Una settimana di “Vergognamoci per lui” (151)

Creato il 09 novembre 2013 da Zamax

Un giorno di gogna non fa male a nessuno. Come dicono i filosofi più in gamba, è tutta esperienza. Su GIORNALETTISMO.COM

IL CALCIOMERCATO 04/11/2013 Vanno male i rossoneri e i tifosi rossoneri non sanno fare altro che biasimare la dirigenza rossonera per il cattivo mercato estivo. Con ciò dimostrano di non essere migliori dei bersagli delle loro critiche. Il calciomercato rompe i coglioni tutto l’anno annoiando a morte chi ha ancora, come me, la testa sulle spalle e ogni tanto parlerebbe volentieri anche di «calcio». Il calciomercato è diventato da qualche tempo la spiegazione – a posteriori, s’intende – di tutto, dei successi e delle sconfitte, delle annate buone e di quelle cattive. Al trionfo di questa sorta di disturbo mentale di massa hanno contribuito tutti: le società fissate coi top player, i giornali sportivi gossippari, le tifoserie viziate. A dispetto del nome le presunte proprietà taumaturgiche del calciomercato stanno al calcio come quelle dell’interventismo statale stanno alla politica economica. I pezzi grossi le promettono, il popolo le invoca, i giornali le celebrano. E le dure repliche della storia non riescono a scuotere minimamente questa fede. Solo il calciomercato può riparare ai guasti del calciomercato. Teste di rapa.

ROMANO PRODI 05/11/2013 «Non è stupido che ci siano i parametri come punto di riferimento. È stupido che si lascino immutati 20 anni. Il 3% di deficit/Pil ha senso in certi momenti, in altri sarebbe giusto lo zero, in altri il 4 o il 5%. Un accordo presuppone una politica che lo gestisca e la politica non si fa con le tabelline.» In una cosa Romano non è mai cambiato: il suo modo felpato di accodarsi alle stupidate alla moda con l’aria sofferta ma composta dello stoico che le dice da una vita nell’indifferenza generale. Che abbia detto una stupidata non ci piove: un parametro in continua oscillazione da gestire con accortezza è un non senso. Nel caso in questione è come dire che non si tratta di un parametro sul quale si possa incardinare una politica economica, ma di una grandezza variabile giudicabile solo alla luce di altre variabili grandezze, e tuttavia di voler considerarlo ancora un parametro; è come confessare di avere fatto una scelta arbitraria e di volerci rimediare con delle scelte dettate da un arbitrio più duttile; è come continuare a pretendere con protervia di essere in grado di dirigere con successo l’economia determinandone preventivamente i numeri.

IVANO DIONIGI 06/11/2013 Profondamente indignato dalla politica di tagli alle università che anche questo governo dimostra di voler attuare, e soprattutto dalla bocciatura dell’emendamento alla manovra che prevedeva uno stanziamento di 41 milioni di euro per gli atenei virtuosi, il rettore dell’Università di Bologna lunedì ha fatto recapitare una letterina a tutti i docenti dell’ateneo. Scrive l’augusto rettore: «Vi invito domani [ieri, martedì 5 novembre, NdZ] a dedicare cinque minuti della vostra lezione (eventualmente dando lettura anche di questo messaggio), nei quali condividere con gli studenti e stigmatizzare sia il sottofinanziamento cronico degli atenei, sia in particolare questo ennesimo affossamento del principio del merito.» Frase che si potrebbe più schiettamente riformulare così: «Vi invito domani a condividere tutti, docenti e studenti, questa mia riflessione che certo non potete non condividere.» I moltissimi – non dubito – docenti “condividenti” si saranno scocciati tuttavia non poco di mettersi sull’attenti e trasmettere alla truppa il pensiero del magnifico rettore. I pochi in cuor loro dissenzienti, invece, hanno meritato tutta la nostra compassione.

