Una storia parigina – XI

Creato il 06 settembre 2013 da Italianiaparigi

Oltre l’apparenza

Simone e Odalys si svegliarono di buon ora.
Entrambi avevano chiesto un giorno di permesso ai rispettivi datori di lavoro per dirimere l’intricato mistero della scomparsa di Philippe.
Dopo aver consumato una veloce colazione al café Beaubourg, si erano diretti velocemente verso l’indirizzo del notaio, nel cuore del Marais.
Il ragazzo siciliano conosceva bene la zona e aveva preso diverse scorciatoie per guadagnare tempo. Giunti sulla rue de Turenne, avevano percorso il tratto di strada restante tenendosi mano nella mano.
Arrivati davanti al numero venticinque, avevano identificato sulla facciata del palazzo una targa metallica che riportava lo stesso nome del biglietto da visita trovato nel monolocale: Fabien Lemaitre, Notaire.
Simone spinse il pulsante metallico situato accanto al portone che si aprì emettendo uno squillante segnale sonoro.
Il catanese osservò attentamente la lunga lista di cognomi del citofono posto all’ingresso e spinse il terzo tasto.
Una luce abbagliante si accese all’interno del citofono e illuminò il volto di Simone. Era la telecamera interna che permetteva agli inquilini di vedere il volto del visitatore prima di concedere l’accesso al palazzo.
- Chi desidera? Disse una voce femminile.
- Mi chiamo Simone Puglisi e vorrei incontrare il notaio.
- Certo signor Puglisi. Salga pure al terzo piano. Il signor Lemaitre la stava aspettando.
Il portoncino di vetro si aprì automaticamente dopo le parole della ragazza.
L’italiano e la cubana erano penetrati nell’atrio del palazzo ed erano entrati in un piccolo ascensore.
- Che significa che mi stava aspettando? Chi diavolo gli ha detto che sarei venuto? Come fa a conoscere il mio nome?
- Più domande ti fai e meno la situazione avanzerà. La soluzione del tuo rebus si trova a tre piani di distanza da noi. Coraggio, saliamo e togliamo il velo a questo mistero.
- Si. Andiamo a scoprire la verità.
Scesi dall’ascensore, i due giovani si erano trovati davanti una ragazza di bella presenza che li aspettava sull’uscio della porta.
Era la segretaria del notaio che aveva risposto pochi attimi prima al citofono.
- Accomodatevi, prego. Avviso immediatamente il signor Lemaitre del vostro arrivo. Gradite un caffè o un bicchiere d’acqua?
- No, grazie. Risposero in coro Simone e Odalys che desideravano solamente avere notizie di Philippe.
La segretaria si era allontanata imboccando un lungo corridoio e il siciliano si era soffermato a fissare l’arredamento della sala d’attesa.
Era una stanza elegante e accogliente: un massiccio parquet in legno disposto a spina di pesce ricopriva il pavimento, vasi pieni di fiori e piatti di ceramica finemente cesellati abbellivano l’arredamento, un enorme camino riempiva la parete laterale, varie poltrone colorate permettevano ai clienti di aspettare comodamente il proprio turno, decine di libri e riviste erano disposti ordinatamente sul tavolo di marmo.
- Mi segua signor Puglisi, disse la segretaria tornata dal corridoio in cui era scomparsa pochi minuti prima.
Simone prese la mano di Odalys e seguì la silhouette slanciata della donna che li guidava tra le stanze dell’ufficio.
- Prego, disse la segretaria arrivata davanti a una porta di legno massiccio socchiusa.
Un uomo di mezz’età, in piedi, era intento a leggere un librone dalla copertina rigida.
Il notaio si aggiustò gli occhiali da vista, chiuse il libro che teneva in mano, strinse la mano ad entrambi e si sedette alla sua scrivania.
