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Una sera per caso

Da Traveltotaste

Una sera per caso

In che strani posti si finisce a volte, viaggiando.

Io, poi, ho una certa predilezione per i luoghi un po’ infimi, dove non si trova nessun altro se non la gente del luogo, non quella però che frequenta ristoranti eleganti o locali alla moda.

Mi piacciono certo anche teatri ridondanti e bistro sofisticati ma quando viaggio preferisco locali veracemente frequentati.

A Trieste, proprio di fronte alla Stazione ferroviaria, c’è un Pub. Le insegne in legno fanno pensare che possa essere una birreria ricreata su stampo inglese.

Una sera per caso, di passaggio da questa città di mare, sono capitata lì. Si trovava vicino al mio albergo e come molto spesso avviene da queste parti, quella sera, tirava la Bora e non avevo nessuna voglia di andarmi a cercare un altro posto per cenare.

Lo scenario che mi si è parato davanti era un po’ surreale.

Un apparente pub inglese fuori, gestito da ragazze brasiliane, arredato con ogni oggetto si possa trovare in un mercato delle pulci con bandiere giallo-verdi, fiori di plastica colorati musica sudamericana in sottofondo (che pareva anche un po’ troppo uguale a se stessa) e nell’aria un terribile odore di fritto.

Lo so, questa descrizione non invoglierebbe nessuno ad addentrarsi in questo locale ma poi, sedendomi ad un tavolino un po’ defilato, ho potuto godermi lo spettacolo circostante. Un tipo di vita di cui spesso, ognuno di noi, dimentica l’esistenza.

Al bancone una donna sui cinquant’anni mal portati, che certamente non godeva di una vita agevolata, beveva una birra. Aveva uno sguardo dolce e si rivolgeva con fare materno al ragazzo entrato poco dopo di lei con un sopracciglio sanguinante, sicuramente a causa di un pugno appena ricevuto. Lui si lamentava, usando termini poco ripetibili, della gente in generale con chiari riferimenti poco lusinghieri a chi l’aveva ferito.

Seduto al tavolo di fianco a me, invece, c’era un uomo già pesantemente ubriaco alle otto di sera che cercava di dichiarare il suo amore incondizionato a Maria, una delle brasiliane che gestiscono il locale.

Aveva un regalo per lei e cercava di convincerla in ogni modo ad accettarlo ma Maria risponde gentilmente che gli può dare solo la sua amicizia e, per questo, non ritiene giusto accettare alcunché da lui. Andrea, questo il suo nome, rimane a testa bassa a bere l’ennesima Corona con le fette di limone e racconta la sua storia ad un ragazzo indiano che era entrato per vendere delle rose e che si è ritrovato, invece, ad ascoltare le pene d’amore di uno sconosciuto.

Tante altre persone sono entrate, di età diverse ma tutte sole ed egualmente bisognose di un banale contatto umano.

Così, in quel bizzarro locale, tante umanità differenti si sono riunite la sera di Santo Stefano perché, probabilmente, non avevano un posto migliore dove andare o, semplicemente, qualcuno con cui parlare.



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