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Una settimana di “Vergognamoci per lui” (172)

Creato il 05 aprile 2014 da Zamax

Un giorno di gogna non fa male a nessuno. Come dicono i filosofi più in gamba, è tutta esperienza. Su GIORNALETTISMO.COM

LA DEMOCRAZIA DI TWITTER 31/03/2014 Speriamo che qualcuno cominci a capire. Anche perché era facilissimo capirlo senza dover per forza sorbirsi le dure smentite della storia. Ma niente, leggere la realtà di un paese scosso da fremiti confusi di libertà attraverso i social networks, megafoni di un giovane ceto urbano spesso benestante e distante mille miglia dalle plebi dei villaggi, e partecipare da lontano all’atmosfera eccitante della rivoluzione in diretta era troppo seducente per gli accidiosi democratici occidentali. Era un miraggio, ma perfino la politica estera da questo miraggio si è fatta rapire. E così, mentre in Egitto un «laico» dal pugno di ferro come al-Sisi, già oggetto di manifestazioni di “culto della personalità” che avrebbero fatto morire d’invidia il pacioso Mubarak, si prepara con tutta calma ad essere regolarmente eletto Faraone, dalla Turchia giungono notizie che il «Sultano» Erdogan, promosso piuttosto repentinamente negli ultimi tempi dai nostri media a sanguinoso autocrate dopo anni di benevola attenzione verso un fenomeno politico dipinto come un esempio di riuscito compromesso fra islamismo e modernità, ha vinto nettamente le elezioni amministrative che dovevano sancirne la fine. Degli scandali e delle repressioni il popolo turco non sembra aver tenuto gran conto, quello verace dell’Anatolia se ne è anzi infischiato alla grande.

IL CONSIGLIO COMUNALE DI TORINO 01/04/2014 Il Consiglio comunale della prima capitale del Regno D’Italia ha revocato la cittadinanza onoraria al Duce Benito Mussolini. Il fatto è di tale momento che l’animo mio è stato subito lacerato da dubbi atroci, mai prima provati: può un uomo restare veramente cittadino onorario per sempre, anche dopo aver esalato l’ultimo respiro ed essere stato inumato con tutti i crismi? E a coloro che mi rispondessero che la cittadinanza onoraria è solo un’onorificenza, e che quindi il dubbio non è pertinente, porrei allora un altro possente quesito: è possibile strappare una medaglietta dal petto di un morto? Son certo di non essere il solo a porsi queste domande: di persone responsabili è ancora piena la nostra povera Italia, nonostante tutto. Pare invece che il capogruppo del Pd in consiglio comunale Michele Paolino preferisca riflessioni di cortissimo respiro come questa: «la Città sana un vulnus che durava da 90 anni, dimostrando quanto Torino sia legata profondamente alla sua storia e alla sua identità antifascista». Di cortissimo respiro perché son sicurissimo che anche novant’anni fa non mancò in quel di Torino qualche maggiorente spinto da un nobile zelo a vantare la profondissima e naturale affinità della città con la nuova identità fascista.

MATTEO SALVINI 02/04/2014 E’ noto come il segretario della Lega si compiaccia di non mostrarsi mai particolarmente elegante nei suoi ragionamenti. Spesso è brutale, ma è la brutalità – si lascia intendere – di chi va dritto al sodo con terragna intelligenza ed è pieno di sollecitudine per il popolo. «C’ho il popolo che mi aspetta e scusate vado di fretta», cantava il terrone Pino Daniele qualche decennio fa, e vide nel futuro, sbagliando solo l’accento. Possiamo perciò immaginare con quale piacere l’altro ieri a “Radio Capital” Matteo abbia annunciato una sua nuova luminosa idea: «Si deve controllare e tassare la prostituzione; porterebbe 4 miliardi di euro con i quali potremmo pagare le rette degli asili nido». Con questa alzata d’ingegno vecchia come il cucco – tassare il vizio per finanziare le buone opere – Matteo è convinto di sedurre una bella fetta di popolo laborioso e tartassato. Io però non sarei così fiducioso. Perché, al netto dello stile, l’idea è in fondo politicamente correttissima. Da anni i politici stanno raschiando il fondo del barile con tasse ad alto valore etico aggiunto pur di infinocchiare una ciurma sull’orlo dell’ammutinamento e pronta ormai a fiutare l’imbroglio anche quando magari non c’è.