- Piacere di conoscervi. Voi dovete essere Simone e Odalys.
- Il piacere è nostro, rispose Simone. Ma come fa a conoscere i nostri nomi?
- Caro signor Puglisi, il mio cliente mi ha parlato a lungo di voi e mi ha spiegato le ragioni della sua scelta.
- Cliente? Scelta? Ma di cosa sta parlando? Sbottò Simone stanco di mescolare le tessere di un insensato mosaico. Potrebbe gentilmente spiegarmi cosa sta succedendo? Dov’è Philippe?
- Ha ragione. E’ colpa mia. Sono andato troppo veloce e vi ho confuso le idee, rispose il notaio con molta pacatezza. Procediamo per ordine seguendo le disposizioni del signor Filippo Maggiorana.
- Di chi?
- Filippo Maggiorana. E’ questa l’identità della persona che conoscete sotto il nome di Philippe.
- E chi me lo garantisce? Disse il ragazzo esigendo prove tangibili che confermassero le affermazioni del notaio.
- Questa! Rispose il signor Lemaitre mostrando una fotocopia a colori. E’ la copia della carta d’identità del mio cliente.
Simone osservò attentamente il foglio e si consultò brevemente con Odalys riguardo la foto della carta d’identità. Nella foto Philippe era più giovane e meno trasandato, ma non c’erano dubbi. Si trattava dello stesso barbone dell’ospedale Saint Antoine che aveva frequentato per mesi.
Il siciliano esaminò con attenzione il documento e trovò la conferma delle informazioni fornitegli dal notaio. Si chiamava Filippo Maggiorana, nato a Foggia il 7 giugno 1920.
- Va bene. Le credo. Potrebbe spiegarmi perché mi trovo qui? Qual è il senso di tutta questa storia?
- Caro signor Puglisi, riprese il notaio, il mio compito è quello di portare a termine la missione conferitami dal signor Maggiorana. Sono un notaio e non mi occupo di spiegare o interpretare il significato delle decisioni dei miei clienti. Mi occupo soltanto di notificare, atti, lasciti, successioni, eredità, vidimare registri, validare statuti societari e molte altre operazioni che non le spiego perché rischierei di annoiarla. Nel suo caso specifico devo comunicarle le direttive del mio cliente nei suoi confronti.
- Eredità? Lasciti? Successioni? Direttive del cliente? Ma si rende conto che stiamo parlando di un clochard che possiede solamente un cagnolino e poche briciole di dignità? Disse Simone con foga e continuando a non capire.
- Spesso le apparenze ingannano, rispose il notaio mantenendo una calma serafica. Molte persone si fermano a ciò che si vede in superficie, e non accettano che la faccia nascosta della realtà possa essere radicalmente opposta a ciò che credevano.
- Grazie per la bella lezione di filosofia signor Lemaitre, disse il siciliano con tono ironico. Ma sono venuto qui per altre ragioni. Potrebbe dirmi dove si trova il mio amico?
- Capisco la sua indisposizione. Sarà sicuramente confuso da questa situazione ingarbugliata.
Procediamo con ordine. Dove si trova non lo so nemmeno io. Il signor Maggiorana è venuto nel mio studio ieri pomeriggio e mi ha pregato di consegnarle questa busta. Mi ha chiesto di comunicarle il resto delle informazioni solamente dopo la lettura della lettera. La prego, dunque, di prendere visione del documento.
Come vede la busta è sigillata con la ceralacca. E’ una lettera personale, diretta esclusivamente a lei. Io stesso non ne conosco il contenuto.
Simone prese il plico e aprì con un gesto deciso il sigillo che lo chiudeva saldamente.
Prese tra le mani il foglio contenuto nella busta e si avvicinò a Odalys per permettere alla ragazza di leggerlo insieme a lui.

