di Luigi Longo
La riflessione che pongo necessiterebbe di un lungo racconto sull’uso del territorio ( meglio sarebbe spazio) nel conflitto tra Israele e la Palestina, a partire dal 1948 anno di proclamazione formale dello stato di Israele. Mi limito qui a constatare che si tratta di un conflitto tra un aggressore, Israele, che sta malvagiamente ridimensionando un popolo palestinese che cerca di resistere e di difendere legittimamente i residui territori a propria disposizione che non possono più formare una nazione.
La questione avanti posta va vista nei giochi strategici che le potenze mondiali ( soprattutto gli USA) hanno fatto, fanno e continueranno a fare per ottenere l’egemonia dell’area mediorientale, tutto storicamente dato.
La riflessione è: non ci sono più le condizioni territoriali per la creazione di due popoli e due stati. La politica territoriale di Israele, con lo strumento delle colonie e con tutta la sua strumentazione scientifica e tecnica (che non è mai neutrale, è bene ricordarlo), di fatto non permette più di parlare di due stati e di due popoli, ma bensì di uno stato per gli israeliani e di enclave per i palestinesi. Usando un linguaggio lagrassiano direi che storicamente gli agenti sub-dominanti della sfera politica, della sfera religiosa, della sfera militare e della sfera istituzionale-territoriale hanno avuto un ruolo fondamentale nel concentrare il popolo palestinese in enclave e distruggere l’idea stessa di una loro nazione con un territorio, una istituzione, delle risorse, una storia e una cultura propri.
Esiste un popolo israeliano con uno stato, gestito da agenti strategici sub dominanti spietati e insaziabili di potere e di egemonia, che è una pedina fondamentale ( fino a poco tempo fa) degli USA e delle loro strategie mediorientali nella scacchiera del conflitto per l’egemonia mondiale.
Esiste un popolo palestinese rinchiuso in enclave le cui condizioni di vita sono sempre più difficili e al limite della sopravvivenza ( almeno per la maggioranza della popolazione).
Una domanda ora sorge spontanea: perché si continua a lanciare missili innocui su Israele sapendo delle conseguenze inenarrabili sulla popolazione palestinese ( donne, bambini e anziani, i numeri dei morti della guerra in atto lo stanno a dimostrare)?.
Avanzo un dubbio: siamo sicuri che i gruppi dominanti del popolo palestinese ( con le loro articolazioni in forze politiche: OLP, Hamas, eccetera) non utilizzano ideologicamente l’obiettivo dei << due popoli due stati >> per le loro strategie di potere e di egemonia per meglio posizionarsi, sia negli accordi di pace sia nelle strategie complessive delle potenze mondiali, con i gruppi strategici egemonici sub dominanti (israeliani e non solo) e dominanti ( USA e non solo) in questa crisi d’epoca di chiaro avvio della fase multipolare?
Se rimaniamo nella dialettica << due popoli due stati >> non riusciamo a capire i rapporti sociali e le trasformazioni sociali che avvengono in quell’area nevralgica del medioriente. E non riusciremo mai a capire perchè si lanciano missili innocui su Israele, ritorsivi e autodistruttivi per la maggioranza dei palestinesi.