LA PROCURA DI BRESCIA 03/04/2014 Farebbero ridere anche se fossero veri. Cosa? I terroristi e i carri armati, i terroristi coi carri armati. Non si potrebbe immaginare un mezzo più stupido per portare a termine imprese caratterizzate necessariamente da segretezza, rapidità, dissimulazione, tempismo. Certo, potrebbe restare in piedi l’ipotesi dell’attacco suicida contro un’inespugnabile fortezza dell’oppressore: ma prima bisognerebbe caricare il bestione cingolato su un camion di non piccola stazza, trasportarlo sul luogo del delitto e farlo scendere a terra facendo finta di niente, così, fischiettando, tra il divertito stupore del popolo, e non la vedo niente affatto facile. Oppure tutto si potrebbe spiegare, per l’appunto, per dirla con la procura, con il gusto per «un’azione eclatante», come quelle delle Femen, ad esempio, che tanto piacciono alle gazzette democratiche. Ma per gesta del genere il carro armato non va affatto bene. Ci vuole una pala meccanica blindata: in una parola il Tanko, il mitico crossover veneto lanciato nel 1997 a Venezia, in Piazza San Marco. Il Tanko 2 è stato completato un anno e mezzo fa ma non è mai entrato in produzione. Lo sappiamo perché sono anni che i Serenissimi sono spiati ed intercettati dagli agenti della controrivoluzione, che finora si sono divertiti assai. Poi è arrivato il «plebiscito» e questi ultimi si sono sentiti in dovere, con un po’ di rimpianto, di vedere il lato oscuro, inquietante e sicuramente deviato dell’epopea del Tanko.

MASSIMO CACCIARI 04/04/2014 «Di indipendentismo veneto parliamo da vent’anni e sinceramente ne avrei piene le tasche. Riemerge ora? Ma riemerge come farsa, in mano a un gruppo di malati mentali». Non dovete pensare che il famoso filosofo della laguna veneta volesse offendere più del dovuto gli incolti tankisti dell’entroterra con questi termini grevi tratti da un’intervista all’Huffington Post. Per lui dare del «malato mentale» a qualcuno significa semplicemente dargli del «citrullo» o dell’«ignorante», ma con la paterna comprensione che si usa coi bambini o coi villici, magari accompagnando l’apprezzamento con un pizzicotto sulla guancia. Mi sovviene or ora che anch’io ho usato qualche volta le stesse simpatiche parole in questa rubrica, e non parliamo poi di come mi piaccia riciclare in continuazione epiteti come «deficiente», «ebete» o «babbeo», autentiche colonne dell’estetica del sottoscritto. No, il problema …è un altro. Eh sì! Il problema è che Massimo (Cacciari) quando parla di politica usa da decenni, invariabilmente, un registro tutto suo, che ormai potremmo a buon diritto definire cacciariano, a metà tra l’annoiato e l’apocalittico. Massimo non parla, sbuffa, e sbuffando come un dandy adombra scenari da tregenda. Perciò nell’intervista dice ancora: «L’Italia era malata vent’anni fa, e invece di curarla hanno deciso di aggravare la sua condizione. Ora le sue condizioni sono gravissime e la situazione intollerabile.» E se non bastasse continua: «Per loro [i veneti], che hanno conosciuto il vero benessere, è come cadere dal quinto piano. Questo malessere può prendere derive folli ma non è, ripeto, colpa degli indipendentisti se coloro che tentano di fare un discorso federalista vengono puntualmente presi a calci nel sedere. Per forza di cose poi il sentimento antistatalista e secessionista prende piede.» Suvvia Cacciari, non sia sempre così scoglionato e tragico. Cambi canzone. Vedrà che cominceranno ad ascoltarla. Certo, poi le sarà più difficile sbuffare. Ma non si può avere tutto nella vita.


Filed under: Rubrica Giornalettismo Tagged: Benito Mussolini, Democrazia, Indipendentismo veneto, Lega Nord, Massimo Cacciari, Matteo Salvini, Procura di Brescia, Torino, Twitter

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