Da un po' di tempo cerco di trovare il pretesto per parlare di Laura Mancuso e del suo libro 'In volo senza confini'. E naturalmente di Angelo D'Arrigo, deltaplanista, etologo e grande uomo di sport morto nel marzo 2006 in un drammatico incidente con un ultraleggero che volava ad appena 200 metri in una manifestazione a Comiso. Un paradosso per chi come lui era abituato a volare in alto senza motore seguendo le rotte dei condor sull'Aconcagua o insieme ad un'aquila nepalese sull'Everest. Ma il destino porta sempre con sé una certa dose di ironica cattiveria.
Avevo incontrato Angelo D'Arrigo al Museo della Scienza e della Tecnica di Milano. Stava testando dei materiali che avrebbe utilizzato per il suo volo sull'Everest e nel frattempo studiava le macchine da volo di Leonardo. Era affascinante sentirlo parlare. Trasmetteva a chi lo ascoltava la passione per tutto ciò che faceva.
Ho incontrato Laura Mancuso, amica, compagna, moglie e vedova di Angelo D’Arrigo, un anno fa per un'intervista sul suo libro, quello che non avrebbe mai voluto scrivere. «Una storia, la mia storia, di un’esperienza che non avrei mai voluto vivere», c'è scritto nel corsivo d'apertura delle 172 pagine d’amore e di ricordi della vita di questa donna.
«Iniziai a scrivere perché dopo la morte di Angelo mi sembrava d’impazzire e dovevo mettere ordine nei miei pensieri. La sua scomparsa è stata come un’esplosione,mi sono sentita catapultata in un universo parallelo - mi ha raccontato Laura -. Quando sono tornata a casa mi sentivo come se non fosse morto Angelo ma tutto il resto. Mi sembrava che ogni cosa perdesse il suo significato, non riuscivo ad immaginare a cosa sarebbero servite le poltrone della terrazza dove la sera d’estate ci sedevamo , il pianoforte, le pentole. Poi, qualche mese dopo la morte di Angelo, andai a Torino a presentare il suo libro raccontando del prossimo reinserimento di Inca e Maya, i due condor che Angelo stava imprintando, nel loro habitat, e lì i responsabili della Corbaccio mi chiesero se avessi voglia di mettere nero su bianco l’esperienza che stavo vivendo. Cominciai a raccontare proprio da lì… però andando avanti è venuta fuori tutta la mia vita con Angelo, le avventure insieme. Chi lo legge si rende conto che non è un libro ‘costruito’ per produrre un effetto. C’è semplicemente la mia vita».
Una vita che continua volando («In parapendio o deltaplano a motore. Prima volavo per il gusto di farlo, adesso perché ritrovo il calore e l’abbraccio di Angelo. Volano anche Gabriele, Gioela e Ivan. Voliamo tutti, siamo una famiglia con le ali») e curando la Fondazione Angelo D'Arrigo, «nata quasi per gioco - racconta Laura -. Nessuno di noi si era mai preso troppo sul serio, eravamo un gruppo di amici con poco o nessuna esperienza di volontariato, né tanto meno di fondazioni. Poi come in tutte le cose della vita quando c’è passione, volontà e buona fede le competenze si creano o si trovano e negli anni siamo riusciti a fare qualcosa cominciando dal Perù dove abbiamo i contatti e sappiamo che ogni centesimo viene utilizzato nel migliore dei modi».
Scrivendo scrivendo avevo dimenticato il pretesto che ho trovato per scrivere. Un pretesto che non lo è. Oggi è il compleanno di Laura Mancuso. Auguri.
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