Un giorno di gogna non fa male a nessuno. Come dicono i filosofi più in gamba, è tutta esperienza. Su GIORNALETTISMO.COM
ROBERTO MARONI 09/04/20122
Lo stadio barbarico della politica, nel quale la politica nega se stessa, è quello della lotta tra bene e male, tra virtù e corruzione. Gli italiani hanno imparato a scappellarsi servilmente davanti a questa idiozia che ha assunto il nome altisonante di “questione morale” e che nasconde il più fetido spirito di fazione. Decenni di questione morale e decenni di mani pulite hanno iniettato un veleno paralizzante nella politica italiana. E sui costumi pubblici non hanno sortito alcun effetto benefico, com’è logico, quando si vive dentro la campana di vetro della menzogna. Ma c’è sempre il genio pronto a ripercorrere la stessa strada, e a ripetere, come un pappagallo, le stesse parole: pulizia, pulizia, pulizia…
LA REPUBBLICA 10/04/20122
Chi si sottopone, per una sua qualche ragione, davvero insondabile, al quasi quotidiano supplizio di seguire questa rubrica, ricorderà forse che giorni fa l’Unità.it credette suo preciso dovere onorare la memoria del defunto scrittore Tabucchi tirando fuori dall’archivio un suo raccontino, piuttosto bruttino, e piuttosto cretino, dedicato all’incubo Berlusconi. Talmente appassionata, infatti, era la sua coscienza civile, che lo scrittore si sognava di Silvio anche di notte, con ciò dimostrando che il sonno della ragione genera effettivamente mostri. Ieri è morta Miriam Mafai, tutta una vita dentro la sinistra italiana. La Repubblica.it piange la sua Miriam, e sull’esempio di quanto fatto dal quotidiano fondato da Antonio Gramsci, crede suo preciso dovere onorare la memoria della «ragazza rossa» tirando fuori dall’archivio «l’invettiva contro Silvio Berlusconi dopo gli insulti ai gay». L’ineffabile Silvio, ricorderete (senza essere per forza sventurati lettori di questa rubrica), aveva colpito ancora con quel candore conviviale un po’ imbecille ma molto simpatico che è il lato migliore del suo carattere. «Meglio essere appassionati di belle ragazze che gay», aveva detto nei giorni dell’uragano Bunga Bunga. Apriti cielo: non uno che gli rispose con spirito. Nemmeno Miriam, la ragazza rossa, che accusò il povero Silvio di «aver trasformato una sede pubblica in un luogo di grotteschi festini» quando invece fu forse uno sciame di donne pubbliche ad invadere una casa privata, ma di insulti ai gay non parlò affatto, non dimentica, probabilmente, che il suo compagno Giancarlo Pajetta, il ragazzo rosso, da bravo comunista ruspante dalla lingua salace, quelli lì li chiamava senz’altro «finocchi», e nel partito non li voleva vedere. Ma tant’è, la sinistra, illustrandoli con queste ridicole imprese, dimostra di non prendere sul serio i suoi più illustri figli, veri o presunti tali, nemmeno nel momento della loro dipartita e di volerli usare come artiglieria fino all’ultimo.
EMMA MARCEGAGLIA 11/04/2012
Dopo centinaia di giorni da pecorella, eccone uno da leonessa. Per uscire di scena in bellezza la presidentessa di Confindustria ha tirato fuori un ruggito: «il taglio della spesa pubblica deve esserci», ha detto. Ma non solo: «prima serve una riduzione della pressione fiscale su lavoratori e imprese. Penso che il governo si debba porre il problema serio di abbassare le tasse». Il problema è serio, indubbiamente. E’ per questo che ad occuparsene, per la parte che gli compete, sarà il suo successore: camerata Squinzi! Armiamoci! E parti.
IL QUINTO CONTO ENERGIA 12/04/2012
Il governo ha varato il Quinto conto energia, quello relativo agli incentivi per l’energia fotovoltaica, e anche il restante salato conto degli incentivi alle altre energie rinnovabili. Le mire del governo sono ambiziose: «programmare una crescita dell’energia rinnovabile più equilibrata che, oltre a garantire il superamento degli obiettivi comunitari al 2020 (dal 26% a circa il 35% nel settore elettrico), consenta di stabilizzare l’incidenza degli incentivi sulla bolletta elettrica». Il Quinto conto energia è già un bel traguardo, ed è un appellativo che incede con una certa sua sovietica monumentalità sul largo viale dell’Energia Verde; la Programmazione della Crescita non gli sfigura a fianco; il Grande Balzo in Avanti, l’ineluttabile conseguenza.
ALESSANDRO ROJA 13/04/2012
«Da cittadino, credo che sia perché siamo un popolo che predica bene e razzola male: abbiamo tante astuzie, e soprattutto non vogliamo ricordare.», dice l’attore, uno degli interpreti del film “Diaz” di Daniele Vicari. Il poveretto ha perfettamente ragione. Siamo un popolo che non vuole ricordare. Per esempio che nel 2001 a Genova arse un falò che doveva incenerire il governo Berlusconi appena insediatosi; che un’immensa catasta di materiale infiammabile fu accatastata per settimane senza che la sinistra «democratica» muovesse un dito; che ad alimentarla fu una tacita voglia di dare una bella spallata antidemocratica al regime del Caimano; che doveva essere un appuntamento con la storia cui tutti i progressisti erano invitati, meglio se equipaggiati di videocamere, perché qualcosa doveva sicuramente «succedere»; che da tutta Europa scesero sciami di lanzichenecchi, di compagni maneschi richiamati dalla speciale occasione di un G8 in casa Berlusconi, per mettere a ferro e fuoco la città, cosa che fecero egregiamente; che, disgraziatamente, il morto ci fu, ma in circostanze talmente chiare da non dare neanche un appiglio appena appena serio alla dietrologia antifascista; che nonostante una gigantesca provocazione portata all’estremo, anche se in parte inconscia, o meglio, vigliaccamente inconscia, intesa a testare fino alla rottura lo stato di diritto sotto il governo Berlusconi, nella notte della democrazia alla Diaz e alla Bolzaneto non morì nessuno, né il «massacro» lasciò un guercio od uno sciancato per strada. Il Culto della Memoria Deviata serve appunto ad inquadrare la storia attraverso uno sceltissimo buco della serratura, e a lasciar fuori tutto il resto. Serve appunto a dimenticare.
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