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Una recensione a La favola di Lilith e una lettera aperta a GB

Creato il 13 febbraio 2015 da Vivianascarinci
Una recensione a La favola di Lilith e una lettera aperta a GB

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Progetto piuttosto ambizioso e culturalmente pregno quello condiviso dalla poetessa Viviana Scarinci e dal violinista Edo Notarloberti. La Scarinci ha vinto nella sezione Scrivere i Colori del Premio Grinzane Cavour ed ha pubblicato una manciata di testi. Edo è un musicista coinvolto in diversi progetti, come Ashram, Corde Oblique, bellissimo il suo disco solista edito sempre dalla Ark. I due hanno condiviso questa avventura artistica, con l’intento di unire musica e poesia, con uno stile spoken words a tinte neoclassiche, musica da camera se volete. Non è un episodio del tutto isolato, ma desta sempre un certo stupore trovarsi di fronte ad un’opera così complessa, nella sua apparente semplicità. Ai due si aggiunge anche il contributo della pianista Martina Mollo.

Ci sono delle tradizioni, in particolare ebraiche, per cui la prima moglie di Adamo non fu Eva, bensì Lilith, questa, pare, non volle sottomettersi ad Adamo e venne quindi scacciata dall’Eden. Poi in altre tradizioni è stata anche considerata un demone (o tale è divenuta a seguito dell’allontanamento dall’Eden), per diventare più tardi simbolo per la rivoluzione femminista, insomma un personaggio pieno di richiami e riferimenti, tra l’esoterico e la modernità. Onestamente non ho colto in quest’opera dei riferimenti precisi alle tradizioni di cui ho accennato, i versi della Scarinci sono piuttosto ermetici e ricchi di cenni colti, per cui non è facile comprendere appieno il significato:

“Se all’assemblea delle forme
i corpi si dimettono
io il tuo ordito sboccio
fiore di questo dolo”

non manca la suggestione nella forza delle parole, però il senso spesso sfugge. Discorso a parte per le musiche, che sembrano improvvisate sul declamare dei versi, Edo mette in campo esperienza e gusto, dimostrandosi raffinato e passionale al tempo stesso. Viviana declama i suoi versi con trasporto, anche se a volte la sua voce appare distaccata e quasi asettica, con una cadenza poco armonica. Francamente ho faticato ad entrare nel senso del testo, che richiede un’attenzione molto elevata, tale da cannibalizzare le musiche, difficile concentrarsi sulle seconde se si vuole approfondire l’opera poetica.

Per questo il mio giudizio resta sospeso, pur riconoscendo che l’opera possiede un certo fascino. GB (http://www.rock-impressions.com/scarinci1.htm)

 


Caro GB,
sapevo che prima o poi sarebbe successo. Dico che fosse messa in discussione la comprensibilità e la fruibilità di un’opera come “La favola di Lilith” da uno dei due mondi cui il disco si rivolge cioè quello musicale. E le dirò che non vedevo l’ora che questo succedesse. Le confesso che mi ha fatto piacere che non abbia capito e che pure si sia espresso in termini di così pacata condivisione della sua perplessità. Credo che dall’ammissione del suo ‘limite’ nel capire lei abbia compreso Lilith molto più di altri. Quando parla ad esempio di word spoken, genere in cui inserisce anche il disco. Mi sono occupata per un periodo di word spoken: quel tipo di poesia parlata entro la musica, che si inserisce in qualche modo in generi diversissimi a seconda delle aree geografiche in cui nasce, dalla tradizione orale africana e giamaicana al freestyle, al rap, l’hip hop, il Rhythm&Blues, il jazz, il funk. Lo so che non sta bene autocitarsi ma è il modo più semplice per spiegarle qui quanto questo fenomeno abbia influenzato anche la nostra scelta di far vivere la poesia di Lilith attraverso lo straordinario talento improvvisativo di Edo Notarloberti invece che lasciandola al silenzio della carta “La spoken word poetry mantiene la sonorità intimista del racconto individuale pur facendosi parola immediata del sentire espresso nell’ambito di una comunità in ascolto” (1) Cioè un ponte tra un sentire intimista che la musica veicola a partire dal luogo da cui quel parlato poetico è emerso fino a raggiungere chi si pone all’ascolto. E non importa quanto lontano si trovi. La musica, come la poesia del resto, talvolta schiude un margine inaspettato che rende improvvisamente esigua ogni tipo di distanza data dall’incomprensione. Viene da sé che rispetto alla necessità di compattezza semantica del testo quella stessa musica assuma il ruolo asservito e affabulatorio che alla poesia manca per essere intesa come un racconto, sebbene privo di forme e segni ma tuttavia pregno delle dinamiche del proprio statuto. Vede GB, non so quanto questa operazione sia riuscita ma le posso dire che dal mio punto di vista, portare un prodotto discografico come “La favola di Lilith” dal fondo librario di poesia di Morlupo dove è nata, passando per la registrazione napoletana del disco fino al Wave treffen di Lipsia, già costituisce un miracolo di per sé che tuttavia si è laicamente verificato perché in Italia esistono etichette discografiche indipendenti come Ark Records che sentono ancora la necessità di realizzare un’opera musicale condividendone consapevolmente l’intento artistico con chi l’ha pensata. L’abbraccio GB, e grazie anche da parte di Edo. vs


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