Una settimana di “Vergognamoci per lui” (89)

Creato il 02 settembre 2012 da Zamax

Un giorno di gogna non fa male a nessuno. Come dicono i filosofi più in gamba, è tutta esperienza. Su GIORNALETTISMO.COM

PICCOLO MONDO COMUNISTA 27/09/2012 Ovvero la grande guerra tra La Repubblica–L’Unità–PD e Il Fatto Quotidiano–Di Pietro–Grillo. Non avendo mai risolto la sua questione morale, ossia la questione comunista, ossia la questione socialdemocratica, l’unica di cui vale veramente la pena di parlare, nell’anno 2012 la sinistra italiana è ancora all’anno zero. Il più ridicolo di tutti è stato Ezio Mauro: «oggettivamente di destra» ha definiti i comportamenti e le pulsioni dei montagnardi, a dimostrazione che a dispetto delle cosmesi kennediano-democratiche quando il gioco si fa duro gli avverbi preferiti sono quelli di sempre. «E chiamiamoli col loro nome: fascisti!», «Populisti berlusconiani!», han detto altri. «Amici dei Piduisti!», ha risposto Grillo. E allora mettiamoli in fila questi epiteti: oggettivamente di destra, fascisti, populisti, berlusconiani, amici dei piduisti! In pratica: traditori, corrotti e controrivoluzionari. S’intende che questi esaltati, e quello stesso popolo di sinistra che assiste sgomento alla lotta fratricida, hanno tutti per nume tutelare Enrico Berlinguer. Sono tutti figli della Questione Morale, la continuazione del comunismo con altri mezzi, la maschera compunta sotto la quale si nasconde il settarismo, la politica allo stato belluino: come essi, coi loro comportamenti e con le loro pulsioni, mostrano alla perfezione.

ACHILLE BONITO OLIVA 28/09/2012 Sono sicuro che l’anziana signora artefice del famigerato restauro del Cristo del Santuario di Borja fosse soddisfattissima al termine dei lavori. Tanto amore aveva messo nell’opera, e tanto di se stessa, che del Figlio di Dio aveva fatto un figlio tutto suo, una specie di icona rupestre – all’occhio dell’esperto non può sfuggire – di purissima scuola neanderthaliana: un Cristo delle Caverne, nei cui tratti scimmieschi la mamma poteva però vedere solo le perfezioni. Non so invece come si potesse sentire esattamente il povero parroco che aveva armata di pennello la mano della vecchietta. Certamente aveva confidato in parte nella Provvidenza e certamente si stava ora chiedendo perché la Provvidenza gli avesse giocato un tiro così brutto, visto che la Provvidenza non può giocare mai brutti tiri, bensì ammaestra anche quando sembra avversa. Insomma, una fantozziana storia di umili, nel senso di poveri cristi, o, nelle mani di un artista, il canovaccio di un garbato vaudeville sul sacro, e comunque una vicenda che nel silenzio e nella discrezione un po’ alla volta avrebbe trovato la sua soluzione. Ed invece la storia è stata data in pasto all’opinione pubblica, sempre affamata di sordide distrazioni. E sempre più s’ingrossa la fila di gente in attesa di vedere il «mostro». E magari di toccarlo. Che non si sa mai che non faccia il miracolo, e allora chi oserà mai discutere un restauro guidato evidentemente dalla mano di Dio? Per il nostro critico d’arte, tuttavia, questa corsa a vedere il Cristo di Neanderthal è un pellegrinaggio misto di devozione e contemplazione dell’arte: nel Cristo sfigurato ci sono tutte le spagnolesche stimmate di una Passione nuova. Questo è il guaio dei critici d’arte: quando non sono elitari, amano davvero un po’ troppo il popolo.

