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“Una scatola gialla” di Pieter Gaudesaboos, Sinnos

Da Federicapizzi @LibriMarmellata

scatolagiallacopGià ad un primo sguardo colpiscono le tonalità e l’originalità del tratto e dei motivi nell’ultimo albo della collana “I tradotti” della casa editrice Sinnos: “Una scatola gialla” dell’autore e illustratore fiammingo Pieter Gaudesaboos

Ricorre infatti, fin dalla copertina, una nota ben precisa di azzurro, sempre la stessa, che si accompagna ad una nota ben precisa di verde, sempre la stessa, inframezzate entrambe da alcuni particolari in giallo brillante, vivido, luminoso.
Gli sfondi sono color pastello – verde anch’esso – perché il bianco è scelto come colore di riempimento, non di vuoto, ed infatti alcuni oggetti, persone e animali non vengono dettagliati ma solo, entro la sagoma, tinteggiati di bianco.
L’equilibro cromatico, giocato allo stesso tempo sull’assonanza e sul contrasto, rende l’insieme armonico ma elegantemente acceso. La caratterizzazione è data anche dalla nettezza dei contorni e la pastosità delle tinte: non esistono i bordi neri, tutto si rivela per sovrapposizioni e accostamenti.
Le tavole che si compongono sono molto minuziose, giungendo il pennello dell’autore ad illustrare fin nel molto piccolo (non tanto di dettaglio, quanto proprio di dimensioni delle figure). L’invito è all’osservazione, come conferma anche un gioco che viene proposto a storia conclusa.

L’occhio, da subito, registra la sensazione di una mano artistica che coniuga la ricercatezza della modernità – e infatti Gaudesaboos è anche un designer – ad un guizzo di tipizzazione geografica di paesaggi e personaggi che, in alcune tavole in particolare, collocheremmo rapidamente in una regione delle fiandre.
Ne risulta un’atmosfera allo stesso tempo originale e tradizionale che dà vita ad un contrasto affascinante.

L’orientamento dell’albo è orizzontale, con un lato che è esattamente il doppio rispetto a quello della rilegatura. In tal modo lo sviluppo della doppia facciata, sulla quale si svolge la storia, è lungo e stretto.
Una costruzione di questo tipo è efficace qualora si voglia evidenziare la dimensione spaziale, diviene lo scenario ideale per contenere la narrazione di un percorso. Lo sguardo, che è costretto a muoversi con ampio movimento da sinistra a destra, è attivato anche fisicamente per seguire un cammino.

Infatti qui si racconta di un viaggio, quello di una scatola gialla, la quale, inizialmente è così gigantesca da dover essere trasportata addirittura da un aeroplano.
Il fatto che arrivi in aereo suggerisce una provenienza remota: il pacco giunge da lontano, ha solcato i cieli, è esotico e misterioso. E la sua mèta non è raggiunta: deve, infatti essere caricata su una nave.

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Una confezione di tal fatta, così grande ed ermeticamente chiusa, stimola però la curiosità. Così il comandante dell’imbarcazione – ben mostrato in alto a destra della facciata, estrapolato rispetto al contesto, posizionato su un diverso piano narrativo – congettura sul suo contenuto.
“Ci sarà un elefante” pensa, mentre un alto sistema di ganci e carrucole posiziona lo sgargiante carico sul ponte.

Durante la traversata, a causa del mare mosso, il legno della scatola si spacca rivelando al suo interno…un’altra scatola gialla! Solo più piccola.
Dal porto, la nuova cassa, in tutto simile alla precedente tranne che nelle dimensioni, viene caricata su un treno, mentre il macchinista, anch’egli incuriosito, ipotizza contenga un rinoceronte.

Il meccanismo a questo punto è presto intuibile: di mezzo di trasporto in mezzo di trasporto – treno, pullman, auto e infine bicicletta – attraverso scenari che cambiano ad ogni pagina, la scatola, come fosse una legnosa cipolla, perde uno strato di rivestimento dopo l’altro, facendosi sempre più piccina.
Ad ogni passaggio, un diverso personaggio tenta di indovinare il contenuto, sempre un animale e sempre, anch’esso, di dimensioni più minute.
Alla fine è una bimba dal cappello giallo e i lunghi capelli neri a portare in casa la scatola, oramai ridotta ad un pacchetto facile da tenere in mano, desiderando che al suo interno si nasconda un gattino.

