Dalla Val di Cornia
E’ il caso dell’impianto a biogas di Suvereto (nella Val di Cornia in provincia di Livorno), uno dei borghi più belli d’Italia, dove vivono oltre 3000 abitanti, noto per le produzioni viti-vinicole ma anche per i boschi di sughero.
Ed è da questo piccolo paese, dove una volta all’anno tutti gli abitanti scendono per strada vestiti da dame e cortigiani, che ha inizio la nostra storia.
Una storia moderna, dove il protagonista è un impianto a biomasse che dovrebbe sfruttare le risorse agricole per dare elettricità alla città. Palcoscenico della storia, il borgo medioevale che, pur non avendo un movimento di cittadini nostalgici delle candele, non vuole questo mostro della tecnologia moderna.
E già perché un impianto di queste dimensioni, pulito e rinnovabile finchè si vuole, ha bisogno di 16 mila tonnellate di combustibile che nulla ha a che fare con la produzione agricola esistente, senza contare l’andirivieni di camion per trasportare il materiale da bruciare nella bocca di fuoco del mostro. Venti camion al giorno su stradine di campagna cariche di materiale agricolo da “biodigestionare” perché il territorio non ne produce in quantità tale da rendere la centrale autosufficiente. Nel progetto poi si parla anche della costruzione di un bacino di raccolta di acque provenienti dal fiume Cornia per irrigare le coltivazioni di mais nel periodo da novembre a marzo e qui, la storia si fa triste. In questa zona l’emergenza idrica è un grosso problema e per mesi spesso non piove (quest’anno da maggio non cade una goccia d’acqua).
“Un progetto del genere è assolutamente incompatibile con la tradizione agricola del luogo, con la nostra cultura, con la nostra tradizione e con la nostra economia”, “Ma soprattutto – dicono gli abitanti di Suvereto – con il nostro futuro”.
Ed ecco che la storia, non è più solo una piccola storia. Si unisce, a doppio filo, alla storia di altre centinaia di impianti simili a cui, dal Nord al Sud dell’Italia, si stanno opponendo altre centinaia e centinaia di cittadini.
Da Suvereto fanno sapere che “a nessuno verrebbe in mente di scegliere il nostro territorio per costruire un impianto del genere a meno che non sia spinto da motivazioni speculative che ben poco c’entrano con lo sviluppo e la sostenibilità”.
Dello stesso avviso quando si parla di impianti a biomassa anche Legambiente, per bocca di Pierangelo Gentili, della segreteria nazionale, fa sapere che: “chiederà con chiarezza alla Regione Tocana di inserire nella realizzazione delle linee guida degli impianti a biomasse, oltre al criterio del rispetto di filiera corta, anche alcuni paletti tassativi e incisivi affinchè il legame tra impianto, territorio e attività agricola sia reale e non fittizio e si ponga come priorità il rispetto delle fertilità dei suoli e l’utilizzo della risorsa idrica nell’intera regione”.
Intanto a Suvereto hanno firmato una petizione, il Comune l’ha accolta e il progetto della società Suvenergy è fermo al palo. Forse un lieto fine sarà l’epilogo della nostra storia o perlomeno un’occasione per ripensare le dimensioni degli impianti alimentati da fonti rinnovabili con buona pace di sostenibilità, rispetto del territorio ed abitanti.