“Un libro è al tempo stesso medico e medicina. Formula una diagnosi ed è terapia. Associo il libro giusto a un determinato dolore: è così che vendo i libri”.
La scrittrice e giornalista di origini tedesche Nina George, classe 1973, ci regala un romanzo struggente, perfetto per le anime romantiche. “Una piccola libreria a Parigi” (Sperling & Kupfer, 2014) parla della perdita dell’amore, che può essere paralizzante, e che richiede tempo per elaborare il “lutto”; ma al tempo stesso tratta anche di vita, di buon cibo, di balli sensuali e di libri che curano l’anima.
In queste pagine c’è tutto il fascino dei paesaggi parigini e della Provenza, coi suoi tramonti di fuoco e il mare dalle mille sfumature d’azzurro. Ma soprattutto, c’è la gente, disposta, ciascuno a modo proprio, a dare e ricevere affetto, a cogliere la vita nella sua essenza, non disdegnando tutto quello che parrebbe “immorale” per essere felici.
C’è il cinquantenne libraio, Jean Perdu, e la sua libreria galleggiante, ormeggiata sulla Senna. Mr Perdu vende libri come fossero medicine, non a caso considera il suo negozio una “farmacia letteraria”, convinto che esista un libro adatto a curare ogni male.
Una storia scritta apposta per ciascuno di noi, che ci aspetta. Peccato che egli non abbia ancora trovato il “suo” libro, quello che potrebbe alleviargli il dolore per la perdita di Manon, la sua amata, che arrivata a Parigi dalla Provenza, lo aveva lasciato ventun anni prima, con una lettera che lui non ha mai avuto il coraggio di aprire. E poi c’è Catherine, la bella signora, abbandonata dal marito fedifrago, e lasciata sul lastrico, in quel palazzo dove anche il libraio vive, al civico 27 di Rue Montagnard, che Jean sente di dover aiutare.
Sotto gli occhi sempre vigili della portinaia, Mme Rosalette, e le bonarie “incursioni” del giovane autore di successo Max Jordan, momentaneamente afflitto dal blocco dello scrittore, il libraio conduce la sua vita incolore. Grazie a Catherine trova il coraggio di leggere la lettera di Manon, e scopre così che lei lo aveva abbandonato, non per mancanza d’amore, bensì perché gravemente malata. In realtà, lo attendeva invano nella sua casa in Provenza. Il senso di colpa di Jean Perdu, per non aver saputo cogliere quella richiesta di aiuto, lo induce a partire, verso la Provenza, alla ricerca di pace e di una nuova felicità. Conoscerà posti e persone che lo aiuteranno a fare luce dentro di sé, e soprattutto a non avere più paura dell’amore.
È una storia tenerissima, quella che ha per protagonista questo affascinante libraio parigino. Un racconto di speranza e, al contempo, un inno alla lettura. Un’ode al libro, quale strumento di conoscenza, panacea contro tutti i mali, e argomento di conversazione.
L’autrice riesce, con il suo linguaggio semplice e a tratti poetico, a creare l’atmosfera di quei paesi che Jean e i suoi amici si troveranno a visitare. Commoventi le pagine del diario di Manon, che Nina George ha “disseminato” nel romanzo, al fine di dare a noi lettori la giusta comprensione di un personaggio tanto complesso e dalle molte sfaccettature. Ma non è la gioia di vivere, è il buon cibo, è un tango sensuale da ballare nudi.
Una forza della natura che nulla si preclude, nemmeno l’amore di due uomini: un marito e un amante. Nonostante questo sia inusuale, e forse anche poco affine ai nostri costumi, quello che prevale sono i sentimenti e il fatto che non vi sia alcuna ipocrisia. Ciascuno cerca la propria condizione per essere felice, che lo porterà a “guarire”, superando quella zona di mezzo, che sta fra il “prima” e il “poi” dell’esistenza.
Significativa la dedica dell’autrice, all’inizio del romanzo: “A coloro che si son persi. E a quelli che ancora li amano”. Forse amare qualcuno significa proprio accettarlo così com’è, nella sua interezza, giungendo a giustificarne anche gli errori e le debolezze.
Written by Cristina Biolcati