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A me sembra che quando la scrittura è scorrevole si legga meglio e uno sia più invogliato a leggere, a seguire quello che uno scrive. Certo, questo non vuol dire farla semplice, perché mica è tanto facile scrivere semplice e, allo stesso tempo, dire cose sensate o insensate che abbiano un qualche interesse e non siano delle frasine del cazzo alla Bruno Vespa o alla Silvia Avallone (c'è un perché in questo accostamento). Insomma, scrivere semplice non vuol affatto essere una descrizione delle acque calde del mondo, piuttosto delle acque carsiche, ma mi fermo se no metaforizzo troppo e qualcuno potrebbe anche legittimamente dirmi “la stai facendo complicata”. Infatti – e per la verità non so nemmeno bene perché ho impancato questo discorso, manco fossi un'autorità. Mah, è che oggi, dopopranzo, dato che ero stanco per una lunga passeggiata mattutina in montagna, mi sono buttato sul divano e, nel dormiveglia, mi sono venute in mente queste considerazioni post-prandiali sulla scrittura semplice che ho buttato giù alla bell'e meglio su un taccuino che avevo a portata di mano. Cioè, mi sono reso conto che quando scrivo in uno stato di dormiveglia, la scrittura è più fluida e scorrevole, vale a dire meno frenata dalle interpunzioni del pensiero. Scrivo, insomma, come se fosse un prolungamento del sogno, di più: come se fosse pensiero-sogno a raccontarsi da solo così come si presenta alla mente senza tante intermediazioni. Il sogno – sappiamo tutti – pur riunendo in sé molteplici aspetti, è la migliore delle narrazioni, dacché riesce a concatenare tutte le storie che produce anche quando queste appartengono a piani d'«irrealtà» diversi. Tutti quando sogniamo abbiamo l'impressione di vivere dentro una storia, anche assurda, che si racconta da sola tutto d'un fiato.
L'importante, per me, è far scorrere la penna sul foglio senza inceppamenti e interruzioni. Naturalmente la scrittura, da chiara e leggibile, diventa via via incomprensibile e, molte volte (succede), che non capisca niente di quello che ho scritto, ma sono sicuro che se lo capissi, sotto sotto ci troverei un racconto di Cheever.A tal proposito, mi ricordo che, nel paese dove abito, c'era un signore, un vero intellettuale coi guanti bianchi e il bastone di metallo, cappello e sigaretta perenne, che era uscito di manicomio grazie a Basaglia, anche se in manicomio si era laureato in sociologia delle comunicazioni (non è vero, ma per me era come se fosse così). Bene, tale signore* – che ebbe il suo momento di gloria negli anni novanta al Maurizio Costanzo Show dove fu protagonista indiscusso di due serate – soleva portare con sé, a tracolla dell'elegante vestito, un borsa capiente, contenente intere risme di fogli formato A4. Egli passava intere mattine e interi pomeriggi al tavolino di un bar, tirava fuori dalla borsa tali fogli, prendeva la biro e cominciava a produrre una sorta di scrittura ondulatoria, tipo i fusilli della Garofalo, da margine a margine. Lui scriveva ore e ore, senza fine, come il moto perpetuo delle onde del mare.Un giorno, dato che eravamo diventati confidenti – o meglio: lui, vedendo in me un suo possibile discepolo, mi confidò cosa andava scrivendo: «Niente, come il pensiero in fondo è niente. Tutti i pensieri umani sono niente, sia quelli espressi che gli inespressi. È il gesto che conta, il gesto ondulatorio, il nostro particolare battito d'ali, che, nel mio caso, è altamente improduttivo e antiutilitarista. Come vedi, le mie sono antimemorie: di me non sarà ricordato nulla. Non c'è nulla da interpretare, da decifrare in quello che scrivo. E poi, per non rischiare di essere frainteso anche del nulla che scrivo, dopo averlo scritto, come vedi, strappo e butto via tutto. Hanno messo in piazza, davanti alla casa di riposo, dei simpatici contenitori gialli per la carta da riciclare. Gialli, come la maglia gialla che avevo il giorno in cui i miei genitori mi accompagnarono in manicomio».
Che lo scrivere, dunque, semplice o complicato, significante o insignificante che sia, sia niente? Non lo so di preciso, anche se no, credo di no. Nello spazio di vita concesso, il pensiero che trapela dalla scrittura (e non solo da essa) a volte dona carezze e meraviglia. E del mio scrivere cosa spero che sia, visto che, spudoratamente, lo pubblico e non lo strappo gettandolo nei cassonetti della riciclata? Mi accontenterei assomigliasse a un gesto, al battito d'ali di chi ama volare rasoterra.
*Tale signore si chiamava Pasquale Spadi. Forse qualcuno lo ricorda davvero al Maurizio Costanzo Show.
Update. Lo Spadi, dopo l'effimero successo ottenuto da Costanzo, pubblicò questo. Qui altra citazione.
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