di Massimiliano Sardina
C’è Riccardo (un medico e scrittore di romanzi gialli in piena crisi creativa) con la moglie Sara (un’imprenditrice, ex impiegata di banca); c’è Bruno (un instancabile uomo d’affari sempre col computerino in mano) con la moglie Elsa e il piccolo Alessandro; c’è Tania (ex produttrice televisiva in cerca di un riscatto professionale, ora quasi costretta a doversi vendere la casa) con l’amica Adele (avvocata rampante e libertina); e c’è il giovane adolescente Youssef, un cameriere dell’hotel, che penetrerà come un raggio di luce nel cuore del piccolo Alessandro. Gli eventi, tanto improvvisi quanto violenti, agiscono prepotentemente su tutti i personaggi che da turisti diventano prima spettatori e poi protagonisti. Il dramma collettivo scorre parallelo a quello privato, e quando il gruppo realizza d’aver perso la sua guida lo smarrimento è totale; Ismail è quasi una figura simbolica, un ponte tra il caos di Piazza Tahrir e la calma apparente dell’hotel Al Qamar. In Oriente come in Occidente la rivoluzione è uguale dappertutto: da una parte il dittatore (faraone di ieri o presidente leader premier di oggi) e dall’altra chi subisce la dittatura. Bella, efficace, l’immagine delle piramidi che Golinelli inquadra, quasi cinematograficamente, come simboli della solitudine del potere. Immobili, millenarie, alle loro spalle hanno il deserto e al loro interno trattengono il vuoto, contraltare di quel brulichio esterno che
anima la metropoli cairota. «…Poiché lo zahma, lo spirito del Cairo, dell’Egitto, del mondo arabo, nient’altro è che la paura del vuoto. Il timore che ogni arabo ha della solitudine. Per questo un arabo passeggia sempre in coppia o altrimenti chiacchiera al cellulare, ha una religione che riempie con ben cinque preghiere l’intero arco della giornata e se entra in una sala da conferenza si siede sempre vicino a altri.» Un proverbio arabo, non a caso recita: il vuoto fa strada al pieno.E nel nostro Occidente che posto occupa il vuoto? Come lo si esorcizza? Viaggiando forse? Nulla è più kitsch e fuori luogo di un turista, e Golinelli lo sa bene; se poi il cavolo a merenda fa capolino nel pieno di una rivoluzione allora la decontestualizzazione si fa più stridente e marcata. Anche il turismo stesso si presta qui, a mio avviso, a una lettura simbolica: un malcelato nomadismo emotivo alberga in tutti i personaggi, proiettati in un altrove che non coincide, se non parzialmente, con le condizioni attuali. Il turista è fuori luogo, è vacante come lo è la precarietà diffusa dei nostri tempi, insieme rivoluzionari e rassegnati. Riccardo cerca il suo romanzo, Tania la sua trasmissione, Bruno il suo investimento, Ismail il suo palcoscenico, Alessandro il suo amico del cuore…, e se il presente è incerto ancor di più lo è il futuro. La distanza chilometrica dalle rispettive vite induce tutti a tracciare un bilancio, a fare il cosiddetto punto della situazione e ciascuno, chi in un modo chi in un altro, rincaserà profondamente segnato, rivoluzionato. «Per il resto – conclude l’autore – il futuro, come il passato, appartiene alla Storia. A noi resta l’istante sempre più breve che ci ostiniamo a chiamare presente. »
Massimiliano Sardina
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Questo articolo è stato pubblicato sulla versione cartacea di Amedit n. 19 – Giugno 2014
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