LUCA ZAIA 29/09/2012 Vedo con raccapriccio che Formigoni non ha ancora rinunciato al suo cavallo bolso da battaglia: la macroregione del nord. E allora ripetiamolo. La Lombardia è già un gigante: da un punto di vista demografico coi suoi dieci milioni di abitanti equivale grosso modo a nazioni come Ungheria, Svezia, Repubblica Ceca, Belgio, o al “Libero Stato” di Baviera. Mettendoci dentro l’Emilia Romagna, la macroregione del Nord conterebbe circa venticinque milioni di abitanti, e come entità politico-amministrativa in Europa starebbe dietro per grandezza solo alla Germania, alla Francia, alla Gran Bretagna, alla Spagna e alla Polonia e forse a quel che resta dell’Italia, se si mettesse insieme. Io sono convinto che lui queste cose non le sappia, non perché sia un imbecille, ma perché da vero italiano ha sviluppato un timore superstizioso per l’eloquenza dei numeri più semplici. Vedo perciò con sollievo che il suo collega veneto boccia lo stravagante progetto di questa Superlombardia. Vedo però, con ancor più profondo raccapriccio, che lo stesso collega veneto riesce ancora a credere, non si sa come, al progetto della macroregione del Nord. Non so, provo ad indovinare: forse una macroregione del Nord di stampo federale, composta dai liberi stati di Piemonte, Lombardia, Veneto, Emilia Romagna e degli altri liberi stati nanerottoli? Federata con le macroregioni del Centro e del Sud, ammesso, e non concesso, che Siciliani e Sardi siano della partita? Da coordinare col programmato taglio delle provincie e con la programmata istituzione delle città metropolitane? Di solito le idee che funzionano sulla carta nella realtà falliscono poi miseramente. Figuriamoci quelle che già sulla carta mostrano un certo qual traballante grado alcolico.

ENRICO LETTA 30/09/2012 Intervistato nel corso della convention estiva di VeDrò (in quel di Drò, nel Trentino) il molto costumato (o imbalsamato, a seconda dei gusti) vicesegretario del Pd non ha voluto definire una «boiata pazzesca» la recente proposta del ministro della Salute di tassare le bibite gassate, come lo spingevano a fare i maramaldi della Zanzara, il programma di Radio24, ripiegando ironicamente su «un’idea poco geniale, da ritirare subito». Per non sembrare però un becero qualunquista come tutti quelli che vedono rosso appena ci sono nell’aria nuovi balzelli, ha voluto dare un tocco distintivo alla sua protesta, rimarcando il fatto che alla sua festa a fare furore sono stati proprio il vecchio caro chinotto e la vecchia cara spuma, roba da normali cafoni una volta, ma roba da gente avvertita, responsabile, consapevole, e pure colta, adesso. «Salviamo il chinotto e la spuma bionda!», ha concluso, da difensore di un pezzo pregiato del patrimonio culturale nazionale, pronto ad entrare nell’Olimpo gastronomico di Slow Food.

EMILIO FEDE 31/09/2012 L’ex direttore del Tg4 fonda a ottantun anni un movimento d’opinione. Un movimento d’opinione è una specie di pallone sonda lanciato nel cielo della politica. Se lassù gli auspici sono favorevoli il movimento diventa un partito. Di questo movimento, a parte la sua naturale collocazione nel centrodestra berlusconiano, e la sua naturalissima attenzione verso il mondo femminile, cose che destano tutta la mia simpatia, si sa solo il nome: «Vogliamo vivere». Che come nome, peraltro, è tutto un programma. E niente affatto sorprendente. Emilio infatti, da direttore del Tg4, era sempre attentissimo a tutte quelle piccole, piccolissime, infinitesimali scoperte scientifiche, o presunte tali, che nel campo della medicina sembravano promettere l’elisir di lunga vita e magari l’immortalità. E quando chiedeva al recalcitrante esperto di turno, con tono penosamente spensierato: «E allora professore, vivremo tutti fino a centoventi anni?» era come preso da una smania o da una febbre che gli ardeva negli occhi. Deluso dai progressi della scienza, e sentendo che ormai il tempo comincia insopportabilmente a stringere; disdegnando la filosofia, e ancor più la religione, che son cose da vecchi moribondi; il sempiterno Emilio ha deciso allora di prendere in mano personalmente la questione.


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