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Ma, ahimè, niente fusa per la speranzosa ragazzina. Al posto del micio un oggetto dall’apparenza insignificante che non mancherà di rivelare un’insperata magia.
E tutti i tasselli della storia potranno andare al giusto posto.

L’albo non si conclude, come dapprincipio accennavo, con la fine del racconto. L’autore ha scelto di dedicare le ultime pagine all’interazione col piccolo lettore rivolgendo ad esso prima qualche domanda per stimolarne l’immaginazione, poi proponendogli un gioco d’osservazione e, infine, suggerendo un’attività manuale.

E’ interessante notare che durante una prima lettura difficilmente si indugerà sull’osservazione dei vari particolari. Sicuramente l’albo appartiene a quella categoria che Emilio Varrà, nel suo saggio “Albo e Tempo” (contenuto in “A occhi aperti. Leggere l’albo illustrato”, Hamelin), chiama “i libri dell’istante”. Libri cioè che funzionano per “rotture”, che anticipano e rivelano sorprese o spiazzamenti, che chiamano ad uno sfogliare piuttosto rapido.
E’ probabile che soltanto in rilettura, esaurita l’ansia di svelare il finale, ci si soffermerà sui dettagli delle varie scene, si accoglierà l’invito dell’autore a rintracciare tra le pagine i vari animali e si indugerà sugli altri minuscoli personaggi. Questo duplicità dell’albo rispetto all’elemento temporale – lettura concitata/lettura lenta – ne arricchisce le possibilità d’utilizzo: in letture animate a gruppi, ad esempio, la prima modalità risulterà vincente, mentre in una fruizione più intima, o addirittura autonoma da parte del bambino, si potrà dare il giusto spazio all’osservazione.

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Un’opera dal meccanismo intrigante, capace di tenere vive attenzione e curiosità. Ad ogni pagina si rinnova l’eccitazione per un contenuto immaginato ma non disvelato ed il gustoso colpo di scena finale, oltre a chiudere perfettamente la narrazione – apprezzo sempre molto quando in una storia non restano elementi irrisolti – gratifica la tenacia del bambino che non si è perso d’animo, compensando pienamente il precedente attimo di delusione.
D’altra parte, attese e soprese sono un miscuglio irresistibile per i piccoli – e grandi – lettori.
E il pensiero non può che rivolgersi ai celebri capolavori di Munari, come ad esempio “Toc Toc. Chi è? Apri la porta” e “L’uomo dei camion” (che ha in comune con “Una scatola gialla” anche il tema dei mezzi di trasporto), i quali mettono in scena meravigliosi racconti visivi, coadiuvati anche da una geniale, seppure semplice, cartotecnica.

E’ presumibile poi che il bambino trovi nel motivo della scatola, con la sua promessa di sorpresa, il gusto tutto speciale del dono. Un’eco gioiosa che rimanda alla felicità dei compleanni , o del Natale, quando il piccolo è al centro delle attenzioni e delle premure. Nulla di più allettante che scartare il pacchetto colorato, sciogliere il nastro, lacerare la carta, mente la fantasia congettura sul contenuto fremendo nella speranza di trovare il gioco desiderato.

Un giocattolo che invece mi sovviene sfogliando l’albo è la matrioska, la tradizionale bambola di legno russa che si compone di pezzi uguali nelle fattezze ma di diverse dimensioni, ognuno dei quali è inseribile nel precedente più grande. Un oggetto che, seppure vintage, piace sempre ai bambini, non solo per il divertimento della costruzione ma anche perché sottende allo stesso meccanismo di ricerca di una sorpresa che si fa via via sempre più piccina.
Ecco quindi che è il piccolo, anziché il grande, a farsi prezioso, perché valorizzato dalla ricerca e dalla suspense.
Analogamente accade nella storia appena illustrata: l’utensile di dimensioni più minute, trovato dopo tante aperture di scatole, si rivela capace di soddisfare tutte le aspettative.
Infondo l’albo, tra righe divertenti e belle illustrazioni, racconta anche che pazientare e diffidare delle apparenze può risultare un buon investimento.

(età consigliata: dai 3 anni)

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