Per qualche strano motivo ero convinta che questo libro fosse uno dei soliti, bellissimi romanzi che inneggiano ai libri e alla lettura come a qualcosa di fondamentale e imprescindibile. Me lo aspettavo ricco di citazioni indimenticabili in cui identificarmi e da trasformare in miei motti di vita. Mi aspettavo un protagonista- eroe, paladino della cultura e della letteratura e amante di quei volumi di carta come e più di me. Non so bene da dove arrivassero queste mie aspettative. Perché in questo libro tutto questo forse c'è anche, ma viene trasmesso in un modo diverso dal solito, con una buona dose di angoscia, di ansia, di follia, che una volta alla fine ti lascia stravolto e senza fiato.
E io mi stupisco ogni volta di come sia possibile che libricini tanto piccoli, meno di 100 pagine in questo caso, riescano a racchiudere così tanto. Protagonista di questo romanzo breve (o racconto lungo?) è un operaio addetto da 35 anni al macero di vecchi volumi e riviste. Gli manca poco per andare in pensione e sta risparmiando i soldi per poter portare con sé la pressa con cui ha sempre lavorato. In ogni pacco, infila un'opera che ha amato, aperta sua una frase o una citazione specifica, per accompagnare gli altri al macero. Di tanto in tanto, poi, salva qualche libro dal suo triste destino e se lo porta a casa, per leggerlo... e in trentacinque anni ne ha raccolti talmente tanti che in casa sua non c'è più spazio per muoversi. Ci sono libri ovunque. Una collezione, ma anche un'ossessione, che lo porta a dialogare con personaggi ed autori, con una certa predilezione per i filosofi del passato. Finché un giorno non viene spedito a lavorare in una pressa moderna, con la meccanica che sostituisce il lavoro manuale e i libri da distruggere non sono altro che oggetti, che nessuno si preoccupa più di salvare. Un nuovo sistema, che si scontra con la solitudine che l'operaio ha coltivato per tanti anni, con la sua visione della cultura e del mondo. Una visione alienante, certo, ma in cui si sentiva in qualche modo inserito e parte integrante. E forse, l'unica cosa che può fare è seguire lo stesso destino dei libri da distruggere. Il libro si conclude con una sorta di poesia, in memoria di un altro grande scrittore praghese, Franz Kafka, e che contiene una frase secondo me bellissima, in cui mi piacerebbe tanto poter credere: "il futuro dell'umanità è una libreria".
E' un libro molto complesso da leggere, molto filosofico, che necessita di una cultura di base nel lettore non indifferente. Non solo per i filosofi continuamente citati, ma anche per il periodo storico e per la città in cui è ambientato, Praga intorno agli anni '70. Se si possiedono tutti questi elementi, si riesce a cogliere perfettamente la logica del protagonista del libro, la sua alienazione, la sua solitudine rotta solo dal rumore delle presse, la sua incapacità di adattarsi al mondo che sta cambiando e la sua volontà di seguire il destino dei libri con cui ha sempre vissuto. Come dicevo prima, poche pagine ma davvero molto intense, in grado di lasciarti addosso confusione, amarezza ma anche, nel finale, forse un po' di speranza.
Se decidete di leggerlo, leggete anche la bellissima introduzione a cura di Giorgio Pressburger e le due appendici finali. Vi aiuteranno a capire.
Nota alla traduzione: ci sono diverse note, indispensabili per spiegare certi riferimenti culturali presenti nel testo. Lievemente fastidioso, almeno per me, è l'utilizzo di "sia... che" anziché "sia... sia" e l'assenza di qualche d eufonica dove ci andrebbe. Ma nel complesso, direi ben fatta.
Titolo: Una solitudine troppo rumorosa
Autore: Bohumil Hrabal
Traduttore: Sergio Corduas
Pagine: 118
Anno di pubblicazione: 2006
Editore: Einaudi
ISBN: 978-8806181512
Prezzo di copertina: 9,50€
Acquista su Amazon:
formato brossura: Una solitudine troppo rumorosa