Finalmente una camera mia. Mia, avete capito?! Se qualcuno osa entrare verrà picchiato barbaramente, cose che Attila nemmeno poteva immaginare. Finalmente avrò una stanza dove potrò skypare a qualunque tono mi aggradi; avrò una camera dove potrò scrivere senza sentire il ticchettio di altri pc. Avrò un armadio dove non dovrò mettere il lucchetto. Cose che fino a una settimana fa mi sembravano ovvie, scontate. Ma dopo l'hostel experience, queste cose hanno acquisito una ricchezza inestimabile. E sapete, per quanto possa piacermi l'avventura, io mi riconosco nella schiera delle regine del comfort, di quelle che se passano una notte in tenda si portano dietro i reumatismi almeno per una ventina di giorni. Sono una di quelle che fare la pipì dietro un cespuglio è una cosa proprio brutta, una cosa che fai perchè hai la vescica che sta imprecando come uno scaricatore di porto. Ma adesso questa storia è finita.
Adesso comincerà un nuovo capitolo in questa diabetica Londra: la ricerca del lavoro. Che per quanto si dica in giro che “a Londra trovi lavoro, subitissimo!”, non è vero. Non è che arrivi in aeroporto e ti rapiscono dicendoti “abbiamo bisogno di te”. E no, cari miei, bisogna stampare una sequoia di curriculum e andare locale per locale, negozio per negozio, di pub in pub. E tra l'altro gli inglesi, anche in questo caso, non si smentiscono: loro sono bastian contrario, e ci piacciono perchè sono così. Ma quando hai passato gli ultimi anni a redigere quell'infinito curriculum europeo, un po' te le fanno girare questi inglesi. Perchè a loro, fondamentalmente, del curriculum europeo non gliene frega un'emerita mazza. Qui a Londra non hanno tempo da perdere, vogliono un tuo riassunto (massimo due pagine perchè altrimenti cominciano le convulsioni da iperlettura) di chi sei, di quello che hai fatto, di cosa vorresti diventare, di quali sono le tue capacità innate. E tutto in una pagina. E se sei uno che ha vissuto mille e più esperienze, beh, cazzi tuoi.
- Vuoi lavorare in una pasticceria?- Beh, sì.- E perchè?- Perchè avrei bisogno di soldi, ma a voi racconterò che è il sogno della mia vita poter lavorare in mezzo a tanta glicemia.-
- Vuoi lavorare in una catena di caffetterie?- Sì!- E perchè?- Perchè sono italiana, e quindi il caffè lo so fare meglio di tutti voi, che lo imbastardite con litri latte, acqua calda e minchiate varie.-
- Vuoi lavorare in un pub?- Ovvio.- E perchè?- Perchè io, nelle vene, non c'ho più il sangue. Vivo di birra e hamburger. Giusto per arrivare a 42 anni (è la mia soglia verso la chiattitudine) con un buon carico di grassi nell'emocromo e uno stomaco gonfio quanto una zampogna.-
- Vuoi lavorare in questo negozio?- Sono qui per questo...- E perchè?- Ti dirò, ero stufa di piegare maglie in Italia, allora ho deciso di attraversare la Manica e piegare le vostre, di maglie.-
Insomma, dovete sempre avere una buona motivazione per cui decidete di andare a lavorare in un posto. Perchè a quanto pare non è contemplata l'idea che uno si sia trasferito qui per imparare l'inglese, per alzare un po' di moneta, e magari per andarsene da un posto che ormai gli stava troppo stretto. Qui devi essere supermotivato. Anche per un lavoro che nel 99,9% dei casi viene svolto perchè l'affitto s'ha da pagà. Quindi è giusto che sappiate che in quel di Londra dovrete sempre aver pronta una buona risposta. L'impreparazione non vi porterà da nessuna parte. E poi vi capiterà che dovrete rispondere a domande anche più particolari, come ad esempio una che ho trovato in una applying form di una nota catena:
- E' mai stato condannato per qualche reato di cui non ha ancora scontato una pena come previsto dai termini di legge del 1974 sulla Riabilitazione da atti criminosi? Se sì, ci riporti i dettagli.- A questo punto, coloro che vogliono davvero quel lavoro si ritroveranno a scrivere che no, il loro più grande reato risale ai sei anni, quando hanno rubato una caramella, e che l'atto criminoso in questione è stato scontato con il giudice più severo. La mamma.Io invece, che alla lettura di certe domande rido, sarei tentata di prendermi gioco di tutto ciò, e scrivere che sì, io sono arrivata qui perchè ho ammazzato il mio vicino e ho nascosto il suo cadavere nel mio congelatore. Ma nessuno lo sa, quindi non ho ancora scontato la mia pena e sono liberissima di rifarmi una vita. Ma so anche che ogni tanto devo pormi dei limiti, anche perchè lo humour inglese non ha nulla a che fare con quello più caciarone di noi del Mediterraneo.
E vuoi vedere che appena entro nella mia nuova camera, privata e con un armadio senza lucchetto, mi arriva la polizia in casa e mi porta dentro. Mi incazzerei assai, non tanto per la storia della galera (che alla fine si risolve. Il cadavere non c'è. Al massimo trovate i polli della nonna nel mio congelatore), quanto perchè mi hanno rovinato quel momento, l'entrata ufficiale nella mia privacy.Immagino già le domande dei poliziotti. Del tipo: - Ma lei lo sa che questo tipo di umorismo non è apprezzato qui? Cosa si impegna a fare per poter vivere pacificamente in questa terra?- Ma guardi...mi impegnerò a non scherzare più sui cadaveri. Però una cosa, potete evitare di insegnare a un italiano come fare un buon caffè?No, perchè sa, da noi è un crimine che merita la pena capitale il fatto di annacquare un buon espresso.
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