Il cuore mi ha comandato di raccontarvi questa storia che mi ha trafitta di luce. E’ una storia vera, stampata su un libro intitolato “Voa voa” e stampata nella mia mente, a caratteri cubitali, per sempre. Tra virgolette riporto alcune meravigliose citazioni dell’autrice che mi ha rapita anche per la bellezza della sua scrittura.
--------------Nell’agosto del 2009, in un ospedale fiorentino, nasce Sofia, figlia di Caterina e Guido.
Cicciottella, con le sopracciglia ad antenna e i capelli color bruno caffè.I giorni dopo il parto sono difficili: Sofia soffre d’ittero, la sua mamma Caterina di mastite e tutta la famiglia prova la tremenda sensazione di non trovarsi in un ospedale ma in una caserma.
Dopo poco, comunque, la famiglia torna a casa. La chiamano CasAmoreed è una piccola torre quattrocentesca, nel centro di Firenze, dotata di ampie finestre dalle quali si ammirano un paio di spicchi del Brunelleschi e “la sfera d’oro che scandisce nuvole e bestemmie sopra al cielo basso di Firenze”.In questo meraviglioso scenario, Sofia cresce di cibo, amore, allegria e fantasia, muove i primi passi e pronuncia le sue prime parole. Che divertimento quando la bimba segue nel cielo il volo degli uccelli e degli aeroplani, esclamando contenta “Voa voa!”.
Col passare dei mesi, però, la felicità comincia a incrinarsi.
A venti mesi Sofia comincia a zoppicare lievemente, perde spesso l’equilibrio e presenta un ginocchio ipersteso. Caterina e Guido ricorrono ai medici per cercare di capire se Sofia ha problemi di salute e purtroppo, dopo un angosciante percorso di visite specialistiche, viene loro comunicata la diagnosi.
E’ una diagnosi che pesa come una sentenza pronunciata da un plotone di esecuzione senza umanità: Sofia è affetta da una rara malattia degenerativa, non a ereditarietà diretta, denominata Leucodistrofia Metacromatica tardo infantile, che le farà perdere tutte le funzioni motorie e cerebrali. I bambini che ne sono affetti sono chiamati "bambini farfalla" perché la loro vita è breve come la stagione di una farfalla.
E così, giorno dopo giorno, il corpicino di Sofia si abbandona come un sacchetto di plastica vuoto e le risate cristalline lasciano spazio ai pianti inconsolabili. “Occhi di mandorla scuri, pungenti come schizzi d’acqua gelida in estate. Dove siete sprofondati? Che scherzo macabro è mai questo?”
Con la forza dell’amore che non conosce resa, i genitori di Sofia però non si lasciano schiacciare dal dolore. Cercano soluzioni, telefonano a tutto il mondo, interpellano le vie della Fede.
Sono struggenti le pagine dei racconti di Medjugorje, dove la famiglia sbarca cercando conforto in Maria, la madre per eccellenza, la Regina della pace. Caterina e Guido e le persone che li amano seguono un’appassionata via della Fede, quella autentica relazione con Dio fatta di preghiere incessanti, solitarie e comunitarie (a molte persone viene chiesto di pregare per Sofia), parole recitate sgranando i rosari o semplicemente racconti della quotidianità affidati al Signore, momenti di intensa fiducia alternati a pensieri di rabbia e recriminazione.Un giorno Caterina si rende conto di aver impostato le sue preghiere solo sulle richieste. Non un solo grazie, non una sola parola d’amore a un Dio che, pur essendo dio, si presenta ai suoi fedeli come “mendicante d’amore”.
