Una riflessione attorno alle “Pillole di sapere” di Dino Licci
1 dicembre 2014 di Vincenzo D'Aurelio
L’avvento dell’Età Moderna segna la nascita di una nuova forma di pensiero. È sua caratteristica, a differenza della riflessione medievale, quella di affidare il ragionamento a uno schema di regole logiche che diano certezza dei risultati e, al contempo, non lasciano spazio alla speculazione filosofica che, per quanto profonda, contiene sempre un certo grado di indeterminatezza. Sono di questi anni, ad esempio, l’affermarsi dei numeri arabi che soppianteranno del tutto la numerazione in cifre romane, della contabilità, dell’orologio, dell’abaco al posto della tavola numerica, ecc. In sintesi è un’età in cui la società cerca l’esattezza della “misurazione” in ogni fenomeno della realtà che vive (Metodo scientifico o sperimentale). Da questa cultura proviene il metodo col quale l’uomo si approccia allo studio della realtà ovvero attraverso il ragionamento che deve essere fondato sulla determinatezza dei dati e la rigorosità deduttiva e tutto ciò affinché la dimostrazione possa essere concretamente incontrovertibile. L’osservazione delle entità da spiegare necessitano di concretezza, debbono cioè essere tangibili o manifeste attraverso gli effetti dalle stesse prodotti. L’entità, per la scienza, “è /c’è” ed essa, a sua volta, è preceduta da un’altra che “è” e procede verso un’altra ancora che “sarà”. Nulla è prodotto dal nulla e nulla procede verso nulla: nulla si crea, nulla si distrugge, tutto si trasforma (Legge di conservazione della massa, Lavosier).
Il nostro ragionamento scientifico ha contribuito a comprendere gli innumerevoli aspetti della realtà materiale con la quale l’uomo è costantemente in relazione. La nostra logica, pertanto, è certamente funzionale alla comprensione di questa realtà ma non è detto che la stessa possa essere adeguata a tutto ciò che ancora non conosciamo. Il Bing-Bang che ha sviluppato il nostro Universo, con troppa superficialità potremmo considerarlo, secondo la nostra logica, un caso unico nel suo genere. In tal senso basti pensare che le condizioni ambientali ottimali per lo sviluppo della “vita” sulla Terra non sono, per il semplice calcolo delle probabilità, circoscritte ad essa ma a migliaia di pianeti del nostro Universo. Ma a questo si aggiungerebbe una nuova domanda: esiste una realtà nella quale la “vita”, anche nel senso di energia, abbia avuto un suo principio? Se sì, siamo in grado di comprendere quella “realtà” attraverso il nostro pensiero?
Io ritengo che nella nostra logica ci sia il limite più grande per comprendere ciò che fugge alla comprensione cosiddetta scientifica. Sinché l’evoluzione del nostro raziocinio (Darwin docet!) non metterà in atto una nuova logica, a suo modo scientifica perché anche questa soggetta a regole di determinazione, l’uomo non sarà capace di comprendere altre realtà. Il nostro pensiero, oggi, non può credere all’esistenza di più realtà contemporanee quando, invece, la nostra stessa logica ci impone di credere che il Bing-Bang non sia stato un fatto isolato e, tantomeno, un qualcosa che “c’è stato” senza un precedente.