Caro Simone,
Chi ti scrive questa lettera non è Philippe, il barbone trasandato e alienato che sedeva davanti all’ospedale Saint Antoine, ma Filippo Maggiorana, uno scienziato. Questa è la mia vera identità e mi scuso per avertela tenuta nascosta fino a questo momento.
Avevo raggiunto una forte notorietà in Italia grazie ad alcune scoperte in ambito fisico che hanno permesso alla scienza di fare passi da gigante.
Il contributo principale l’ho fornito nel campo della ricerca nucleare: i miei studi sui neutrini e sulle particelle atomiche hanno segnato una svolta rivoluzionaria.
Ho sempre lavorato con passione e sono sempre stato convinto che l’impegno scientifico sia essenziale per migliorare la condizione umana.
Poi è arrivata la guerra mondiale e la mia vita si è sgretolata come un castello di sabbia.
Scienziati senza scrupoli hanno utilizzato i miei studi sulla fissione nucleare per concepire un ordigno diabolico capace di liberare un’energia distruttrice paurosa e di eliminare ogni traccia di vita in un raggio di svariati chilometri: la bomba atomica.

Le mie ricerche hanno indirettamente contribuito a una delle più grandi tragedie dell’umanità.
Le bombe lanciate su Hiroshima e Nagasaki nell’agosto del 1945 portavano anche la mia firma.
Le immagini delle vittime di quei bombardamenti, i danni diretti e indiretti causati alla popolazione, il pianto di migliaia di bambini innocenti, il dolore straziante degli ustionati mi hanno perseguitato per tutta la vita. Mi sono sempre sentito e mi sento ancora adesso colpevole e responsabile di uno dei più atroci crimini contro l’umanità.
Subito dopo la guerra, ho attraversato una fase di profonda crisi. Mi svegliavo nel cuore della notte perseguitato dai volti insanguinati delle vittime e dalla voce della mia coscienza sporca che mi ricordava che la colpa di quello scempio era anche mia.
Non ho retto e ho deciso di abbandonare tutto. Ho scritto un messaggio d’addio a mia sorella Sofia, l’unica persona cara che mi restava, e ho lasciato per sempre la Puglia e l’Italia.
Ho rinunciato alla mia identità e ho fatto di Parigi il mio rifugio. Ho rifiutato il contatto con gli altri uomini perché non mi fidavo più di loro. Non credevo che quegli stessi esseri umani che avevano sganciato una bomba micidiale da un aereo  potessero essere capaci di nutrire buoni sentimenti. Loro avevano progettato e sganciato la bomba, io avevo inconsciamente preparato le basi per la sua realizzazione.
Avevo perso totalmente fiducia negli uomini e consideravo i miei simili come bestie fameliche capaci solamente di compiere nefandezze.
Continuare a vivere da alienato è stata l’unica soluzione che mi ha permesso di andare avanti. Ultimo tra gli ultimi, invisibile tra gli invisibili.
E poi sei arrivato tu, Simone, con il tuo sguardo limpido e la tua generosità. Inizialmente non mi fidavo di te perché ti consideravo cattivo, un essere capace di commettere atti orrendi come il resto degli uomini,.
Ti ho allontanato, ti ho ignorato e ti ho respinto in tutti i modi. Ho risposto con indifferenza ai tuoi gesti benevoli.
La tua perseveranza e la tua bontà d’animo hanno saputo crearsi un varco nella mia anima ferita e hanno conquistato la mia fiducia.
Mi hai dato tanto senza chiedere niente in cambio. Mi hai aiutato senza pretendere risposte e senza secondi fini. Hai trascorso le tue giornate a fare compagnia a un vecchio barbone che scarabocchiava le panchine di un parco.
Grazie di cuore, Simone. Mi hai ridato fiducia nell’uomo e mi hai insegnato ad aprire nuovamente il mio cuore al prossimo.
Chiedo scusa a te, come rappresentante dell’intera umanità, per le mie pesantissime colpe.
Ho dedicato la mia vita alla scienza affinché la vita dell’uomo migliorasse, non per farlo soffrire.
Ti cedo tutto quello che possiedo. Adesso devo andare.
Philippe.

Gli occhi di Simone e Odalys si erano riempiti di lacrime e, con sguardi increduli, rileggevano quelle frasi cercando di scoprire un significato nascosto.
Il loro amico clochard era uno scienziato. Si era auto-escluso dal mondo per punirsi e si sentiva responsabile della morte di migliaia d’innocenti.
Ma Philippe non aveva colpe, non era lui che aveva forgiato la natura umana. Era quest’ultima considerazione che faceva disperare i due ragazzi, la consapevolezza che quell’uomo si era caricato ingiustamente sulle spalle il dolore e la sofferenza dell’intera umanità.
Vedendo i due ragazzi visibilmente emozionati, il notaio gli propose un bicchiere d’acqua e dei fazzolettini. Poi riprese a parlare.
- Ragazzi, non vi chiedo cosa ci sia scritto nella lettera perché è un documento personale. Io, però, devo completare il mio lavoro.
- Non c’è bisogno, lo interruppe Simone. La lettera dice che Philippe ci lascia tutto ciò che possiede. Abbiamo già recuperato il bassotto Filou nel suo monolocale.
- Caro signor Puglisi, rispose il notaio, come le ho detto poco fa, non bisogna fidarsi delle apparenze. Filippo Maggiorana non era così povero come voleva fare credere. Non so come abbia trascorso il resto della sua vita, ma di certo ha accumulato un discreto capitale. Se mi lascia parlare le elencherò ciò che adesso appartiene a voi.
Il signor Lemaitre raddrizzò gli occhiali da vista che scivolavano sul naso sudato e cominciò a leggere un documento che aveva preso da un cassetto della scrivania.
- Io sottoscritto Filippo Maggiorana, nato a Foggia il 7 giugno 1920, nel pieno delle mie facoltà mentali e in piena libertà, decido di trasferire al signor Simone Puglisi le seguenti proprietà di mia possessione: il monolocale della rue du Petit Musc, l’appartamento avente una superficie di cento metri quadri situato sul boulevard Voltaire, nell’undicesimo arrondissement di Parigi, e la totalità delle somme contenute nel mio conto in banca per un montante totale di tre milioni di euro.
- E’ uno scherzo? Chiese Simone incredulo.
- Le assicuro che è tutto vero. Sono un vero notaio e questa non è una candid camera.
Simone e Odalys rimasero a lungo senza parole. Erano stati travolti dal peso di una verità inaspettata e non riuscivano a credere alla svolta che gli eventi avevano preso.
- Tornate quando volete per finalizzare la procedura. Basteranno pochi minuti per firmare i documenti, disse il notaio che aveva intuito l’emozione palpabile dei due ragazzi.
- Si, andiamo via per il momento. Siamo sconvolti, disse Odalys prendendo la mano di Simone.
- Torneremo presto a farle visita, concluse il ragazzo rivolgendosi al notaio. Eravamo venuti a cercare Philippe e abbiamo trovato Filippo Maggiorana, le sue inaspettate rivelazioni e un’enorme eredità. Rifletteremo sulle informazioni che abbiamo appena appreso e prenderemo una decisione al più presto.
Simone pronunciò queste parole con un filo di voce, ancora scosso dagli eventi che nelle ultime ore gli avevano cambiato la vita e uscì dallo studio notarile tenendo la sua compagna per la mano.
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La XII (e ultima) puntata tra cinque giorni…



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