alcune probabilmente romantiche, ma che poi si scoprono appartenere a semplici diari di vita quotidiana.
Tra le recensioni leggo che si tratta di un esperimento di teatro-canzone, come un diario che raccoglie pensieri di giorni differenti, per dare il un senso al ritmo senza soluzione di continuità tra canzoni e narrazione.
Tanto che a volte non si capisce bene dove finisce la canzone ed inizia la narrazione, il racconto dell'aneddoto, e della storia personale di uno dei soci dell'impresa.
Non è che qualsiasi diario di bordo è capace di racchiudere una vita intera, ma di certo, ascoltandolo, sempre trovi cose che ti appartengono.
Ed io, ascoltando il racconto della prima volta, consumata nella tenda in un campeggio, con dentro più gente di quella che avrebbe dovuto contenere, di gemiti nel silenzio della notte, mi sono ritrovato a ridere, con la stessa intensità, del racconto esilarante di Rocco, ma anche dei miei ricordi.
Ad un certo punto dello spettacolo, durante quello che poteva essere considerato come un intervallo, il momento in cui Arturo Vialante è rimasto solo, a suonare, sulla scena, mi sono reso conto che tra questo spettacolo e il film di Rocco Papaleo, che porta lo stesso titolo, c'è ben poco in comune.
Perché a rendere meridionale la piccola impresa, il quintetto che non è un sestetto perché sono solo in cinque, che alla fine suona come una banda di paese, rivisitando con sonorità jazz e blues anche le note di una fanfara che suona il giorno della festa del patrono, ci pensa l’anagrafe, solo quella, dei suoi soci-componenti.
Non c'è nulla dei personaggi, né tanto meno della trama che si svolge all'interno del filmico faro.
Ci si accorge che è un concerto che ha i tempi della commedia, e gioca sulle sorprese, e sul coinvolgimento del pubblico, con tanto di scenetta costruita con qualcuno del pubblico preso a caso.
Lo spettacolo scorre divertente, pieno di sorprese, fino ad un ballo collettivo che coinvolge tutto il teatro, chiamato in piedi a fare la mossa del pinguino.
A fine spettacolo Rocco scende in platea e si presta a qualche foto.
Conversiamo qualche minuto. Gli chiedo se la scena dei briganti in "Basilicata coast to coast" è stata girata vicino a Pisticci, in una delle gallerie della ferrovia abbandonata. Mi spiega di no...
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