Una questione di calibri

Creato il 26 marzo 2012 da Fabry2010

Pubblicato da mbaldrati su marzo 26, 2012

“lo sconquasso sociale e politico sarà intenso se non si arriverà ad un compromesso: potrebbe cadere il governo Monti, potrebbe sfasciarsi il Partito democratico e la sinistra italiana finirebbe in soffitta, lo “spread” potrebbe tornare a livelli intollerabili con conseguenze nefaste per tutta l’Europa”.

Questo è un passo dell’editoriale di Eugenio Scalfari su Repubblica di ieri, dedicato all’art. 18. Non fanno che ripeterlo, o con Monti o sarà l’apocalisse. E’ una sorta di urlo cavernoso rifratto da migliaia di eco che provengono da tutte le parti: è il Pensiero Unico, veicolato da giornali e televisioni che ha come obiettivo un lavaggio del cervello di massa . Questo governo con le sue scelte è l’unica soluzione possibile, lavora bene, è in linea con le direttive europee, impone sacrifici pesanti ma lo fa per il bene comune, il PD deve appoggiarlo perché non c’è alternativa, al di là di Monti c’è la barbarie. Quando passa il segno, come nel caso dell’art. 18, occorre un “compromesso”: cioè se spara col cannone da 80 millimetri bisogna fare in modo che usi almeno il mitra M15. Chi ha opinioni diverse, chi cerca un’alternativa non trova spazio nelle sedi del Pensiero Unico, è bollato come ingenuo, come relitto del passato, come chi bada unicamente ai propri “interessi di bottega” (Scalfari), oppure è “un estremista” tipo la FIOM (Bonanni). Purtroppo dobbiamo anche abituarci all’estinzione del giornalismo mainstream. La missione non è più informare, fare discutere, ma accusare gli oppositori, metterli in ridicolo senza contraddittorio. A questo proposito è esemplare il programma televisivo In Onda (La7), con Caselli come ospite, dove in un contesto simil-parcondicio (Luca Telese che esalta la sentenza di reintegro dei tre operai FIAT seguito dal vicedirettore del Giornale Nicola Porro che esalta quella della Corte di Cassazione che ha annullato la sentenza di condanna di Marcello dell’Utri) l’intervista a un ragazzo del movimento No-TAV viene definita “paranoica” da Telese con ovvia condivisione di Porro. Questo il metodo, si intervista qualcuno che è in disaccordo radicale (in questo caso con l’azione di Caselli) e lo si qualifica in studio con un epiteto. E’ il nuovo giornalismo, il nuovo stile?

Sulla vicenda dell’art. 18 pubblichiamo il corsivo di Alessandro Robecchi dal manifesto di ieri. Ricordiamo che questo giornale è a rischio chiusura per motivi economici. (MB)

Se vi piacciono i testacoda, se avete una passione per gli autogol e provate ammirazione per l’autolesionismo, le argomentazioni degli smantellatori dell’articolo 18 vi suoneranno divertenti.
Impagabile il professor Monti: fare una legge e dire mentre la si fa “Vigileremo sugli abusi”, significa sapere che ci saranno abusi. E’ come se il chirurgo che opera un paziente dicesse al suo staff: “Mi raccomando, delicatezza poi quando dite ai parenti che è morto.”
Il presidente della Repubblica, da primo sostenitore del governo Monti (più di certi ministri, a dar retta alle cronache), difende a spada tratta la riforma, e nel contempo dice che il problema non è l’art. 18 (stessa osservazione di Scalfari nell’editoriale citato, ndr), ma “il crollo di determinate attività produttive”. Che crollano perché le amministrazioni non pagano le imprese, perché i picciotti ti taglieggiano, perché i politici chiedono le mazzette, perché le sentenze si aspettano per anni. Di leggi su queste cose non se ne vedono, e sull’articolo 18 invece sì. Saranno anche professori, ma non di logica.
Ferruccio De Bortoli sul Corriere rimprovera (proprio a noi del manifesto) “una ripetizione logora di schemi mentali del passato, il tentativo di creare un solco ideologico”. E perché? Perché pensiamo e scriviamo che con una legge che rende facili i licenziamenti gli imprenditori licenzieranno più facilmente. Siamo proprio scemi: pensiamo che con una legge che abolisce le strisce pedonali ci saranno più pedoni investiti. Ma come ci viene in mente! Ideologici, eh. Nel frattempo il Corriere, che è poco ideologico, mette a pagina 53 la sentenza sugli operai FIOM della FIAT di Melfi, reintegrati dalla magistratura, che con la nuova legge sarebbero disoccupati “legali”.
Insomma: cari imprenditori, vi facciamo una legge per licenziare, ma voi, mi raccomando, non usatela troppo, Ci appelliamo al vostro buon cuore. Parafrasando Jessica Rabbit, quello schianto di cartoon: “I padroni non sono cattivi, è che quelli del manifesto li disegnano così.”


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