Quel giorno la donna pronuncia queste parole, per me sconvolgenti, rivolgendosi a Dio: “Vuoi abbandono, vuoi amore incondizionato, vero? Per quanto mi sforzi non riesco a vederci pretese assurde in questo. Se fossi sobria invece che ubriaca di dolore penserei che siamo tutti abituati a prescindere necessità nostre pur di metterci al servizio dell’amore, quotidianamente senza accorgercene neppure. Un bimbo non ama meno la mamma che lo punisce. Moglie e marito stringono continui compromessi di pazienza e rinunce perché la famiglia funzioni. Che male c’è se pure un fedele ama Dio che lo mette alla prova?”.Per Sofia non c’è cura “eppure ogni mattina di risveglio doloroso io e Guidus ci guardiamo con forza e fiducia” scrive Caterina. “Amore è forza misteriosa e prorompente , quando deve agire non lascia tempo né spazio per pensare”.
Così, i genitori, raccattando le forze e la bambina sdraiata e immobile nel lettino, accompagnano sempre il suo risveglio con baci e canzoncine che le piacciono.“Caterina, devi essere serena più che puoi. Dopo tutto a questo serviamo come genitori: ad accompagnare i figli fin dove possiamo e nel miglior modo possibile. Neanche io so fino a dove potrò accompagnare i miei.” consiglia, un giorno, la sorella di Caterina.
Nei momenti di sconforto, nella mente di Caterina riaffiora quella promessa fatta a Sofia in ospedale “Farò in modo che ogni giorno della tua vita con noi abbia almeno una cosa bella da ricordare.".
Caterina a volte è sopraffatta dalla stanchezza e dall’irascibilità, si morde le labbra per non gridare che non ne può più. “Poi però la guardavo. Spaurita negli occhioni di mandorla scura. Bellissima come una bambola difettosa che rimane perfetta nei pastelli, nelle linee di mela del volto, in quelle preziose del corpo di conchiglia. E ritornavo mamma.”.
Il tempo passa, passa più di una stagione, a dispetto di quanto sentenziato dagli specialisti, quegli stessi medici che avevano dichiarato che la malattia non portava dolore fisico alla bambina mentre i suoi genitori ne raccoglievano pianti e disturbi, certi che la loro bimba avvertisse male fisico.Il tempo passa e il racconto, nel libro, si arresta ai fatti del 2012.
Sofia, pur non avendo ricevuto il miracolo della guarigione, ha ricevuto il dono della vita. Una vita che è migliorata. Caterina e Guido incontrano dei medici che suggeriscono per la bambina una terapia farmacologica per lenire il dolore, le restituiscono un po’ di serenità, l’appetito, i sorrisi.
“Nella musica l’aria è piena di noi e siamo perfette così come siamo. Io con la schiena curva e dolorante per lo sforzo, lei paralizzata nella barchetta tra le mie braccia, mentre scambia calore e ricordi col mio cuore, pelle contro pelle, polvere magica, sangue e tutto il senso della vita concentrati nell’oro dei suoi capelli. Guido passa e si ferma a guardarci, dice “siete perfette”. Noi per lui, lui per noi.”.
Poi c'è un altro dono: l'Associazione. Il 25 ottobre del 2013, nasce l'Associazione Voa Voa! Onlus – Amici di Sofia – che persegue con determinazione, attraverso diversi progetti concreti, lo scopo di aiutare i bambini colpiti da malattie rare e assistere le loro famiglie, colmando il vuoto assistenziale e socio sanitario del nostro Sistema Sanitario Nazionale che, dopo la diagnosi, paradossalmente non offre più alcuna cura specifica ai malati e alle persone vicine. Come mi faceva notare Guido, il papà di Sofia, una malattia del genere può capitare a chiunque.Per info sull'Associazione ci si può collegare al sito, qui il link: VoaVoa.
Io da oggi la sostengo. La sostenete anche voi?Infine, due grazie. Un grazie con la mano calda sul cuore alla mamma di Sofia, Caterina Ceccuti, che col suo libro mi ha aperto la mente. Un grazie al papà di Sofia, Guido, che un pomeriggio, al banchino dell'associazione, mi ha raccontato la sua storia, senza un filo di retorica, con una serenità disarmante.
Ketty