BUITONI 07/11/2013 Quando Guido Barilla – allora era ancora un uomo – rivendicando con fanciullesca fierezza l’immagine tradizionalista di un’azienda famigliare ben decisa a tenere qualsiasi coppia gay a distanza di sicurezza da Casa Barilla, si offrì al plotone d’esecuzione della fanatica marmaglia progressista, la Buitoni ne approfittò per lanciare su Facebook il proprio inclusivo messaggio: “A casa Buitoni c’è posto per tutti”. Sappiamo tutti che da allora, quaranta giorni fa, Guido ha intrapreso un folgorante percorso spirituale che l’ha portato a penetrare tutti i misteri della religione gender. Mi pare al contrario che alla Buitoni abbiano fatto un passo indietro. Vedo infatti su internet un banner che recita: “Pasta Ripiena Buitoni – Carne bovina 100% italiana – La tradizione è servita, pronta da gustare”. Ciò si spiega col fatto che il gruppo Nestlé (proprietario del marchio Buitoni) recentemente è stato al centro di uno scandaletto provocato dalla scoperta di carne equina in alcuni prodotti di pasta fresca. E’ bastato questo per riportare in auge il tradizionalismo, ancorché nelle vesti dello sciovinismo culinario e del patriottismo economico: a Casa Buitoni, adesso, c’è posto solo per la carne italiana.

IL NUOVO PENTITO DELLA MINCHIA 08/11/2013 Anche se non sono ancora in grado di mettere insieme un solidissimo impianto accusatorio fatto di suggestive mezze verità, meglio ancora se depistanti, il mio personalissimo teorema sulla “trattativa” è questo: l’industria del pentitismo deviato ha lo scopo preciso di non venire a capo di nulla, ma di adombrare e di sottendere, di inquinare con le sue emissioni nocive la storia recente dell’Italia repubblicana, di tenere il paese sotto lo scacco della Strategia della Confusione. E’ per questo che ai pentiti di mafia, anche gli ex picciotti di quartiere, piace moltissimo contraddirsi fra di loro e dialogare con la giustizia sopra i massimi sistemi del mondo mafioso e politico. L’ultimo della serie è un tale Francesco Onorato che ci ha rivelato finalmente i nomi dei mandanti dell’assassinio del generale Dalla Chiesa nella tarda estate del 1982: Andreotti e Craxi, il Divo e il Cinghialone. Queste le sue parole: «I politici a Riina prima gli hanno fatto fare le cose, poi l’hanno mollato. Prima ci hanno fatto ammazzare Dalla Chiesa i signori Craxi e Andreotti che si sentivano il fiato addosso. Poi nel momento in cui l’opinione pubblica è scesa in piazza i politici si sono andati a nascondere.» Resta da capire perché i malfattori si sentissero il fiato addosso. Craxi nel 1982 era ancora un uomo abbastanza nuovo della politica. Da qualche anno era il leader di un Partito Socialista che si era scrollato di dosso ogni senso d’inferiorità nei confronti del Pci. Divenne Presidente del Consiglio nel 1983 dopo un buon successo elettorale del Psi, ma tra i laici alla guida del governo lo aveva preceduto perfino Spadolini del piccolo Partito Repubblicano. Non mi pare fosse mai stato ministro in precedenza. E con la Sicilia i suoi legami politici erano pressoché nulli. Ma ci sarebbe il caso Moro. Secondo altri bei tomi del pentitismo, infatti, Dalla Chiesa sarebbe stato a conoscenza di segreti inerenti al sequestro Moro molto pregiudizievoli per il buon nome del Divo, che avrebbe perciò spedito il generale a Palermo al solo scopo di sbarazzarsene. Si dà il caso però che durante il sequestro Moro Craxi fu uno dei pochi, causando anche qualche clamore, a non conformarsi alla linea della fermezza propugnata dalla Dc e dal Pci. E quindi in quel caso certo non agì in combutta con Belzebù. Debbo perciò pensare che anche Craxi fosse mafioso, se solo ne fossi in grado: non sono Superman.


Filed under: Rubrica Giornalettismo Tagged: Bettino Craxi, Buitoni, Calcio, Giustizia, Ivano Dionigi, Mafia, Romano Prodi

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